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Letizia Murat

1802 - 1859

Scheda

All’indomani della caduta del Regno di Napoli e dopo la morte di Murat, avvenuta il 13 ottobre 1815, l’ex-regina Carolina ed i quattro figli peregrinarono per diverse città europee: Trieste, Graz, i dintorni di Vienna, la Toscana, ove viveva la sorella Elisa Baciocchi, e poi, finalmente, ancora Trieste, dove potè definitivamente trasferirsi nel 1823, e dove visse fino al 1832, quando si spostò a Firenze. Dei quattro figli della coppia reale, i due maschi, Achille e Luciano, convinti assertori delle idee paterne di libertà adattate alla novità dei tempi, cercarono fortuna in America, mentre le due sorelle Letizia e Luisa rimasero in Italia. Letizia e Luisa avevano ricevuto una educazione raffinata, atta a farne due giovani donne che potessero ben figurare nell’alta società europea del tempo: canto, musica, lingue straniere (francese, inglese, tedesco). Alla corte di Napoli, pur ancora bambine, avevano sperimentato la vita sociale e salottiera ad alto livello, apprendendone i segreti e le arti necessarie. Entrambe, dopo i rispettivi matrimoni, riproposero quel modello: Letizia, sposatasi a Bologna il 27 ottobre 1823 con Guido Taddeo Pepoli (1789-1852), creò infatti un proprio salotto, che fu sempre, finché lei visse, uno dei principali e più raffinati del suo tempo, e Luisa fece altrettanto a Ravenna, dopo il matrimonio con il conte Giulio Rasponi.

Nella sua nuova città Letizia Pepoli venne soprannominata “La Regina di Bologna”. Ebbe quattro figli (Paolina, Carolina, Elisabetta e Gioacchino Napoleone), ma non rinunciò mai a viaggiare e ad intrattenere relazioni con donne e uomini della buona società del tempo. Il suo salotto, oltre che dedicato alla cultura, all’arte ed alla conversazione, divenne un centro di affari politici, e tale si mantenne anche quando Letizia venne affiancata dalla figlia Carolina: entrambe donne “emancipate”, viaggiavano, intrattenevano epistolari con mezza Europa, leggevano giornali anche stranieri, sostenevano conversazioni con gente di ogni tipo, e a loro volta, quando si trovavano all’estero, frequentavano salotti femminili (ad es. Carolina a Parigi frequenta il salotto dell’Imperatrice Eugenia, in fondo, sua cugina!). Mme Juliette Récamier dopo che l'ebbe incontrata a Roma scrisse che "Siamo rimasti affascinati dalla marchesa Pepoli; l'ho trovata bella, di spirito e perfettamente naturale". Nel 1864 la sepoltura di Letizia venne coronata dalla grande statua opera dello scultore Vincenzo Vela, che ritraeva il padre nell’elegante uniforme da campagna, circondato dai simboli guerreschi che più lo avevano reso celebre: le aquile imperiali francesi, il cannone sotto il piede sinistro, il bastone di maresciallo in mano. Letizia Murat Pepoli è modestamente ritratta in un medaglione posto alla base della statua: il ruolo di protagonista è lasciato a quel padre che, fucilato a Pizzo Calabro, non aveva mai avuto una degna sepoltura.

Mirtide Gavelli

Bibl.: Elena Musiani, Circoli e salotti femminili nell’Ottocento. Le donne bolognesi tra politica e sociabilità, Bologna, CLUEB, 2003

Texto en español. Tras la caída del Reino de Nápoles y tiempo después de la muerte de Murat, ocurrida el 13 de octubre de 1815, la ex reina Carolina y los cuatro hijos peregrinaron por varias ciudades europeas: Trieste, Graz, los alrededores de Viena, Toscana, donde vivió su hermana Elisa Baciocchi, y luego, finalmente, otra vez Trieste, donde pudo trasladarse definitivamente en 1823, fecha en la que se trasladó a Florencia. De los cuatro hijos de la pareja real, los dos varones, Achille y Luciano, defensores de los ideales paternos de libertad adaptados a los nuevos tiempos, probaron fortuna en América, mientras que las dos hermanas Letizia y Luisa permanecieron en Italia. Letizia y Luisa habían recibido una educación refinada, apta para hacer de ellas dos jóvenes mujeres que pudieran causar buena impresión en la alta sociedad europea del tiempo: canto, música, lenguas extranjeras (francés, inglés, alemán). En la corte de Nápoles, a pesar de ser niñas, habían experimentado la vida social y palaciega de alto nivel, y aprendieron así sus secretos y las artes necesarias. Las dos, después de sus respectivos matrimonios, reprodujeron ese modelo: Letizia, casada en Bolonia el 27 de octubre de 1823 con Guido Taddeo Pepoli (1789-1852), organizo en efecto, sus propias tertulias, que fueron siempre, mientras vivió, uno de los ambientes más importantes y refinados de su tiempo, Luisa hizo lo mismo en Rávena, tras casarse con Giulio Rasponi. En su nueva ciudad, Letizia Pepoli, fue denominada “la Reina de Bolonia”. Tuvo cuatro hijos (Paolina, Carolina, Elisabetta y Giaocchino Napoleone), pero nunca renunció a viajar o a mantener relación con mujeres y hombres de la alta sociedad de su tiempo. Sus tertulias, además de tratar de cultura, arte y conversación, acabaron convirtiéndose en un eje de asuntos políticos, hecho que se mantuvo incluso cuando a Letizia la ayudaba su hija Carolina: las dos mujeres, “emancipadas”, viajaban, mantenían correspondencia epistolar con media Europa, leían incluso periódicos extranjeros, entablaban conversaciones con gente de todo tipo, y ademas, en el extranjero, asistían a tertulias en salones femeninos (por ejemplo: Carolina en París frecuenta el salón de la Emperatriz Eugenia, en el fondo, su prima). Mme Juliette Récamier después de haberla conocido en Roma escribió que “ la marquesa Pepoli nos ha fascinado, la he encontrado hermosa, con sentido del humor y perfectamente espontanea”. En 1864 la tumba de Letizia fue coronada por la gran estatua, obra del escultor Vincenzo Vela, que retrataba a su padre con el elegante uniforme de campo, rodeado por símbolos guerreros que lo hicieron celebre: las águilas imperiales francesas, el cañón bajo el pie izquierdo, el bastón de mariscal en la mano. Letizia Murat Pepoli aparece retratada modestamente en un medallón situado en la base de la estatua: el papel de protagonista se deja a ese padre que, al ser fusilado en Pizzo Calabro, nunca tuvo un entierro digno. (Traduzione a cura di Andreea Marcu - nell'ambito del progetto di Alternanza scuola-lavoro 2020/21 con il Liceo Linguistico Boldrini di Bologna).