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Savigno, (BO)

1943 | 1945

Insediamento

Schede

Dopo l'8 settembre, avvenuta la proclamazione dell'armistizio e subitaneamente attuata l'occupazione tedesca dell'Italia, agli italiani che volevano la fine della guerra e l'indipendenza del paese si posero gli stessi problemi che furono già agitati nel corso del Risorgimento. Ai savignesi di sentimenti patriottici, un monito preciso scaturiva dalla meditazione sulla semplice e chiara epigrafe, dettata da Enrico Panzacchi, scolpita alla base del monumento che sta al centro della piazza del paese: "Ai patrioti / eroicamente combattenti in Savigno / per la libertà d'Italia / nell'agosto dell'A. MDCCCXXXXIII / ricordo eretto cinquantanni dopo". Ammoniva che per la libertà d'Italia ancora una volta era necessario combattere e ad dirittura indicava la forma della lotta.
Anziani e giovani paesani parteciparono alla lotta di Liberazione. Quelli che operarono sul territorio comunale furono inquadrati nelle fila della 63a Brigata "Garibaldi". Tra questi militarono tre savignesi che trovarono la morte in circostanze diverse: Dionigio Neri (classe 1862), dal nome di battaglia "Nonno", venne fucilato dai tedeschi il 5 agosto 1944, in località Luminasio (Marzabotto) con altri cinque partigiani; Mario Zecchi (classe 1904), morì in combattimento il 12 ottobre del 1944; Gianfranco Cremonini (classe 1924) cadde l'8 marzo 1945. Altri savignesi fecero parte di diverse formazioni. Nella 7a Brigata "Modena" parteciparono il già citato Maselli, il quale fu ferito in combattimento ed Ettore Fini (classe 1921), che risultò disperso dal 21 aprile 1945. La Brigata "Stella rossa", agli inizi di giugno, proveniente dalla zona di Monte Sole, si attestò su Monte Vignola in territorio savignese. Il giorno 14 un gruppo di partigiani del "Lupo" attaccò il presidio tedesco e fascista di Savigno, in pieno centro abitato. Circondato il posto, seguirono due ore di combattimento fino a quando tedeschi (due colonnelli e un capitano) e militi fascisti si arresero. Dopo un combattimento sostenuto da parte di partigiani della "Stella rossa" a Montasico di Marzabotto, Francesco Calzolari, che era rimasto ferito, fu trasportato in una casa contadina nei pressi di Monte Vignola, dove era una base della Brigata. In seguito a una spiata, il 24 giugno i tedeschi catturarono il ferito, lo portarono al molino di Vedegheto, lo torturarono atrocemente per conoscere da lui dove stanziava la formazione partigiana e, siccome non riuscirono a farlo parlare, lo trucidarono.
Il "Bollettino" mensile del Comando Unico Militare Emilia-Romagna del Corpo Volontari della Libertà, dal giugno 1944 in poi, di attività partigiane in Savigno, segnala le seguenti: il disarmo della caserma della Guardia Nazionale Repubblicana nel capoluogo, con la conseguente eliminazione dei militi (il 6 giugno); la cattura in località S. Biagio di due soldati tedeschi (il 17 settembre); il sequestro di burro e formaggi in un caseificio nella frazione Samoggia, che poi venne distribuito alla popolazione del luogo (il 20 settembre); il disarmo di un ufficiale dell'esercito della "repubblica sociale" nel capoluogo (il 3 ottobre) e, ancora nell'ottobre, il recupero di una pistola nella casa di un capitano dello stesso esercito e l'eliminazione di un informatore dei tedeschi.
Il giorno 16 aprile 1945 gli Alleati raggiunsero la località di Madonna di Rodiano, in territorio comunale e nei giorni immediatamente successivi proseguirono in direzione di Monte Pastore.
Savigno capoluogo fu liberato il 21 aprile 1945.

Fonte: L. Arbizzani, Antifascismo e lotta di Liberazione nel Bolognese, Comune per Comune, Bologna, ANPI, 1998