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Velodromo

Di rilevanza storica

Schede

L'edificio sportivo di via Pasubio, inaugurato nel 1920 subì negli ultimi anni del XX secolo una progressiva decadenza e nel 1996 fu abbattutto per costruirvi l'omonimo parco, alcuni edifici residenziali ed un parcheggio.

"Nel pomeriggio del giorno otto maggio è stato inaugurato il Velodromo Bolognese costruito per iniziativa della Società in accomandita Pasquali-Minelli-Ghezzi e C., la quale ha saputo dotare Bologna di un magnifico campo sportivo, moderno e grandioso, che può stare alla pari coi più importanti impianti del genere esistenti in Italia ed all’Estero.
Il Velodromo Bolognese sorge fuori Porta Saffi, a poco più di un chilometro dalla vecchia Porta S. Felice, su di una nuova strada, attualmente in costruzione, che unisce alla via Emilia il sobborgo Crocetta. Due edifici, pei quali si stanno iniziando i lavori aventi prospetto su di essa, fiancheggiano l’ingresso principale rivolto a levante. Nel centro del campo che copre la superficie di mq. 30.000, sorge la pista di corsa interamente in cemento armato. Questa, misurata sulla linea della corda rossa, è lunga m 400, ed è formata di due rettilinei, di notevole lunghezza (m. 53,50) che consentono facile sviluppo alle "volate", e di due tratti circolari del raggio di m. 34 raccordati a quelli, da curve di passaggio: sono appunto queste curve che costituiscono uno dei vanti caratteristici della nuova pista di Bologna, poiché la soluzione originale che per esse è stata adottata, e che consente ai corridori di passare con estrema facilità ed insensibilmente dai rettilinei alle curve, e quindi di sviluppare le maggiori velocità, non è stata usata mai in nessuna pista. Trasversalmente la superficie di corsa della pista è larga m. 7 ed ha nei rettilinei la pendenza di circa 9° che aumenta gradatamente ai tratti di massima curva, fino a circa 43°; una per consentire l’equilibrio anche ai corridori che per incidenti di macchina o altro, diminuiscono la velocità, una pedana larga m. 0,50 avente la pendenza trasversale di circa 9°, corre presso il bordo interno della pista portando così la lunghezza di questa a m. 7,50. La soletta di cemento armato costituente la pista di corsa è sostenuta da travi e pilastri formanti sistema a cavalletto, i quali per mezzo di mensole sostengono nei tratti in curva anche le gradinate delle tribune popolari, alle quali si accede da due scalinate a doppia rampa e da quattro scalette secondarie. La costruzione viene così ad acquistare notevolmente in eleganza ed agilità, e di più si sta ora utilizzando lo spazio che sotto ai tratti di soletta più inclinata resta libero, con la costruzione dei camerini per i corridori e di ambienti per i bagni e le doccie, pei servizi di caffè, depositi di macchine, uffici ecc.

Nell’interno della pista vi è un campo rettangolare di m. 86x66, destinato a gioco di Foot-Ball, al quale si accede oltrechè traversando la pista, anche mediante un sottopassaggio costruito all’estremità ovest del campo, e ciò per avere facile comunicazione anche durante le corse ciclistiche. Lungi il rettilineo d’ arrivo, una tribuna in legno, lunga m. 90, per i primi posti, e lungo il rettilineo opposta un’altra pure in legno, lunga m. 80, pei secondi posti contengono 7000 spettatori; complessivamente colle tribune popolari, il Velodromo è quindi capace di più di 10.000 spettatori. I lavori, favoriti da un’ottima invernata, furono iniziati nella seconda quindicina del Novembre 1919 e condotti a termine il 30 Aprile 1920, superando felicemente le gravissime difficoltà del momento per tutti gli approvigionamenti. Il progetto del nuovo campo sportivo è opera dell’Ing. Giuseppe Lambertini, che ha avuto a collaboratore il Prof. Ing. Luigi Stabilini, e la costruzione è stata eseguita dalla Ditta Ing. G. Lambertini e C. sotto la direzione dell’assistente E. Buscaglione. L’ardita iniziativa della Società Pasquali-Minelli-Ghezzi e C. venne accolta con vivissimo favore dalla cittadinanza che è accorsa in folla alle corse ciclistiche indette per l’inaugurazione del Velodromo."

Tratto dalla rivista "Il Comune di Bologna" – Maggio 1920. Trascrizione a cura di Lorena Barchetti.

1923, 6 aprile, al Velodromo debutta con una brillante vittoria una bicicletta a motore guidata da Mario Cavedagna. E' fabbricata dalla G.D, industria meccanica appena fondata in viale Aldini dall'avvocato Mario Ghirardi e dall'ingegnere Guido Dall'Oglio. Nei primi anni di attività la G.D domina in campo agonistico con una motocicletta di 125 cc di cilindrata, che nel 1924 stabilisce il record mondiale sul chilometro lanciato. Nello stesso anno il quotidiano "Il Resto del Carlino" del 22 maggio riporta la cronaca di un avvenimento eccezionale per Bologna: al Velodromo si è tenuta una corrida. Sì, una vera e propria corrida spagnola. Il velodromo è stato attrezzato per ospitare i più famosi "espada" di Siviglia, Granada, Madrid. Tra questi, don Francisco Lopez (detto Pareisto); don Francesco Munoz; don Josè Estrela (detto il Valentino); otto banderilleros, un caballero e un certo Tancredo, a cui toccava il pericoloso compito di "filtro" tra i tori infuriati. La fotografia di Paolo Bettini documenta la manifestazione. Sullo sfondo si stagliano -tra gli altri- la torre Asinelli, la torre dell'Arengo e il profilo della basilica di San Petronio.

1948, 4 ottobre, arrivo solitario al Velodromo di Fausto Coppi al traguardo del Giro dell'Emilia, che si disputa per la prima volta nel giorno di San Petronio. Il Campionissimo ha lanciato il suo attacco sull'Abetone, si è presto lasciato alle spalle gli avversari ed è giunto a Bologna con 10 minuti di vantaggio, salutato negli ultimi chilometri da due ali di folla esultante. Vana la difesa del suo grande rivale Gino Bartali, attardato in montagna da una foratura. Coppi, già primo nel 1941, vincerà nuovamente l'Emilia nel 1948, mentre Bartali trionferà nelle edizioni 1952 e 1953.

In collaborazione con Genus Bononiae e Biblioteca Sala Borsa.