Bastone

Bastone

Scheda

"Stromento che serve di appoggio, di difesa, di minaccia, di offesa, di comando. Nella leggenda cosmogonica indiana il pramantha è il colossale bastone agitato, creatore dell'ambrosia celeste e del fuoco vitale, ossia il principio della vita universale, analogo alla ferula di Prometeo, rapitore del fuoco degli dei (De Gubernatis). Esculapio ha il bastone nodoso per dimostrare la difficoltà della medicina. Gli ambasciatori che si recavano a parlamentare presso il nemico portavano bastoni sacri significanti il rispetto per la missione loro, riconosciuto dal diritto delle genti. Bastone e blauta erano contrassegni della filosofia cinica. Si spezzava un bastone: in segno di irreparabilità della pena, davanti al condannato a morte. I giudici voi siete: / Giudicate! Spezzate alfin la verga! / Chiamate a tempo con l’accetta il fabbro, / E s’eriga il patibolo. (Schiller – Maria Stuarda. I – Trad. Maffei).

Spezzavasi ancora il bastone in segno di dispregio; in segno di sdegno; es: nello “sposalizio della Vergine di Raffaello il nobile giovane Acabbo spezza il giunco per essere stato posposto a san Giuseppe” (S. Ricci). Il bastone aveva una parte simbolica nei contratti di lavoro. In alcune medaglie antiche la Libertà tiene in mano la verga con cui i padroni manomettevano gli schiavi. Nella cerimonia della manomissione, gli schiavi manomittendi facevano una giravolta innanzi al pretore, il quale li toccava con la verga detta “vindicta, eo quod vindicabat in libertatem” o da Vindicio, “nome di quello schiavo di poi fatto libero, che scoperse la congiura dei Tarquinii sotto il consolato del primo Bruto” (Monti). Ancora oggi nella campagne del Morbihan (Bretagna) i giovani campagnoli che accorrono alla fiera per trovare lavoro nelle fattorie, portano una lunga bacchetta scorticata, e lo spezzano appena assoldati, considerandosi obbligati al datore di lavoro. L’antico vincastro di Pan indicante il governo (Boccaccio), e ritorto per simbolo dell’anno che si ritorce in sé stesso (Servio), consegnato da san Pietro a sant’Ermacora, diventa il segno della consacrazione episcopale o abaziale (“Accipe baculum pastoralis officii, ut sis in corrigendis vitiis pie saeviens...”). Il bastone eburneo – o scipio eburneus – sormontato dall’aquila era uno dei segni della potestà consolare, e si usava farne dono dal senato ai re ed ai popoli alleati ed amici (Dionigi d’Alicarnasso). Una verga incurvata – o lituo – portavano in mano gli auguri, simbolo del presagio: “Lituus est virga brevis, in parte, qua robustior est incurvus, qua augures utuntur” (Gellio – V – 8). Il bastone ricurvo è proprio degli attori antichi e più conviene a Talia, che è ancora presidente agli studi campestri e all’agricoltura” (Visconti). Portava un bastone il re Giano, come protettore dei viandanti, ed i rapsodi omerici che trascorrevano l’Ellade recavano un bastone giallo se cantavano l’Odissea, rosso se cantavano l’Iliade. Il bastone – o bordone – era pure simbolo di peregrinaggio e di esilio; ed i reduci di Palestina lo inghirlandavano di una palma: Voglio anche, e se non scritto, almen dipinto / Che il te ne porti dentro a te, per quello / Che si reca il bordon di palma cinto. (Purg. XXXIII – 76).

Il bastone di maresciallo – che, tradizionalmente, “ogni coscritto porta nella giberna” – è l’insegna del maggior grado militare francese, e data da Francesco I. E’ una specie di scettro ricoperto in velluto azzurro cupo, terminato da due cerchietti d’oro. Prima della rivoluzione era cosparso di fiordalisi, sostituiti, durante l’impero, dalle api napoleoniche. Anche in Austria si usò portare il bastone di maresciallo. L’uso del bastone negli uomini è antichissimo: le spalle di Tersite ne fanno testimonianza. Le donne usarono la mazza maschile, lunga, snella, con il manico istoriato e con nastri svolazzanti, all’epoca delle alte parrucche incipriate e dei nei provocanti. Il Chapus – arbiter elegantiarum – trova che il bastone non è elegante come oggetto femminile. Al contrario oggi esso, insieme alle altre frivolità copiate, è comandato dalla Moda. Il est une déesse incostante, incommode, / bizarre dans ses gouts, folle en ses ornamentes, / qui parait, fuit, revient et nait dans tous les temps, / Protée était son père et son nom c’est la Mode. (Delille)."

(Testo tratto da: Giovanni Cairo, "Dizionario ragionato dei simboli", Ulrico Hoepli, Milano, 1922 - febbraio 2022). Per approfondire il tema della simbologia funeraria ottocentesca cliccare qui

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