Scheda
Luigi Acquisti, scultore, nacque a Forlì il 29 marzo 1747, come si può dedurre dalla seguente iscrizione posta sulla sua tomba alla Certosa di Bologna dalla figlia Anna e dal genero Luigi Naldi: CINERIBUS ET MEMORIAE / ALOISII BERNARDI F. ACQUISTI / DOMO FOROLIVII / CIVITATE BONONIENSIUM DONATI / QUI STATUARIAM PROFESSUS / ADLECTUSQUE INTER SODALES / BONAR ARTIUM NOVAE PATRIAE / ITEM COOPTATUS / OB ONOREM ET MERITA / IN COLLEGIA / PICTORUM SCULPTORUM ARCHITECTORUM / FLORENTIAE – MANTUAE – ROMAE / MAGNAM UBIQUE SIBI LAUDEM PEPERIT / VIXIT A LXXVI. / M. VIII D. VI / PIO EXITU DECESSIT / IIII N. DEC. A. MDCCCXXIII / ALOISIUS NALDIUS GENER / ET ANNA FILIA / MOERENTES FACIEND CURAVERE.
L’Acquisti, figlio di Bernardo, era ancora ragazzo quando si trasferì a Bologna, dove svolse gli studi artistici presso l’Accademia Clementina come allievo di Filippo Balugani e Carlo Bianconi. Egli vinse per due anni consecutivi il prestigioso premio Marsili-Aldrovandi di scultura di 1^ classe, con le seguenti opere: Enea condotto dalla Sibilla ai Campi Elisi (1774) e Un Romano che rapisce una Sabina (1775). Nel 1785 venne nominato Accademico del Numero della Clementina nella classe di scultore figurista e cinque anni dopo l’Istituto gli diede l’incarico di insegnare con la qualifica di Direttore di Figura. Lo scultore ricevette il titolo di socio onorario anche in altre Accademie: quella Gran Ducale Fiorentina nel 1782, quella di San Luca a Roma nel 1803, ed infine quella di Mantova.
Durante il periodo bolognese (1774-1791) fece le prime opere sotto l’influsso delle nuove idee di decorazioni all’antica, diffuse dal suo maestro Bianconi: in casa Berti, nella sagrestia di San Michele dei Leprosetti e nel palazzo Merendoni. In quegli anni però l’Acquisti realizzò altre opere secondo gli insegnamenti impartiti dal Balugani durante gli studi accademici: le quattro statue nella chiesa di San Filippo Neri a Forlì (1779-80) ne sono un esempio, infatti per esaltare la bellezza delle forme l’artista rappresentò le figure in posizioni equilibrate e statiche e in atteggiamenti stereotipati. Lo scultore intervenne anche nella decorazione di altri edifici come palazzo Bianchetti (la statua di Flora, tre Putti e un bassorilievo con l’Aurora sul carro), palazzo Isolani (gli ornamenti a stucco del gabinetto nobile e la decorazione a pasticca e pittorica di tutti i mobili dell’appartamento) e palazzo Gnudi (una serie di importanti bassorilievi). Nell’opera dell’Acquisti la ricerca del maestoso e dello stupefacente inizia ad emergere negli anni in cui egli partecipò alla celebrazione dei Sepolcri con la costruzione della gigantesca statua della Chiesa del Triregno (1781) e con l’enorme semibusto del Salvatore (1784). In queste occasioni l’Acquisti riuscì a stupire i fedeli accorsi per la preghiera del Giovedì santo, non solo con la bellezza e l’armonia dell’opera, ma anche con la maestosità della scena.
L’Acquisti, insieme a Giacomo Rossi, contribuì, da un punto di vista artistico, a promuovere nella scultura la transizione dalle forme aggraziate del barocco e dalle decorazioni ridondanti del rococò alle maniere forti e agli atteggiamenti scenici ed eroici d’ispirazione alfieriana. Nella chiesa del SS. Crocifisso del Cestello l’Acquisti fece (1784-85) la decorazione plastica dell’altare e le due imponenti statue di alto valore artistico dei profeti Geremia e Isaia, poste ai lati. Nei pennacchi della Cupola del santuario di Santa Maria della Vita (1787) lo scultore realizzò il suo capolavoro del periodo bolognese, cioè i rilievi che raffigurano quattro Sibille: Cumana, Frisia, Eritrea e Persica. Nell’anno successivo plasmò la decorazione dell’oratorio di Santa Maria dei Guarini, collocando nella parte alta dell’altare un rilievo che rappresenta la Fede con accanto la Mansuetudine e l’Umiltà e, ai lati, due bellissime statue: il profeta Malachia e Mosè. Nello stesso anno l’artista operò nel palazzo comunale di San Giovanni in Persiceto, dove fece un gruppo plastico in stucco: il Ratto di una Sabina.
Lo scultore fece parte della commissione del premio Curlandese del 1789, dove espresse un giudizio di eccellenza sul bassorilievo di marmo “Le Arti incoronate dal Genio”, eseguito dall’unico concorrente Giacomo De Maria. In tale circostanza ebbe modo di apprezzare le nuove istanze artistiche del neoclassicismo, infatti l’autore aveva impiegato lo stile di Antonio Canova e un materiale diverso da quello generalmente usato a Bologna, il marmo. Nel 1792 inizia il periodo romano, durante il quale lo scultore lavorò accanto ad artisti di alto prestigio come Valadier e Canova (questo ultimo usava definirlo il migliore statuario che fossevi in Roma e di lui dipendente); dopo il 1803 ebbe numerosi incarichi da lui affrontati con uno stile molto vicino ai modi dello scultore danese Berthel Thorwaldsen, il quale operava in quegli anni nella capitale. Sono di questo periodo le decorazioni fatte dall’Acquisti nel palazzo Braschi (situato nei pressi di piazza Navona) e nella chiesa di San Pantaleo. Al periodo milanese, che inizia nel 1807, risalgono alcune sue opere divenute famose: la scultura in marmo di Atalanta (che riscosse grande successo alla corte del Principe), il gruppo marmoreo di Marte e Venere (scolpito per il nobile mecenate Sommariva di Milano), la statua di David nella facciata del Duomo, le allegorie della Storia e della Poesia e i rilievi che raffigurano L’ingresso di Francesco I a Vienna e Il congresso di Praga nell’Arco Sempione, fatti secondo i canoni neoclassici.
Le sue opere alla Certosa sono state realizzate negli ultimi dieci anni di attività. Tutti gli autori sono concordi nell’attribuirgli le decorazioni delle tombe della famiglia Monti-Bendini e del marchese Paolo Spada; molte incertezze permangono nel caso di altri monumenti (Aria ed Accursi). Nelle due opere di sicura attribuzione l’Acquisti non dimostra di possedere la bravura delle grandi imprese, i suoi monumenti sono di fatto modesti per la scarsità dei dettagli e per le posture poco plastiche. Nel 1804 era morto in giovane età il conte Francesco Monti Bendini, la sorella maggiore Aurelia, per ricordare il fratello, fece dipingere da Petronio Fancelli un monumento funebre nella Certosa. Alla sua morte, avvenuta nel 1813, i figli demolirono il monumento e lo sostituirono con un altro che venne realizzato nel lato ovest del Chiostro Maggiore da Luigi Acquisti, su progetto dell’architetto Giuseppe Nadi. La tomba venne abbellita dallo scultore forlivese con due angeli posti ai lati del sarcofago per simboleggiare l’angelica custodia dell’urna. Un altro monumento funebre attribuito all’Acquisti è quello della famiglia Montanari-Bianchini (già Spada). Nel 1817 il marchese Paolo Spada morì all’età di 71 anni; la contessa Catterina Bianchini, sua consorte, fece innalzare un grandioso monumento, intestato alla famiglia Montanari-Bianchini, dando l’incarico della ideazione all’architetto Vincenzo Vannini e dell’esecuzione allo scultore Acquisti. Il monumento, ubicato nel terzo chiostro, è caratterizzato dalla presenza di due statue: una figura femminile molto addolorata a sinistra dell’urna cineraria e, a destra, un angelo che scrive su un registro le opere buone compiute dal defunto durante la sua vita.
Alcuni anni prima della sua morte l’Acquisti aveva fatto un busto in cotto che lo ritraeva con abiti da antico romano e nella classica posa delle statue della Roma imperiale. Dopo la sua morte, avvenuta il 4 dicembre 1823, la figlia Anna ed il genero Luigi Naldi acquistarono, nel chiostro d’ingresso del cimitero della Certosa di Bologna, uno spazio per costruire la tomba: diedero a tal fine l’incarico al citato architetto Vannini di progettare l’impianto utilizzando la scultura in cotto che l’artista si era fatto. Tale busto venne collocato sopra un cippo e alle spalle fu dipinta nel muro una nicchia a forma di conchiglia. Nel contempo, per ricordare che la tomba ospitava le spoglie di un’artista, vennero inserite nel cippo le decorazioni raffiguranti gli strumenti tecnici allusivi all’attività svolta dal defunto, cioè la scultura. L’Acquisti, pur essendo nato a Forlì, si sentì e venne sempre considerato bolognese, in virtù del fatto che egli visse fin da ragazzo a Bologna, vi costruì la sua formazione e vi realizzò le sue più importanti opere, tanto che la città felsinea il 24 maggio 1788 gli concesse lo “jus civitatis”.
Giorgio Galeazzi.