Schede
La scelta del Trentino per un attacco in forze era una vecchia idea del Capo di Stato Maggiore austriaco Conrad von Hötzendorf. Il piano presentava il rischio di sferrare un assalto in forze su un terreno difficile come la montagna, ma era potenzialmente in grado, in caso di successo, di isolare completamente le armate italiane schierate ad est sull’Isonzo e di arrivare al Po. Si sarebbe potuta forse allora verificare una completa debacle italiana nella pianura veneta, con l’accerchiamento della parte più numerosa e meglio armata del nostro esercito. Dal punto di vista militare, escludendo i settori al confine con la Lombardia, troppo accidentati e scarsamente serviti da strade e ferrovie, il punto più favorevole per un attacco era rappresentato dalle due valli che portano alla pianura veneta: a destra la Val Lagarina o Val d’Adige, in direzione di Verona, ed a sinistra la Valsugana che portava a Bassano, ambedue servite da una ferrovia. Tra le due valli stava un territorio montuoso accidentato e solcato da profonde valli longitudinali scoscese e dominate da picchi alti anche 2.000 metri. Per la presenza di pascoli pianeggianti all’altitudine di circa 1.000 metri quel territorio era genericamente indicato col nome d'Altipiani, comprendendo gli altipiani di Folgaria e dei Fiorentini, quello di Tonezza, Lavarone e l’altopiano d'Asiago o dei Sette Comuni. Questo difficile settore fu scelto per l’attacco risolutore contro l’Italia, ed il nome comune di Strafexpedition, spedizione punitiva, venne utilizzato proprio per sottolineare il “tradimento” dell’ex-alleato. I preparativi per l’operazione ebbero inizio nel dicembre 1915, anche se l’accordo tra austriaci e tedeschi non si trovava, soprattutto per quello che riguardava finalità e comando. Ma gli austriaci decisero di procedere comunque. L’inverno 1915-1916 fu però un inverno decisamente anomalo: nevicò in marzo e in aprile, maggio fu freddo e piovoso, in altitudine la coltre nevosa resistette a lungo grazie alle basse temperature. Neve, ghiaccio e slavine non consentirono di iniziare le operazioni alla data prefissata, in aprile. Si iniziarono comunque i preparativi della spedizione: alcune unità vennero trasferite da altri fronti verso il Tirolo in modo graduale, per non destare i sospetti italiani. Il loro concentramento avvenne dapprima sul fronte dell’Isonzo poi in località delle retrovie sudtirolesi. Solo all’ultimo momento esse vennero avviate in linea. Analoghe cautele vennero usate per il trasporto di armamenti, munizioni e vettovaglie. Nonostante le cautele, iniziarono a correre voci sulla grande offensiva in preparazione, ma il servizio informazioni italiano le sottovalutò, ritenendo inaffidabili le testimonianze dei disertori dell’esercito austriaco di madre lingua italiana, ritenuti possibili traditori o addirittura spie imperiali, e Cadorna ricevette solo il 22 marzo la prima notizia di un concentramento di truppe nel Trentino e non credette assolutamente alla possibilità d'una offensiva con grandi obiettivi in località di alta montagna. All'inizio della Strafexpedition, gli Austriaci avevano concentrato nel Trentino circa 300 battaglioni e 2.000 pezzi d’artiglieria. L'Italia oppose, compresa la 44a divisione, 172 battaglioni, una quarantina dei quali di Milizia territoriale di scarso valore bellico, e 850 cannoni di tutti i calibri. L'offensiva austriaca si sviluppò in quattro fasi ben distinte: la prima dal 15 al 19 maggio vide all’opera l'intera 11a armata austro-ungarica fra Adige ed Astico ed il 17° corpo della 3a armata in Valsugana. Nella seconda fase dal 20 al 28 maggio l'azione austriaca si sviluppò sugli altipiani di Folgaria ed Asiago. La terza fase dal 29 maggio al 10 giugno mostrò invece un calo nella forza di sfondamento austriaca: l'avanzata continuò solo sull'altipiano d'Asiago, nel tratto fra Gallio e Marcesina. Il Comando Supremo Italiano intuì che lo sforzo austriaco stava per esaurirsi e ordinò alla 5a armata posizionata sul Brenta di spostarsi sulla linea montana, pronta a contrattaccare. Nella quarta fase, dall’11 al 18 giugno, lo sforzo austriaco si concentrò in un ultimo tentativo a cavallo dell'Astico, compiuto dalle ali delle due armate. Il tentativo fallì, e l'offensiva austriaca si esaurì senza avere raggiunto gli obiettivi prefissati. Complessivamente l’esercito italiano ebbe fuori combattimento 2.358 ufficiali e 73.774 soldati. Paolo Antolini