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Sant'Agata Bolognese, (BO)

1943 | 1945

Insediamento

Schede

Nei giorni seguenti l'armistizio dell'8 settembre 1943, a seguito degli indirizzi diffusi dall'organizzazione comunista provinciale, i cittadini santagatesi, duramente razionati in seguito al regime di guerra, parteciparono allo svuotamento dell'ammasso del grano. La reazione del podestà, Emilio Sassoli Tomba, non tardò a venire tramite un manifesto del 12 settembre che ordinava la restituzione di quanto prelevato minacciando gravi provvedimenti contro gli inadempienti. Già dall'autunno 1943 alcuni antifascisti santagatesi (tra cui Agostino Pietrobuoni) furono promotori della costituzione di un comitato clandestino, il cui obiettivo immediato fu quello di prestare aiuto a coloro che dovevano sfuggire dalle mani dei tedeschi e, più tardi, quello di mettere in contatto giovani, uomini e donne con le formazioni patriottiche già in armi. Vennero poi organizzati gruppi legali e illegali. Coloro che appartennero a questi ultimi durante il periodo invernale furono ospitati presso i fienili (i "tiz") delle case coloniche e in abitazioni della campagna e dei paese che fungevano da base e da nascondiglio, elove le donne curavano vitto, alloggio e assistenza.

Nella primavera del 1944 erano presenti sul territorio comunale 19 basi in altrettante case e le azioni partigiane andarono crescendo. La maggior parte furono attuate di notte, soprattutto quelle indirizzate al sabotaggio di linee elettriche, telefoniche e telegrafiche, al trasporto eli armi e munizioni, ma anche al volantinaggio.
La Questura di Bologna, nella Relazione settimanale sulla situazione politica ed economica. Settimana dal 24 al 30 Aprile, inviata al Ministero dell'Interno, Direzione Generale della PS. Valdagno (Vicenza), in data 1° Maggio 1944 (Prot. N. 018496), a firma di Giovanni Tebaldi, denunciò: «Il giorno 26, verso le ore 21,40, nel Comune di Sant'Agata Bolognese, presso la sede del Dopolavoro annesso alla Casa del Fascio, attualmente occupata da sfollati, é esploso un ordigno collocato da ignoti. Lievi danni e nessuna vittima». Nel "Mattinale" il Col. Giuseppe Onofaro, della GNR, il 30 luglio 1944 denunciò che il «28 corrente ora imprecisata, abitato San Agata Bolognese, ignoti affiggevano 5 diversi tipi di manifestini sovversivi invitanti allo sciopero, al sabotaggio e all'insurrezione».
Nell'estate 1944, quando iniziò la "grande razzia" da parte dei tedeschi, i partigiani decisero di intensificare le iniziative di sabotaggio per ostacolarla e rallentarla. II 9 luglio, per impedire l'asportazione del grano da parte dei tedeschi, la trebbiatrice di proprietà Cavana venne incendiata. I partigiani presero accordi con le persone precettate dai nazifascisti per la vigilanza di installazioni belliche e di depositi di armi allo scopo di raccogliere informazioni sulla loro ubicazione e per collaborare alle azioni di sabotaggio (taglio di fili di comunicazione, dispersione della benzina raccolta nei fusti, ecc.). Ad agosto, mentre si stava trebbiando il grano, nel podere dei fratelli Borsari giunse la notizia della rappresaglia compiuta alle Larghe di Funo (v. Argelato) il giorno 9 e, immediatamente, tra personale di macchina, contadini e partigiani venne deciso di far avere, tramite il mulino Broglia, quintali 50 di grano alle famiglie dei fucilati e a quelle che avevano avuta bruciata la casa. Sempre in agosto, durante la trebbianda, i contadini contrari a consegnare il grano all'ammasso ne accantonarono 700 quintali, che, dopo la liberazione, furono venduti a famiglie santagatesi bisognose a L. 1.200 il quintale.
Il 17 agosto venne catturato Quinto Pietrobuoni assieme a Giovanni Barbieri e Medardo Bettini che lo ospitavano nella loro casa colonica. Portati a Crevalcore i tre furono torturati ferocemente e, alle 9 del mattino del 26 successivo, in piazza a Sant'Agata, alla presenza della popolazione, da "brigate nere", su ordine del Comando delle SS di Bologna, vennero fucilati contro la Torre Civica. Tre giorni dopo fu fucilato al Poligono di tiro di Bologna Agostino Pietro-buoni, che era stato arrestato il 27 agosto a Persiceto. Su il Resto del Carlino, del 31 agosto, con la notizia dell'esecuzione si lesse che era stato processato il 30, ossia dopo la morte. Il 5 dicembre, nel teatro comunale di Sant'Agata, furono raccolti e "selezionati" molti dei rastrellati ad Amola di San Giovanni in Persiceto (v.), chi avviato in campo di concentramento in Germania e chi alla fucilazione. Nel mezzo del durissimo inverno, un gruppo di .30 donne, il 27 gennaio 1945, manifestò contro le autorità comunali, contro la scarsità di generi alimentari, contro i fascisti e i tedeschi, rivendicando la fine della guerra. Lunedì 5 febbraio, giorno dedicato alla patrona Sant'Agata, i fascisti operarono un rastrellamento nel capoluogo per sorprendere nelle loro case molti partigiani. Dopo alcune ore, la retata ebbe termine col fermo di una "staffetta" e di undici giovani, tre dei quali vennero avviati a Mirandola per essere deportati in Germania. Un gruppo di partigiani, con un'azione tempestiva e coraggiosa, nei pressi della città modenese liberarono i tre santagatesi e diversi altri destinati ai campi di sterminio.
Nel marzo, una delegazione di donne si recò dal reggente del fascio lamentando ritardi e abusi nella distribuzione dei viveri spettanti al paese. Poiché la situazione ancora persisteva, il 19 aprile, un folto gruppo di donne santagatesi invase l'ufficio annonario e distrusse carteggi e schedari. Mancando la protezione delle SS e delle "brigate nere" già in fuga, non ci fu alcun intervento repressivo.
Umberto Bianchi, vecchio antifascista che diresse la fase finale della lotta in luogo, ha così descritto il 21 aprile 1945, giorno della Liberazione: «...eravamo ... rimasti senza collegamenti col CUMER, ma sapevamo che il compito in questa fase era di occupare edifici pubblici e impianti e disturbare la ritirata dei tedeschi verso il Po. Gli Alleati d'altra parte stavano rovesciando sulla zona il fuoco delle loro artiglierie che veniva diretto da una "Cicogna" che ronzava di continuo sul paese. La gente era tappata nei rifugi e nelle case... incaricai di metter fuori il segnale dell'insurrezione, cioè di issare sul campanile della chiesa parrocchiale la bandiera rossa e quella tricolore. Io, intanto, cominciai a percorrere le vie deserte gridando alla gente di uscire. In poco tempo la piazza fu piena di popolo. I gruppi armati occuparono il municipio, la scuola, la caserma dei carabinieri. I tedeschi, sparsi nei campi attorno, abbandonarono i loro appostamenti ...Alla vista di tanta gente la "Cicogna" si abbassò e da lì a poco l'artiglieria alleata allungò il tiro... Gli alleati giunsero a S. Agata il giorno dopo, il 22, quando i partigiani avevano già restituito il paese all'operosità della ricostruzione». Dopo la Liberazione venne nominata una Giunta comunale e fra i membri il sindaco nella persona di Ottavio Pietrobuoni (classe 1908), partigiano, fratello di Quinto ed Agostino, trucidati dai fascisti.

Fonte: L. Arbizzani, Antifascismo e lotta di Liberazione nel Bolognese, Comune per Comune, Bologna, ANPI, 1998