Un delitto imperfetto: l'omicidio Sensi

Un delitto imperfetto: l'omicidio Sensi

10 febbraio 1948

Scheda

“So di averti tradito che non lo meritavi! Mi condanno da sola io sono qui. Ti raccomando tua figlia. Chi trova questo, dare informazioni a Sensi Mario via Lame 345.” (Giuseppina Rhao)

Queste parole erano state trovate su un biglietto lasciato sulla sponda del canale Navile, sotto via Carracci, il 15 febbraio del 1948. Il biglietto, come richiesto, venne recapitato a Mario Sensi, un autista nato a Monte San Pietro ed abitante a Bologna. Dopo aver ricevuto il biglietto si era recato in Questura, sospettando che sua moglie, Giuseppina Rhao, una ragazza calabrese con la quale si era sposato durante la guerra, si fosse tolta la vita, sostenendo che il biglietto fosse stato scritto da lei. Dopo quattro giorni, il canale venne prosciugato e sul fondo fu ritrovato il corpo di Giuseppina e si accertò che effettivamente si trattava di morte per annegamento. La pratica fu chiusa ed archiviata.

Ad un anno dal suicidio della moglie, Mario Sensi si risposò con Mafalda Lollini, donna con la quale intratteneva una relazione intima mentre era sposato con la Rhao. Passarono quattro anni e l’uomo visse in pace con la nuova moglie. La polizia, dopo molte richieste da parte dei familiari di Giuseppina, che ritenevano impossibile l’ipotesi del suicidio dato il suo carattere allegro, avevano iniziato ad indagare nuovamente sul caso e molti sospetti ricaddero sul Sensi. Il 25 settembre 1953, la polizia procedette al suo fermo e gli tese un tranello sperando che confessasse: gli dissero che erano state rinvenute prove schiaccianti a suo carico e lo invitarono a fare una confessione spontanea. Credendo di essere stato scoperto confessò che era stato lui ad uccidere la moglie, che era stato costretto a sposare la Rhao perché l’aveva messa incinta quando prestava servizio militare in Calabria.

Alla fine della guerra, Giuseppina aveva solo 18 anni, e assieme alla figlia Mariella, seguì Mario a Monte San Pietro. Ma la ragazza fu costretta a tornare dai genitori a Catanzaro con la bambina, per problemi economici. Mario Sensi invece si trasferì a Bologna dal fratello e iniziò una relazione con la Lollini, noncurante della moglie. Il 2 febbraio 1948 Giuseppina pensò di fargli una sorpresa, e si presentò a Bologna, ma venne accolta molto freddamente dal marito, e poiché non esisteva ancora il divorzio, ricostruirsi una vita con un’altra donna gli sarebbe stato impossibile. Quindi gli venne in mente di sbarazzarsi di Giuseppina, e per riconquistare la sua fiducia, si mostrò affettuoso e innamorato, e le propose di fare uno scherzo agli amici: “Tu fai finta di suicidarti e quanto tutti ti credono morta ricompari e quelli crederanno che si tratti del tuo fantasma. Vedrai che ridere!” (Mario Sensi). La Rhao avrebbe fatto di tutto per il marito e accettò di stare allo scherzo, scrisse il biglietto che poi fu ritrovato sulla sponda del Navile, firmando così la propria condanna a morte. “Alle 18.30 mi trovai con mia moglie sul luogo fissato. Scendemmo la scaletta raggiungendo la sponda del canale, e là all’improvviso, con decisione, la presi sotto le ascelle e alzata di peso la scaraventai nell’acqua” (Confessione di Mario Sensi). Successivamente l’uomo sistemò bene in vista il biglietto scritto dalla moglie e tornò a casa, aspettando che qualcuno lo avvertisse della tragedia.

Mario Sensi venne rinviato a giudizio dalla Corte d’Assise in primo grado per rispondere di uxoricidio aggravato. Furono nominati gli avvocati difensori Corrias e Marconi e i familiari della Rhao si costituirono parte civile e furono assistiti dagli avvocati Dal Fiume di Bologna e Toffanin di Padova. L’imputato cercava di respingere le accuse e di ritrattare la dichiarazione fatta alla polizia, rinnegandola per due volte. Ida Perugini, moglie del fratello di Sensi, testimoniò che il 10 febbraio, il giorno dell’omicidio, Giuseppina le riferì di aver scritto un biglietto sul quale annunciava il proprio suicidio, istigata dal marito, per fare uno scherzo agli amici dato che era Carnevale. La parrucchiera Maria Zocca, era stata chiamata come teste, e dichiarò che il 10 febbraio Giuseppina si era recata da lei per farsi pettinare. “Ricordo che era molto allegra e vestita con molta cura: non potei servirla perché ero impegnata e lei disse che non faceva niente, e che sarebbe tornata un altro giorno. Mia sorella la incontrò verso le 19 sul tram e sentì che chiedeva al bigliettaio dove fosse lo zuccherificio” (Maria Zocca). Infine fu interrogata Rossana Sabbioni, che aveva trovato il biglietto sotto un sasso sulla riva del canale: “Ero insieme ad altre amiche, e quando vidi il foglietto dissi: “Vuoi vedere che è un appuntamento d’amore?” Così lo prendemmo per curiosità e vedemmo che invece parlava di suicidio.” Il tribunale decise, successivamente, di togliere la custodia della loro figlia ai nonni paterni, e di affidarla ai materni. Fu chiesto l’ergastolo con l’accusa di uxoricidio premeditato che era un’accusa più grave di quella per semplice omicidio, ma alla fine vennero chiesti ventiquattro anni di carcere. In sua difesa Mario Sensi disse solo: “Sono innocente”.

Loredana Lo Fiego

Bibliografia: Antonio Bagnoli, Nathalie Anne Dodd, Bologna criminale, il volto più inquietante e drammatico della ricca e placida capitale dell'abbondanza, Roma, Newton Compton, 2006

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