Schede
Insieme agli altri dipinti conservati nei depositi della Pinacoteca Nazionale di Bologna di Lorenzo Garbieri, di Giacomo Cavedone e ai due di Alessandro Tiarini, tutti centinati e di dimensioni pressoché uguali, quest’opera era parte del ciclo concepito unitariamente, ed eseguito su commissione del Priore della Certosa Giovanni Battista Capponi, che tenne il suo lungo priorato dal 1588 al 1613. Lo stesso che aveva commissionato la decorazione della cappella maggiore a Bartolomeo Cesi e che aveva fatto costruire le cappelline segrete in cui si trovavano i cinque dipinti di questi allievi dei Carracci. Il dipinto del Massari è ricordato per la prima volta da Malvasia nella Felsina Pittrice (1678) “In una di quelle cappellette interne nel Convento de’ RR. PP. Certosini” senza il titolo, ma come “bellissimo quadro”. Nonostante le non buone condizioni conservative – come ha rivelato anche il restauro, che ha lasciato in evidenza le cadute di colore presenti lungo i bordi e soprattutto nel cielo a causa di un ripiegamento della tela per renderla rettangolare – il dipinto è menzionato dal Giordani tra le opere esposte in Pinacoteca fin dal 1826.
La raffigurazione del soggetto non presenta problemi interpretativi dal punto di vista iconografico, riprendendo quasi alla lettera la narrazione dei Vangeli di Matteo e di Marco. A Cafàrnao in Galilea sulle rive del lago di Tiberiade, altrimenti detto mare di Genèsaret, dopo avere chiamato a sé i pescatori Simone poi chiamato Pietro e Andrea suo fratello, Gesù incontra altri due fratelli, Giacomo e Giovanni figli di Zebedeo. Invitati anch’essi a seguirlo lasciano la barca, le reti che stavano riassettando e il padre e subito si fanno suoi discepoli. Sorprende immediatamente come Massari scarnifichi la scena e riduca il fatto ai suoi elementi essenziali: chi si pone di fronte al quadro vede alla sinistra di un Cristo coi folti capelli e la barba rossicci, e da Lui indicate, le figure di Pietro e di Andrea, mentre dall’altro lato, dietro Giovanni già genuflesso e Giacomo che avanza, entrambi attratti da una forza quasi magnetica, la stupita figuretta di Zebedeo, che resta sulla sua barca spoglia di vele e con una rete appesa all’alberatura semplice, tipica delle povere imbarcazioni da pesca. All’estrema sobrietà del paesaggio, ridotto quasi alla sola linea dell’orizzonte che separa il cielo nuvoloso nella parte più alta, dalle acque del lago che hanno lasciato sulla riva in basso poche conchiglie – tra cui spicca il Pecten Jacobaeus o Pilgrimea comunemente detto cappasanta, simbolo del cammino di san Giacomo – si contrappone l’accentuazione dei gesti delle tre figure principali, insolita per Massari, almeno in questi termini. Risaltano in ispecie lo slungato avvitamento assai poco naturale del corpo di Gesù, quasi ancora di origine tintorettesca e derivato probabilmente dallo studio delle stampe di Agostino Carracci, e il protendersi torto e plateale di san Giovanni, in un atto di estatica fede fortemente esibita. D’altra parte solo pochi elementi formali sopravanzano il filo dell’orizzonte rettilineo che divide il quadro in due zone sovrapposte verticalmente, concentrando il forte eloquio gestuale nella parte inferiore.
Una meditazione sulle pose movimentate ed aperte, sulla forza espressiva e declamatoria delle opere di Ludovico che si scalano tra il 1595 ed il 1605 circa potrebbe essere all’origine di tali atteggiamenti, chiusi però in una forma più classica, lucida e compatta, segnata da un colorismo fortemente timbrico che spicca particolarmente nei panneggi sinuosi della figura di Cristo dal colore compatto rosa acceso e blu intenso. Nelle carte relative alla Certosa, tutte le opere realizzate da Massari per i certosini bolognesi sono citate sotto il priorato Baruffi (1618-1622). Nel Catalogo de’ Priori troviamo infatti la seguente nota: “1618. Timoteo Baruffi Visitatore Pavese. Questo fece dipingere la famosa tavola della Deposizione dalla Croce di Gesù Redentore per mano di Lucio Massari quale fu posta nella Cappella detta del Figadello, e poscia trasportata nella Certosa, e costò £ 200. Il qual Pittore fece ancora il quadro sopra la Porta del Capitolo rappresentante Christo, che porta la Croce al Calvario, e di più nella Capella interiore la tavola nella quale si ravisa il Redentore che chiama S. Giacomo e S. Giovanni alla Sua sequella”. Si può peraltro concordare che questa breve annotazione, opera forse di un cronista certosino della fine del Seicento o del primo Settecento, sia da intendere come una sorta di elenco riassuntivo dell’attività di Massari per la Certosa di Bologna a partire dall’ultima impresa eseguita, e scalabile a ritroso in un lasso di tempo forse superiore al decennio.
Lucio Massari (Bologna, 1569 – ivi, 1633), Gesù Cristo chiama all’apostolato Giacomo e Giovanni, 1605/1612 circa, tela, cm 254 x 147. Bologna, Pinacoteca Nazionale, inv. 7040. Provenienza: monastero della Certosa di Bologna.
Alessandro Zacchi
Dal volume Pinacoteca Nazionale di Bologna. Catalogo Generale. 3. Guido Reni e il Seicento, Venezia, 2006, pp. 20-22, n. 16. Pubblicato in Luce sulle tenebre - Tesori preziosi e nascosti dalla Certosa di Bologna, Bologna, 29 maggio - 11 luglio 2010. © Pinacoteca Nazionale di Bologna.