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Assalto fascista alla Camera del Lavoro

4 Novembre 1920

Schede

Fascisti, nazionalisti e ex combattenti celebrano l'anniversario della Vittoria.
Al mattino squadre di camicie nere percorrono la città costringendo i commercianti a non aprire i negozi. Alcuni facinorosi invadono la sede dell'Amministrazione provinciale, poi forzano il portone di Palazzo del Podestà e fanno suonare il campanone.
Nel pomeriggio, dopo la manifestazione autorizzata al Teatro Comunale, un corteo con molti ufficiali in divisa penetra in palazzo d'Accursio per esporre il tricolore.
Intanto intorno alla piazza vengono fermate e imbandierate alcune vetture tranviarie. Ai guidatori che abbandonano il servizio per protesta si sostituiscono fascisti che scorazzano per la città, finchè non viene interrotta l'alimentazione elettrica.
La sera un gruppo di fascisti e nazionalisti, capeggiati da Dino Zanetti e Attilio Pappalardo, assaltano a colpi di pistola la Camera del Lavoro in via D'Azeglio 43.
Il segretario Ercole Bucco, in previsione di manifestazioni antisindacali, ha fatto venire da Imola un gruppo di "guardie rosse" armate, al comando dell'on. Quarantini, per difendere la sede. Il tentativo di autodifesa cade però nel ridicolo: all'ultimo momento il segretario terrorizzato decide di far nascondere le armi in cantina e chiede l'intervento della polizia. Il questore filofascista Poli (sarà definito dall'avv. Mastellari l'interprete dei patrioti bolognesi) fa perquisire i locali e, trovate le armi, fa arrestare gli occupanti socialisti, compresi i deputati presenti.
Per scagionarsi il vile Bucco tenta di addossare alla moglie la responsabilità della presenza di bombe e rivoltelle nella sede sindacale.
Nella notte i fascisti indisturbati possono mettere a sacco i locali.
L'on. Matteotti denuncerà alla Camera i fatti di Bologna, sottolineando la connivenza delle forze dell'ordine con gli assalitori.

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