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Una battaglia della retroguardia: Forcella Clautana, Longarone

Battaglia Novembre 1917

Schede

Dopo lo sfondamento a Plezzo e Tolmino, Dodicesima battaglia dell'Isonzo, il battaglione da montagna tedesco del Wurttemberg nelle cui fila militava uno sconosciuto tenente di carriera di nome Erwin Rommel, ricevette l'incarico di fare da avanguardia della Jager Division e di raggiungere il prima possibile Longarone, per tagliare la strada alle truppe del Cadore che si stavano ritirando verso il Grappa. Il percorso che Rommel scelse fu la strada costruita dagli alpini italiani tra il 1910 e 1912 che collegava la Val Cellina alla Val Meduna attraverso Forcella Clautana, un sentiero ancora oggi percorribile.
Passato l'Isonzo il 24 ottobre 1917, dopo tre giorni di battaglia e la conquista del Matajur, il Wurttembergisches Gebirgs Bataillon (WGB) entra a Cividale il giorno 27, coprendo così 50 chilometri di strada di montagna armi in pugno in 3 giorni. Sabato 28 ottobre la marcia prosegue verso il paese di Primulacco, il Torre viene passato il giorno 29 senza scontri. Lunedì 30 ottobre, giornata fredda e piovosa, vengono raggiunti Coesano e Villanova, il 31 il battaglione è sul Tagliamento, dove si acquartiera a riposo fino al 3 novembre. In quei giorni Rommel, chiamato al Comando Tedesco di Udine, riceve l'ordine di passare all'avanguardia della Jager Division, alle dipendenze del maggiore Sproesser, e di puntare su Longarone. Alle prime luci dell'alba del 4 novembre, il WGB passa il Tagliamento sul ponte di Cornino, la direzione è Meduno-Chievolis-Claut-Cimolais-Longarone. Una Brigata di Alpini in retroguardia ne rallenta il cammino, a Chievolis, il 6 novembre, il primo scontro: gruppi del 5° Alpini, Bersaglieri ed artiglieri oppongono strenua resistenza, arrendendosi solo finite le munizioni.
Quel giorno il WGB catturò 4 ufficiali e 230 soldati. I Tedeschi proseguirono poi verso Forcella Clautana, a loro si erano uniti alcune batterie di obici da montagna ed un battaglione di Schutzen; l'avanzata velocissima di queste truppe, grazie anche al ritrovamento di un consistente numero di biciclette pieghevoli da bersagliere, avvenuto in pianura giorni prima, aveva lasciato indietro le salmerie e alla battaglia si dovettero preparare a stomaco vuoto. Martedì 7 novembre, il WGB è sotto la Forcella, schierate al passo ci sono le truppe italiane. Al centro della Forcella stanno gli arditi del XVIII° reparto d'assalto, alla sinistra la 34°- 35° e 36° compagnia alpina del battaglione Val Susa, a destra due compagnie di bersaglieri, con 6 cannoni da montagna. Sono le truppe di retroguardia della 26° divisione del colonnello Danise, con il compito di trattenere il nemico il più a lungo possibile. I tedeschi ammassano tre compagnie fronte al passo; Rommel e due sezioni di mitragliatrici si posizionano sulle pendici del Col Cavasso, in modo da dominare le difese sul fianco e dall'alto. Alle 19 il primo assalto. Gli italiani si difendono con ordine, non arretrano, pur subendo gravi perdite dalle mitragliatrici poste sul Col Cavasso. Ai tedeschi non va meglio, è impossibile avvicinarsi al centro, l'attacco viene sospeso.
Dal diario del tenente Rommel: "Concedo un po' di riposo ai miei uomini e nel frattempo vado a dare una occhiata…..Riesco a trovare degli appostamenti favorevoli per le mitragliatrici, distanti poche centinaia di metri dal passo..". Verso mezzanotte il reparto di Rommel attacca nuovamente la Forcella; sorretti dalle mitragliatrici, Jager e Schutzen arrivano a pochi metri dalla linea italiana, vi è un lungo scambio di bombe a mano, poi di nuovo gli attaccanti sono costretti a ritirarsi. Ancora dal diario di Rommel: "..sono scocciato. E' il primo assalto dall'inizio della guerra che mi va male. Duro lavoro di ore andato in fumo. Una ripetizione dell'azione sembra senza speranza." Mercoledì 8 novembre, nel buio pesto, una pattuglia tedesca sale a Forcella Clautana per saggiare la resistenza italiana ed ha una sorpresa: il passo è vuoto, nessuna traccia dei difensori che hanno approfittato della notte per sganciarsi e scendere a Longarone. Riprende l'inseguimento, i tedeschi alle 14 entrano a Claut dove una pattuglia dell'8° bersaglieri, 2 ufficiali e 30 uomini, tenta una resistenza subito vinta. A Claut la popolazione fa trovare alcune tavole imbandite e il WGB si ferma a ristorarsi.
Intanto la ritirata della retroguardia italiana prosegue, ordini e contrordini si susseguono, viene approntata una nuova linea di resistenza appena fuori Claut da due battaglioni in pieno assetto di guerra, ritirati e mandati a presidiare il passo di San Osvaldo, sopra Cimolais, l'ultimo prima di Longarone. La sera dell'8 il gruppo del maggiore Sproesser raggiunge l'avanguardia di Rommel a Cimolais; arriva anche un ordine dal Comando della Jager Division: il WGB si riposi in attesa di truppe fresche della 26° Schutzen. Ma Sproesser non intende mollare proprio ora, anzi chiede rinforzi. Giovedì 9 novembre, freddo e neve che taglia la faccia, alle 5 del mattino le truppe da entrambe le parti sono in attesa. Di fronte al passo San Osvaldo ancora Rommel e la sua avanguardia, mentre una compagnia tenta l'aggiramento passando sui roccioni alti del Monte Cornetto: è un disastro. La neve fresca tradisce gli attaccanti che scivolano nei dirupi ed alcuni muoiono. Non c'è tempo per tentare un'altra manovra che non sia la ripetizione dell'attacco a Forcella Clautana e così vien fatto.
La linea di difesa italiana è composta solo da due compagnie di Bersaglieri del 10° battaglione, che viene investito dalle raffiche delle mitragliatrici sui lati e di fronte, mentre le truppe tedesche si fanno sotto. Alle 9,45 gli attaccanti riescono a penetrare ed a disorganizzare la difesa e catturano 4 ufficiali e 120 soldati, gli altri si ritirarono verso Longarone. A questo punto saltano di nuovo fuori le biciclette da bersagliere che i tedeschi non avevano lasciato lungo la strada e con queste si gettarono lungo la discesa che dal passo di San Osvaldo conduce a Longarone. Il ponte sulla forra del Vajont è preso intatto. Di fronte Longarone, leggermente spruzzata di neve, brulicava di truppe italiane in ritirata.
Paolo Antolini