Schede
Il Corpo Sanitario dell'Esercito sardo, divenuto poi nucleo fondante dell’Esercito italiano, nasce nel 1833 per fusione dei precedenti Corpi di Sanità e Veterinario, in seguito al riordino dei corpi militari deciso dal re Carlo Alberto. Assume la denominazione Corpo di Sanità Militare nel 1845. Durante la Prima Guerra Mondiale al Servizio Sanitario dell'esercito, costituito dal Corpo di Sanità Militare, si unirono gli assimilati della Croce Rossa Italiana (personale medico e crocerossine volontarie), e personale infermieristico anch’esso volontario facente parte di diversi comitati assistenziali. Militari di supporto venivano poi assegnati in relazione alle necessità nelle varie zone del conflitto.
Infine, grazie al contributo fornito dai paesi alleati, nel 1918 erano presenti sulle linee del fronte centinaia di militari britannici ed americani, con compiti di autisti di ambulanze (celebre tra tutte la presenza sul fronte veneto del giovane Ernest Hemingway, che descrisse poi la propria esperienza in Addio alle armi), barellieri ed infermieri. Al momento dell’entrata in guerra la C.R.I. aveva mobilitato, militarizzandolo, il proprio personale: circa 9.500 infermieri, 8.200 crocerossine e 1.200 medici, la maggior parte dei quali rimase in servizio nelle strutture sanitarie della C.R.I., mentre una parte venne assegnata alle unità del Regio Esercito. A supporto di queste figure, operavano anche ufficiali farmacisti, automobilisti, d'amministrazione, cappellani e civili. Il numero degli ufficiali medici al fronte e degli altri addetti in generale crebbe comunque in modo esponenziale con il progredire della guerra, tanto che nel 1918 il loro numero era salito a circa 18.000.
Ospedali, navi ospedale e treni ospedale | Nel 1917 in zona di guerra il servizio di sanità poteva contare su 234 ospedali da 50 posti letto, 167 da 100-150 posti, 46 da 200 e su 27 ospedali di tappa, oltre al supporto di strutture specializzate (sezioni di disinfestazione, laboratori chimico batteriologici, campi contumaciali, stazioni radiologiche). Allo scopo di decongestionare il più possibile le strutture ospedaliere in zona di guerra i feriti vennero in seguito anche ricoverati in navi ospedale (tra esse la Albaro, la Menphi, la Po, la Principessa Giovanna) o nei 59 Treni Ospedale (convogli da 360 posti che raggiungevano le stazioni avanzate del fronte per caricare i pazienti per poi ripartire verso le zone più interne del paese, fermandosi nei rami morti delle grandi stazioni, ad es. Mestre, Torino, Padova, Verona). In Friuli fu riutilizzata la via fluviale della “Litoranea Veneta” (un grosso canale navigabile che collegava Grado a Mestre passando parallelo alla costa e distante da essa circa circa 5 km): migliaia di feriti del Carso furono sgomberati su chiatte rimorchiate da battelli che partivano da Grado e dopo una notte di viaggio raggiungevano Mestre. Nella fase iniziale come autoambulanze vennero utilizzati semplici autocarri con il cassone attrezzato per il trasporto dei feriti o dei medicamenti; in seguito si attrezzarono in modo migliore, ma in numero sempre insufficiente, anche se nel 1918 erano circa un migliaio, tra autoambulanze chirurgiche, radiologiche, adibite al trasporto barelle. Tutte le strutture mobili o fisse avevano ben in vista il logo crociato rosso su sfondo bianco, per evitare che il nemico bombardasse baracche, tende o edifici adibiti a ricovero per i feriti; nonostante ciò in prima linea molto spesso le postazioni mediche, semplici buche o a ricoveri di fortuna, venivano comunque colpite dai tiri dell’artiglieria.
I feriti | Presso le Sezioni di Sanità dislocate negli Ospedali da Campo i feriti si dividevano in:
- Gravissimi trasportabili (feriti al cranio, addome, colonna spinale): già sommariamente operati e destinati alle ambulanze chirurgiche per altri interventi d’urgenza; - Gravi trasportabili candidati ad urgente ed immediato intervento chirurgico: feriti che necessitavano di altri interventi, smistati in altri Ospedali arretrati o passati ad ambulanze chirurgiche o radiologiche; - Gravi trasportabili a distanza breve: destinati agli Ospedaletti da Campo più vicini, trasportati tramite carri o autoambulanze per barelle; - Trasportabili a lunga distanza: feriti in condizioni stabili ma non in grado di camminare, caricati su autocarri diretti in retrovia; - Leggeri: quei feriti che possono deambulare autonomamente. La mortalità era spaventosamente alta, dovuta alle conoscenze mediche e farmacologiche del tempo, all’impossibilità di sfruttarle appieno in zona di guerra, alla mancanza grave di igiene che portava la temuta cancrena, il tetano, le emorragie.
Mirtide Gavelli