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Societa' per la Cremazione di Bologna

1880 | oggi

Schede

La “Società per la Cremazione dei cadaveri in Bologna” mosse i suoi primi passi nel 1880, ma iniziò la sua attività crematoria nel 1889, dopo nove anni di lavoro spesi per organizzare, ottenere le necessarie autorizzazioni e costruire il Tempio. Un primo Comitato, su sollecitazione del dottor Tito De Medici, si era formato in città appunto nel 1880, e l’anno successivo si era dato un Presidente, il prof. Giovanni Brugnoli, e un segretario, l’avvocato Giuseppe Baratelli. Il 12 maggio 1881 il dottor Gaetano Pini, illustre fautore dell’idea di cremazione, tenne a Bologna una conferenza in seguito alla quale vennero avviate le pratiche per la costituzione di una società vera e propria che, nell’Assemblea Generale svoltasi il 25 aprile 1882, approvò uno Statuto. Per un paio d’anni la Società esistette solo formalmente finché, il 7 aprile 1884, vi fu la costituzione effettiva.

Il giornale “La stella d’Italia” del 24 maggio 1884 dà notizia dell’elezione, avvenuta il giorno precedente, del Consiglio Direttivo della Società, composto dal prof. Dioscoride Vitali in funzioni di presidente, dal cav. Augusto Mezzini, vice-presidente, dal dottor Nicola Matteucci, segretario, dal cav. Gustavo Vicini, ing. Filippo Buriani, cav. V. Lodi e colonello Arturo Brun. Questo gruppo di attivi precursori della Società bolognese iniziò subito le pratiche necessarie per ottenere l’autorizzazione alla erezione del Tempio Crematorio e del cinerario all’interno dell’area della Certosa. Il cammino non fu facile: vi furono lentezze burocratiche, tutto sommato normali, e qualche tentativo di seria opposizione al progetto, portato avanti attraverso lo strumento della petizione popolare. Nel 1885 il Consiglio Direttivo avvia una sottoscrizione tra i propri 250 iscritti per raccogliere fondi da destinare alla costruzione dell’ara, ma la presenza, tra di essi, di molti indigenti, fa sì che la somma raccolta fosse insufficiente. In una lettera indirizzata al Sindaco della città di Bologna, datata 31 dicembre 1885, la Società espose i propri intenti e le difficoltà incontrate, e chiese il contributo finanziario del Municipio, portando ad esempio il caso di altre autorità municipali italiane che già avevano finanziato l’erezione di crematori. La richiesta venne presentata il 15 febbraio seguente nella riunione della Giunta Comunale, la quale espresse parere favorevole all’erezione dell’area crematoria e all’erogazione di un contributo finanziario municipale, ed incaricò il Sindaco di prendere gli opportuni contatti con la Società per la Cremazione. Quest’ultima dovette impegnarsi a dotare il Tempio Crematorio dell’apparecchiatura tecnica necessaria per l’incenerimento, e, tra i diversi sistemi in uso al momento, venne scelto il “sistema Venini”, così chiamato dal nome dell’ingegnere milanese che lo aveva inventato. Sul progetto presentato dalla Società di Cremazione lavorò l’Ufficio di Edilità ed Arte del Comune, preposto al rilascio delle necessarie licenze di costruzione; l’Ufficio propose alcune modifiche, soprattutto con lo scopo di contenere le spese di edificazione muraria, di probabile pertinenza del Municipio, ed espresse pareri in merito alla scelta del luogo ove costruire il Tempio stesso. In una lunga e dettagliata relazione inviata dall’Ufficio di Edilità al Sindaco di Bologna il 14 aprile 1886, venne esposto il giudizio finale e fissate delle clausole: il Municipio avrebbe costruito i fabbricati, e la Società di Cremazione li avrebbe dotati degli impianti. L’area così attrezzata sarebbe stata data in gestione, inizialmente per un periodo di dieci anni, alla Società, la quale avrebbe dovuto corrispondere una tassa al Municipio per ogni cremazione effettuata. Passati i dieci anni, il Municipio avrebbe potuto, a sua discrezione, acquisire il Tempio e gestirlo in proprio, o rinnovare l’incarico di gestione alla Società. Il Municipio si impegnava inoltre a costruire un colombario per conservare in modo degno le urne cinerarie, soggette a tutte le disposizioni cimiteriali vigenti, stanziando i fondi per la costruzione nel bilancio preventivo del Comune per l’anno 1887. Il progetto venne approvato con atto consiliare il 24 agosto 1886, e l’unico problema da risolvere rimase quello della scelta del luogo dove costruire: la petizione popolare promossa dall’ingegner Ceri non riuscì infatti ad ottenere l’annullamento del progetto, ma solo che l’Ara crematoria ed il colombario sorgessero “in luogo separato e con ingresso dalla pubblica via affinché riescano del tutto disgiunti dalla parte del Cimitero destinata alle inumazioni”. L’area venne infine individuata, e il rappresentante della Società, approvata la modifica, poté finalmente firmare, nel marzo 1888, l’accettazione dell’incarico di costruire il Tempio Crematorio, con l’impegno di eseguire i lavori entro l’autunno dello stesso anno. Finalmente, il 5 luglio del 1889 il Tempio Crematorio bolognese venne inaugurato, alla presenza delle autorità civili, dei giornalisti e naturalmente dei rappresentanti della Società bolognese e della Società sorella di Forlì. Già da una settimana, il 28 giugno, aveva avuto luogo la prima cremazione.

La struttura societaria | La Società di Cremazione di Bologna approvò dunque il suo primo statuto nel 1884, revisionandolo quindici anni dopo, mentre era già in corso il suo riconoscimento allo status di “Ente Morale”, avvenuto il 19 novembre 1899. I cinquanta articoli che lo componevano, corredati da una appendice contenente “Note, norme, istruzioni, tariffe e moduli”, affrontano, dopo una prima enunciazione di principio sugli scopi della Società e sui mezzi atti a diffonderne la conoscenza l’articolazione dell’associazione che, in quanto società legalmente costituita, doveva rispettare una serie di normative fissate della legislazione nazionale. Lo scopo della Società risultava naturalmente essere quello di Diffondere l’uso civile della cremazione, specialmente colla propaganda dell’esempio, combattendo il pregiudizio e la malafede che visi opponevano, attraverso l’uso di tutti i mezzi possibili: conferenze, pubblicazioni, pubblicizzazione del numero delle cremazioni avvenute con annunci sulla stampa locale, adozione di tutte le novità tecniche che potessero rendere più valido e più economico il processo di cremazione, a beneficio delle classi meno abbienti, e infine sorveglianza su tutte le operazioni, affinché venissero compiute mantenendo il rispetto dovuto ai defunti. Chiunque, senza distinzione di sesso, poteva iscriversi alla Società, purché presentato da due membri e, se minorenne, avesse il consenso della famiglia. Ai soci veniva ovviamente chiesto un contributo monetario, variabile per capacità economica, ed ai membri dei sodalizi operai venivano concesse facilitazioni e dilazioni di pagamento: quest’ultimo elemento mette in risalto l’aspetto di stretta correlazione esistente tra la Società di cremazione e il mondo associazionistico di tendenza democratica e positivista, riscontrabile attraverso un’indagine sui nomi dei membri più in vista della Società bolognese e quelli delle Società Operaie. La Società era gestita da una Assemblea Generale, che eleggeva a maggioranza assoluta il Consiglio Direttivo e il Comitato dei Sindaci; aveva inoltre uno stendardo che veniva esposto in occasione della cremazione dei soci e, a richiesta, dei non soci, nonché alle manifestazioni pubbliche alle quali intervenivano abitualmente le associazioni cittadine. Alle norme dello statuto seguivano alcuni allegati, tra i quali un estratto del “Regolamento speciale di Polizia Mortuaria pubblicato con Regio Decreto 25 luglio 1892, n 448” e le norme fissate dal Comune di Bologna per la cremazione, le tariffe vigenti e il fac-simile dei moduli di iscrizione alla società o di disposizione testamentaria per i non iscritti. Lo Statuto, strumento fondamentale nel processo di riconoscimento legale di una società e “fonte di diritto” per la sua gestione, risulta sostanzialmente uguale a quello delle altre società del tempo e dunque delle altre società di cremazione; gli organi di governo interno sono i soliti e comuni sono i compiti gestionali, associativi ed economici. Cosa caratterizza dunque, al di là dello scopo fondamentale, la Società di Cremazione rispetto all’associazionismo, non mutualistico né cooperativo, di cui si tratta? Riteniamo che un aspetto rilevante sia costituito dall’intento di diffondere la conoscenza del proprio operato in quanto elemento civilizzatore all’interno del tessuto sociale del paese, e dall’intenzione di rendere accessibile a tutti gli strati sociali il ricorso alla pratica di cremazione.

Su questi due elementi insistono oratori, conferenzieri e pubblicisti per tutto l’arco di anni da noi considerato: l’aspetto igienico-sanitario viene costantemente abbinato al concetto di civiltà e all’intento di economizzare le spese e rendere tutti, ricchi e poveri, uguali almeno davanti alla morte. ….La cremazione deve essere accolta per la lieve spesa che viene a far gravare nelle famiglie dei superstiti. Certo i fortunati, i ricchi, sorrideranno a questo punto: per essi il denaro non conta: ma il lavoratore, confronti le tasse e le spese gravanti un’inumazione. In queste la cassetta ove le ceneri sono raccolte viene data a perpetualità. Nel lontano Musocco [il cimitero monumentale di Milano, n.d.a.] è molto quando si può acquistare un posto decennale. Fedeli a questa linea, in qualche caso i cremazionisti riescono a mettere in pratica questo loro basilare principio di eguaglianza, a Bologna i non abbienti vennero facilitati dal fatto che, se il Consiglio direttivo della Società riconoscevano la loro condizione di indigenza, le spese venivano interamente sostenute dalla Società stessa; a Verona addirittura il Municipio, primo in Italia, oltre a dichiarare la cremazione “libera” la riconobbe anche “gratuita”.

Analisi statistica dell’attività della Società di Cremazione di Bologna | a) Rilevazione dal “Registro dei Cremati”, 1889-1914. Il “Registro dei Cremati”, da cui abbiamo tratto i dati seguenti, contiene le registrazioni di tutte le cremazioni effettuate presso il Tempio Crematorio bolognese. Per il nostro studio abbiamo preso in considerazione le prime 622 registrazioni, da quella “inaugurale” del 28 luglio 1889 a tutto il 1914, scelto come margine temporale perché la presenza del conflitto mondiale prima e l’avvento del fascismo poi giocarono ruoli di fondamentale importanza nell’andamento del numero delle cremazioni, prima rallentandole e poi inibendole quasi totalmente: ricordiamo infatti che il fascismo era contrario alla cremazione, e un nostro veloce esame dei nomi registrati durante il ventennio rivela come solo una frangia democratico-socialista di antica convinzione continuasse a fare questa scelta.

Ognuna delle registrazioni da noi esaminate contiene le seguenti informazioni: numero d’ordine, nome e cognome del cremato, se sia associato o meno alla Società di Cremazione, età, professione, causa del decesso, luogo di nascita, data della morte, luogo ove è riposta l’urna funeraria (nella Certosa o altrove) e nome dei testimoni presenti al rito. Dall’esame dei dati, si possono trarre alcune prime informazioni. In primo luogo “chi” si faceva cremare, scegliendo questa opzione in contrasto con la corrente pratica dell’inumazione: il profilo-tipo che ne esce è quello di un individuo di sesso maschile (80,2%), di età matura (il 75,8% ha più di quarant’anni), non necessariamente socio della Società di Cremazione (33,7% di soci contro il 66,3% di non soci), appartenente ad una classe sociale borghese o medio-alta e di estrazione quasi totalmente urbana. E’ da notare la totale assenza di lavoratori della terra, contro un 24% di artigiani o gestori di esercizi commerciali, un 17,2% di possidenti, un 13,3% di impiegati o funzionari di enti statali, un 6,4% di liberi professionisti – medici, avvocati, notai -, un 3,4% di studenti e scolari, un 17,4% di pensionati, definizione che ci impedisce qualunque valutazione sulla collocazione sociale del defunto, e il 10,3% di casalinghe. La provenienza, indicata con il luogo di nascita, non consente di tenere conto di eventuali fenomeni migratori, e mette in rilievo, al di là del 54,9% di cremati originari di Bologna o della sua provincia, la rilevante quota di richieste “esterne”: un 18,6% di tali richieste proveniva dalle restanti provincie della regione Emilia-Romagna, dove era comunque in funzione una seconda ara a Modena, e un rilevante 26,5% dalla fascia costiera adriatica, completamente sprovvista di impianti crematori. Per ciò che riguarda l’età risulta evidente come la maggior parte dei cremati fosse ultrasessantenne (41,9%), seguita da un 33,9% della fascia 41-60. In terza posizione è da notare l’alta mortalità infantile: del 13,5% di soggetti con meno di 20 anni, la maggior parte è costituita da bambini molto piccoli, sotto i cinque anni; in ultima posizione la fascia 21-40 anni, con un 10,7% di cremazioni. In ultima analisi le cause dei decessi: in genere sono dovuti a malattie (95,8%); una piccola percentuale (1,1%) ad incidenti e ben il 3,1% a suicidio. In quest’ultimo caso si tratta in genere di persone giovani, intorno ai venti anni, spesso indicati come studenti: rispetto alla percentuale dei suicidi sul numero globale di decessi nella popolazione, si tratta di un valore decisamente abnorme. Infine in merito al totale delle cremazioni, l’andamento rivela una costante crescita – salvo qualche irregolarità iniziale – sino al 1904. Tra il 1905 e il 1907 si ha un balzo verso l’alto, con quasi un raddoppio del numero totale delle cremazioni, che poi assume un andamento estremamente irregolare sino al 1914. Da allora inizia un costante declino.

b) Considerazioni. Le schede di rilevazione da noi utilizzate corrispondono, per gli elementi che contengono, a quelle di cui si servì la Federazione Italiana per la cremazione nel 1909. Da una prima lettura di questi dati risulta innanzitutto che in massima parte sono gli uomini a fare questa scelta che, soprattutto in quel tempo, era chiaramente una scelta “contro”, di stampo positivista, progressista, sovente anticattolica, in contrasto con la “morale” dominante. Se l’uso comune, su modello cattolico e per tradizione secolare, prevedeva l’inumazione, la scelta della cremazione, fatta con motivazioni igienico-sanitarie, veniva caricata anche di valenze ideologiche. Non a caso, spulciando gli elenchi del “Registro dei Cremati” e quelli dei favorevoli alla cremazione – soci, partecipanti a congressi e al dibattito ecc. – balzano agli occhi decine di nomi chiaramente collocabili in campo politico: democratici, repubblicani, socialisti affollano tali elenchi. Ricordiamo fra l’altro che l’unico nome scritto a inchiostro rosso sul “Registro” è quello di Andrea Costa, “non socio, pubblicista, anni 58”, morto il 19 gennaio e cremato il 23 gennaio 1910. Assistettero al rito in qualità di testimoni numerosi suoi compagni di fede, tra i quali Arturo Zambianchi, Argentina Altobelli, Anselmo Marabini, Romeo Galli e Raffaele Serrantoni. Sul “Registro”, accanto a quello del primo deputato socialista del Parlamento Italiano figurano, tra gli altri, i nomi di Enrico Forlai, presidente della Società Operaia di Bologna, cremato nel 1896, di Raffaele Belluzzi, combattente del Risorgimento, garibaldino, uomo di cultura, fautore dell’istruzione popolare e “padre fondatore “ del Museo del Risorgimento di Bologna (1903), e di Epaminonda Farini di Russi, farmacista, mazziniano, esule, arrestato per cospirazione negli anni cinquanta e garibaldino (1903), Guido Schinetti, un anno, figlio di Pio Schinetti, repubblicano-mazziniano, allievo di Carducci, e giornalista del Resto del Carlino e di altre testate (1906). Al di là della scelta ideologica, o in parallelo ad essa, un altro elemento risulta evidente ad un primo esame: la presenza nel corso degli anni di più appartenenti ad uno stesso nucleo familiare. Padri e figli, zii e nipoti, fratelli, mogli e sorelle, spesso bambini, questi ultimi a testimoniare l’alta mortalità infantile dell’epoca. Scelta ideologica dunque come scelta familiare, alla quale la donna partecipa in genere non come soggetto autonomo capace di effettuare scelte di pensiero e di vita, ma come parte di un nucleo, del quale condivide o semplicemente accetta le scelte, siano esse parentali o maritali. In terzo luogo, è da rilevare l’alta frequenza di nomi ebraici ricorrenti nel “Registro”, sin dalla prima cremazione. Ovviamente non si può dedurre dal solo nome se costoro fossero ebrei praticanti oppure appartenessero a quell’area di pensiero democratica e socialista che tanti brillanti esponenti ha tratto dalla cultura ebraica, ma ritengo comunque di rilevanza questo elemento, anche a testimonianza del fatto che, a differenza della cattolica, altre confessioni religiose non frapposero ostacoli alla scelta della cremazione. In ultima istanza i rapporti con la Massoneria: come già visto nelle pagine precedenti, molto spesso la Chiesa Cattolica si oppose alla cremazione proprio temendo di vedere aumentare il potere massonico sulla società:

Quanto poi alla proibizione della Chiesa Cattolica, ti dirò, che fino dall’epoca la più remota nulla è stato da essa detto né pro, né contro la cremazione. Fu solo nel maggio 1886 che la Suprema Congregazione della Santa, Romana, Universale Inquisizione emise la seguente decisione; e cioè non essere lecito che i cristiani si facciano inscrivere nelle Società di cremazione, né dispongano per l’incenerimento del proprio cadavere e di quello di altri. Ma per questa decisione non comminava nessuna pena ecclesiastica salvo che a quelli che si inscrivessero a Società di cremazione derivanti o dipendenti da Società massoniche. Il discorso, tratto da un libretto in forma di dialogo tra due amici, continua poi annotando che dunque i cattolici temono e condannano la cremazione solo perché la ritengono uno strumento della Massoneria, loro grande nemica, …e questa cieca opposizione è mantenuta contro tutte le Società di Cremazione, ben sapendo che molte di esse sono affatto indipendenti, e nemmeno fondate dalla Massoneria. Una ulteriore interessante valutazione viene poi fatta, sempre per bocca del dialogante Paolo, dal dottor Foresti, che per avere per anni speso il suo tempo a favore della Società di cremazione bolognese ben doveva conoscerne le vicende: egli afferma infatti che tutto ciò è provato dal fatto che, nel Consiglio Comunale del 1886 che doveva approvare la concessione dell’area per il Tempio crematorio, lo stesso Consiglio affermò che la Chiesa cattolica aveva proibito la cremazione, non tanto per la cosa in sé, quanto perché essa era opera massonica. E ciò è abbastanza per provarti quanto questo suo accanimento sia sciocco e cattivo. Può questa accusa di collusione tra cremazionisti e massoneria, accusa che fra l’altro verrà mantenuta anche a distanza di molti anni, essere ritenuta valida? Indubbiamente dobbiamo constatare che molti tra i fautori della cremazione, a Bologna, erano iscritti a logge massoniche, e che molti tra i massoni bolognesi sceglievano la cremazione; inoltre la bolognese “Loggia massonica VIII agosto” risulta essere tra i promotori della costituzione della Società di cremazione bolognese, come rievoca Ugo Lenzi in una relazione tenuta il 20 marzo 1911 nella sede della stessa Loggia, in occasione del 25° anniversario della sua fondazione: ricorderò altre iniziative della massoneria e cioè la Società per la Cremazione dei cadaveri… La loggia VIII agosto era anche presente in forma ufficiale tra le società che nel 1895 parteciparono, alla Certosa di Bologna, alla cerimonia di traslazione delle urne cinerarie dal Tempio alla nuova Sala della Pietà: in quell’occasione offrì anche una cospicua somma a favore dell’attività societaria. Da tutto questo però non riteniamo possibile concludere che la Società di Cremazione fosse una creatura massonica, soprattutto in virtù del fatto che, come già affermato in precedenza, nell’Italia post-unitaria l’appartenenza massonica era enormemente diffusa tra le classi dirigenti sia nazionale che locale, e soprattutto nell’ambito “progressista”.

La diatriba continua | il dibattito del periodo 1890-1914 e la formazione della Federazione Italiana per la Cremazione. A dispetto della “fioritura” di Società di Cremazione che si ebbe tra il 1876, anno di formazione della società milanese, e il 1914, il dibattito non cessò, ma al contrario acquistò nuovo vigore. I temi discussi dibattuti rimasero gli stessi del periodo precedente – il valore igienico-sanitario della cremazione, affiancato a rivendicazioni di modernità e progresso da una parte, l’accusa di antireligiosità, amoralità e massoneria dall’altra – e la diatriba tra favorevoli e contrari non riuscì a “decollare”, così come, dopo un iniziale periodo di “esplosione” nel numero delle società in formazione, degli iscritti e delle cremazioni, anche l’attività delle società giunse ad un punto di stallo. L’opera di propaganda continuò ad essere svolta con determinazione dai cremazionisti, ma le loro conferenze venivano frequentate molto spesso da gente già sensibilizzata e già a conoscenza delle tematiche proposte, se non addirittura già convinta ed iscritta. I toni, a volte macabri, dei conferenzieri, che si attardavano a descrivere i processi di dissoluzione dei cadaveri inumati, in contrapposizione alla purezza del rito crematorio, rientravano nell’ottica scientifico-positivista di descrivere senza remore la cruda realtà, ma potevano colpire negativamente i possibili nuovi adepti.

Solo i cremazionisti più preparati e brillanti riuscirono a trovare le tonalità giuste nell’affrontare questo difficile argomento. E usarono terminologie più smorzate, che potessero essere recepite da tutti gli strati della popolazione, nel rispetto del principio secondo cui [è] un imperioso dovere, per tutti coloro che amano il prossimo e ne desiderano il bene, l’aprire il varco alla luce, là dove le tenebre, o per forza delle cose, o per malvagità degli uomini, si vogliono addensate. La via che si deve percorrere deve essere a tutti accessibile; il sole la deve illuminare; nessuna ombra la deve rendere incerta, e ciò perché sia facile a tutti scansare e superare gli ostacoli che possono tardare od impedire di raggiungere la meta. In questa situazione si viene preparando la fondazione di una “Federazione Nazionale per la Cremazione”, in sostituzione della già esistente, ma poco vitale “Lega Italiana delle Società di Cremazione”. La creazione della Federazione Nazionale proclamata nel Congresso di Genova del 1905, venne messa a punto dai delegati delle più attive società italiane – tra le quali la bolognese, rappresentata da Ludovico Foresti – in occasione della cerimonia di inaugurazione dello stendardo della Società novarese, avvenuta, con scelta affatto casuale, il 20 settembre del 1906 in un momento in cui gli ostacoli di ogni natura opposti all’istituto della Cremazione da pregiudizi di volghi e da differenze delle amministrazioni pubbliche di ogni grado, avevano paralizzata l’opera delle Società, parecchie delle quali erano scomparse o in assoluto letargo. Il Comitato Centrale aveva quindi dinanzi a sé non solo il compito già grave di adunare le forze disperse, di riorganizzarle e renderle cospiranti ad un fine unico con un lavoro serrato, uniforme, concorde; ma ancora quello più arduo di preparare e maturare la lotta contro gli ostacoli d’ogni specie frapposti al cammino fatalmente e sicuramente trionfale della Cremazione. Nell’incontro venne messo in discussione lo schema dello Statuto della Lega Italiana delle Società di Cremazione, che era stato approvato nel 4° congresso, tenuto a Milano nel dicembre del 1890: gli articoli, vagliati uno per uno, vennero modificati ed aggiornati, cos’ da formare lo Statuto della nascente Federazione alla quale, nel rispetto dell’autonomia morale ed amministrativa delle singole società, venne affidato il compito di Favorire e diffondere il principio della cremazione; di studiare, proporre ed attuare mezzi e modi riconosciuti dall’esperienza siccome atti a conseguire l’incenerimento dei cadaveri, secondo le leggi dell’igiene, dell’economia, della civiltà e del sentimento; di tutelare la riforma, invocando dal Governo e dalle pubbliche Amministrazioni la rimozione d’ogni ostacolo o morale o finanziario che si opponga alla cremazione, e l’adozione di leggi e norme regolamentari atte a disciplinare l’incenerimento delle salme e la conservazione delle ceneri, in modo che l’igiene, la religione delle urne e le ricerche medico-legali non abbiano a riceverne documento; di mantenere relazioni attive colle commissioni internazionali, nell’intento di conseguire anche all’estero i benefici di una propaganda continua ed efficace in favore della cremazione e di stabilire rapporti di reciprocanza.

In quella medesima occasione, la Federazione professò la propria apoliticità, ma respinse la proposta di dichiararsi esplicitamente antireligiosa, lasciando ai singoli aderenti questa professione di fede tanto individuale. Quale organo direttivo venne designato un Comitato Centrale, eletto all’interno dei congressi ordinari e composto di sei consiglieri e un presidente, scelti fra i soci della Federazione. L’attività congressuale della Federazione venne subito indirizzata alla discussione di una serie di nodi fondamentali dalla cui soluzione sarebbero scaturite le direttive pratiche da diramare alle singole società: si discusse così della necessità di fare ovunque rispettare la volontà di quei defunti che, pur non essendo stati membri di società di cremazione, desideravano essere cremati, o dell’opportunità di cremare i resti anatomici (nel caso ad esempio di cliniche universitarie che utilizzino cadaveri a fini di studio) e i resti esumati nei cimiteri dopo il decennio minimo di inumazione, il tutto obbligatoriamente ea spese dei comuni; si decise di chiedere l’intervento dei comuni per consentire la cremazione gratuita dei non abbienti; si insistette sulla necessità di diffondere con mezzi sempre più efficaci l’idea cremazionista, ribadendo il principio secondo il quale la propaganda era fondamentale per l’ampliamento della base aderente. Tutto ciò, ed altro ancora, doveva essere fatto cercando pazientemente di ravviare le dormienti energie delle Società di Cremazione. La Federazione dunque iniziò a richiedere informazioni e statistiche, sia alle Società che ai Comuni, e fissare precisi scopi e limiti di azione, norme statutarie, a ordire, in una parola, quanto più fosse possibile completo il lavoro preparatorio e ordinativo sicché il Congresso si trovasse in grado di sancire col suo voto le meditate risoluzioni e, con la scorta delle risultanze acquisite, determinare le vie e i mezzi per la più salda e feconda resurrezione della Cremazione in Italia. Questo lavoro lento e paziente non ebbe comunque modo di esplicarsi compiutamente poiché nel volgere di pochi anni le vicende politiche italiane ed internazionali tutto coinvolsero e sconvolsero, imponendo anche allo sviluppo della Cremazione un brusco arresto, ed anzi una regressione, accentuata, come abbiamo già avuto modo di ricordare, dal seguente ventennio fascista.

Mirtide Gavelli, Fiorenza Tarozzi

Testo tratto da 'LA SOCIETA’ DI CREMAZIONE A BOLOGNA (1884-1914)' ne 'Bollettino del Museo del Risorgimento'. Bologna, anno XXXII-XXXIII, 1987-1988. Trascrizione a cura di Lorena Barchetti.