Arte e devozione nel territorio medicinese

Arte e devozione nel territorio medicinese

01/01/1970

Scheda

Le chiese di Medicina e del suo territorio
Il patrimonio storico e artistico di carattere religioso – sia comunitario che privato – ha subito, anche se in forma più contenuta, lo stesso processo di trasformazione che ha caratterizzato il territorio di Medicina nel corso del tempo. Dagli importanti luoghi di culto medievali sorti in questa zona non restano che minime tracce. Dall’antichissima chiesa plebana di S. Maria di Buda, struttura rilevante fino al secolo XI, rimangono soltanto alcuni frammenti architettonici e pochi segni nell’attuale parrocchiale. Nessuna traccia si è conservata del complesso chiesastico altomedievale di Galisano, sul confine occidentale del Comune, mentre ci sono pervenuti resti di età romantica del monastero vallombrosiano di San Zaccaria, nei pressi di Fontuzza e, unico superstite del monastero benedettino di San Michele, è il campanile di Ganzanigo. Anche della Pieve di Medicina, erede di quella di Buda, come pure della chiesa a lei soggetta, i soli documenti trasmessici sono rappresentati soltanto da fonti archivistiche e iconografiche. Le attuali costruzioni chiesastiche del Medicinese, complete dei rispettivi arredi figurativi e liturgici, appartengono all’età post-tridentina. L’edificio più antico oggi esistente, anche se molto restaurato, è la chiesa di Fantuzza, risalente alla fine del sec. XVII. Quest’ultima costituisce il primo intervento architettonico veramente monumentale, il quale darà avvio ai successivi qualificati cantieri settecenteschi, che interessano la ricostruzione dell’arcipretale di S. Mamante, di S. Maria della Salute e le nuove edificazioni del complesso dell’Osservanza e della chiesa dell’Assunta. La presenza a Medicina, per quasi due secoli, dei più noti architetti bolognesi quali Giuseppe Antonio Torri, Alfonso Torreggiani, Giuseppe Antonio Ambrosi, Ferdinando Bibiera, Carlo Francesco Dotti, richiama scultori e stuccatori della levatura di Angelo e Domenico Piò, Filippo Scandellari e Luigi Acquisti, e stimola committenze pittoriche ai maggiori pittori attivi a Bologna. Dopo la soppressione delle confraternite religiose, in epoca francese, all’interno dell’abitato di Medicina sono abbattute soltanto due chiese monastiche minori: quella sei-settecentesca delle Servite, antistante l’arcipretale, e quella seicentesca delle Carmelitane, al limite settentrionale di via Canedi. Molti degli arredi liturgici e di ornato di questo grande patrimonio, in parte privato, è andato disperso; qualche oggetto è stato conservato e custodito, alcuni esempi infine sono giunti nel Museo civico locale.

Gli oratori
Come nel centro urbano del capoluogo, accanto alla serie di luoghi di culto officiati dal clero, da religiosi o gestiti da confraternite locali, erano presenti cappelle e edicole edificate dalla educazione privata, così tutto il territorio delle funzioni e delle campagne era costellato di piccoli oratori padronali, annessi a tenute, ville a abitazioni private. Dal censimento eseguito da Paola Monari della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici dell’Emilia, nel 1996, è emerso che nonostante la scomparsa e la recente demolizione di alcuni di questi piccoli luoghi di culto, nel territorio medicinese restano ancora molti oratori minori, alcuni dei quali fortunosamente conservati a custoditi e periodicamente officiati a cura delle rispettive proprietà. In maggioranza si tratta di semplici costruzioni, edificate generalmente dal seicento al settecento, con piccolo campanile a vela in muratura o in ferro e con un minuscolo locale di servizio annesso. Nella zona di Fiorentina e S. Antonio ne esistono ancora rispettivamente uno ottocentesco, di stile neogotico, e uno dei primi decenni del Novecento, in stile neoromantico. Nessuna di queste “chiesine” ha particolari pregi architettonici all’esterno e all’interno: la struttura è serena e lineare, qualificata soltanto da cornici. Di solito, da qualche decennio, l’arredo interno è ridotto al minimo e l’immagine sacra con le suppellettili liturgiche vengono portate soltanto in occasione di annuali riti religiosi.

Le ceramiche votive
Tutto il territorio emiliano e romagnolo, di pianura come in montagna, era ed in minima parte è ancora, disseminato di piccole immagini sacre, che la devozione privata poneva a protezione di ogni aspetto della vita dell’uomo oppure a ricordo di qualche particolare e straordinario evento. Le immagini che la devozione popolare poneva in vista erano molteplici: in gran parte si trattava di targhe maiolicate raffiguranti la Madonna, venerata sotto le più svariate invocazioni e denominazioni, opuure di diversi santi intercessori contro le calamità che potevano colpire l’uomo, la casa, gli animali e i raccolti. Le immagini popolari trovavano accoglienza nei caratteristici “pilastrini” in muratura posti agli incroci viari, agli ingressi delle proprietà, presso i ponti e venivano generalmente innalzate sugli alberi e, molto spesso, sulle pareti delle abitazioni, urbane e rurali, ed anche presso fienili e le stalle. Ogni luogo e ogni aspetto della vita quotidiana era in tal modo vigilato e protetto dalle piccole e spesso povere icone. Lo spopolamento delle campagne, la velocità dei mezzi di trasporto, la diminuzione delle piccole devozioni legate alla vita ordinaria, l’esasperato collezionismo hanno di fatto svuotato ogni nicchia, ogni pilastrino e tutti i residui alberi lungo le strade dei loro piccoli segni sacri. Nel Museo civico di medicina sono esposte diverse targhe dei secoli XVII, XVIII, XIX di produzione romagnola, alcune delle quali acquistate negli anni ’70 dall’Amministrazione Comunale per il Museo, altre donate da cittadini medicinesi perché venissero conservate, esposte e valorizzate.

In collaborazione con il Museo civico di Medicina.

Leggi tutto

Organizzazioni

Luoghi

Eventi

Apri mappa