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Argentina Bonetti

2 luglio 1866 - 26 settembre 1942

Scheda

Argentina Bonetti, in Altobelli, da Nicola e Geltrude Galassi; nata il 2 luglio 1866 a Imola. Sindacalista. Iscritta al PSI e al PSUI. Una vita intera dedicata alla causa del lavoro e dell'emancipazione femminile, in un'epoca in cui era disdicevole che una donna si interessasse di politica e di sindacato. Per questo, prima ancora che come sindacalista, va ricordata come un pioniere della lotta di liberazione della donna.
Questo aspetto, per lei, era peculiare perché, come sindacalista - e fu sindacalista per tutta la vita - non si preoccupava solo del problema economico delle lavoratrici, ma anche di quello della loro condizione umana e sociale. In ciò sta l'importanza della sua opera e della sua vita nella quale, sin dall'inizio, fu prevalente la vocazione per il lavoro sociale. Avendo avuto, come scrisse nella sua autobiografia, un «padre liberale di idee e la madre di sentimenti patriottici», senti subito un forte «amore per la libertà». Abbracciati, ancora giovanissima, gli ideali mazziniani, li abbandonò molto presto mentre si trovava a Parma per ragioni di studio. Proprio mentre era dirigente di un'organizzazione femminile mazziniana - per la quale teneva conferenze in vari centri di quella provincia - si orientò verso il socialismo, da lei giudicato «più rispondente alla realtà che non la dottrina idealistica di Giuseppe Mazzini». In quegli anni subì, in modo determinante, l'influsso politico e morale di uomini come Andrea Costa, Camillo Prampolini e Agostino Berenini. Trasferitasi a Bologna nel 1886, tre anni dopo sposò Abdon Altobelli, un letterato socialista, allievo di Carducci e autore di numerosi romanzi sociali. Gli impegni familiari e la nascita di due figli, non le impedirono di continuare a impegnarsi attivamente nella vita politica e sindacale bolognese. Nel 1890 fu eletta presidente della Società operaia femminile di Bologna, un sodalizio che operava accanto alla famosa Società operaia.
Nel 1892 si iscrisse al PSI e, dopo essere stata per anni una tenace fautrice della necessità di dare un'organizzazione al movimento operaio, nel 1893 fu tra i fondatori della Camera del lavoro di Bologna e fece parte della prima commissione esecutiva. All'interno del mondo sindacale si interessava quasi esclusivamente dei problemi dei lavoratori agricoli e delle mondine in particolare. Non per nulla, nel 1901, quando si tenne a Bologna il congresso costitutivo della Federazione nazionale dei lavoratori della terra, la Federterra, vi partecipò quale delegata della lega di Malalbergo, un centro dove prevaleva la risicoltura. Nel 1905, quando la sede nazionale della Federterra fu trasferita da Mantova a Bologna, ne divenne la segretaria.
Era il riconoscimento più pieno della fama che si era conquistata su scala nazionale per l'impegno quasi ventennale a favore dei lavoratori dei campi oltre che per le capacità tecnico-sindacali che aveva dimostrato di possedere. In quegli anni, le lavoratrici delle campagne avevano inserito in una canzone popolare, una frase che diceva: «è stata Argentina Altobelli che ci ha svegliate». Mantenne quella carica per oltre un ventennio, fino al 1926 quando il fascismo, divenuto dittatura, sciolse sindacati e partiti. Sotto la sua guida, la Federterra - un'organizzazione prevalentemente bracciantile, alla quale aderivano molte leghe mezzadrili e un numero non alto, ma discreto di affittuari e piccoli proprietari - passò da 75 mila a un milione di iscritti nell'immediato dopoguerra. Ma le conquiste, più dei numeri, dicono cosa fu la Federterra in quegli anni. I braccianti ottennero il salario non più a giorno, ma a ora; le otto ore di lavoro; la fine del cottimo; il collocamento di classe, cioè l'autogestione del collocamento e il riconoscimento ufficiale della lega. Anche i mezzadri fecero dei notevoli passi in avanti, ottenendo, in primo luogo, un contratto scritto, mentre in precedenza ci si atteneva agli usi e consuetudini. Fu una strenua fautrice dell'alleanza tra braccianti e mezzadri contro gli agrari, il comune avversario di classe. Oltre che del problema contingente delle tariffe e dei capitolati colonici, la Federterra si preoccupò di dare un indirizzo politico-economico alle lotte dei lavoratori delle campagne. Le affittanze collettive furono una delle realizzazioni più importanti del movimento contadino, anche se raggiunsero punte di grande efficienza solo in alcune regioni e in Emilia in particolare.
I grandi piani per la socializzazione delle terre incolte e abbandonate o per la costituzione dei demani delle terre di proprietà pubblica, restarono sulla carta perché, con l'avvento del fascismo, la Federterra dovette trasformare la propria strategia da offensiva in difensiva, appunto per difendere le conquiste ottenute. Quanto al suo impegno nel campo femminile, basti dire che nel 1902 si fece promotrice di un'iniziativa a favore del divorzio.
I tempi non erano certo maturi - neppure all'interno del PSI - ma il seme era stato gettato. Attiva propagandista dell'emancipazione femminile, nel 1904 rappresentò l'Italia al secondo Congresso internazionale della donna che si tenne a Berlino. Le sue idee le sosteneva su molti giornali e, in modo particolare nei periodici «Su, compagne» e «La difesa delle lavoratrici». Fu la prima donna italiana a ricoprire un'alta carica, come quella di segretaria nazionale della Federterra, ma fu anche la prima donna a entrare, nel 1912, nel consiglio superiore del lavoro, mentre nel 1920 rappresentò l'Italia al Bureau international du travaii. Fu molto attiva anche all'interno del PSI, come dimostrano i suoi interventi ai congressi e la sua nomina, nel 1912, nella direzione nazionale. Quando il congresso nazionale del PSI espulse l'ala riformista, nell'ottobre del 1922 a Milano, aderì al PSUI nel quale militò sino al 1926. Fino a quando le fu possibile si oppose al regime.
Dopo che i sindacati furono sciolti dal fascismo, si ritirò a vita privata. Era vecchia, ma non stanca. Si trasferì a Roma, presso la figlia, dove morì il 26 settebre 1942. ll suo nome da sposata - Argentina Altobelli - è stato dato a una strada di Bologna. [O]