San Benedetto Val di Sambro, (BO)

San Benedetto Val di Sambro, (BO)

1922 | 1945

Scheda

Con tale nome, dal 1922, si chiamò l'antichissimo comune di Pian del Voglio.
Nelle elezioni amministrative del 10 ottobre 1920, la lista dei socialisti, con appena 161 voti, conquistò, per la prima volta, la maggioranza dei seggi in consiglio comunale. La lista moderata, che ebbe la minoranza, raccolse 29 voti.

Lo squadrismo fascista provocò, anche qui, spargimento di sangue. Il 26 febbraio 1922, durante un'incursione compiuta nella frazione di Ripoli, vennero feriti con colpi d'arma da fuoco, la massaia Adele Naldi in Barbari (nata a Castiglione dei Pepoli nel 1872) ed un suo giovane figlio. La donna, trasportata all'Ospedale Maggiore di Bologna, morì il giorno dopo.
Nel corso della lotta di liberazione i sanbenedettesi che scelsero di partecipare alla lotta armata contro i nazifascisti militarono prevalentemente nelle fila della Brigata "Stella rossa" e nella Brigata "Gino Bozzi" che, originata da toscani, operò nei due versanti dell'Appennino. Diversi nativi, che nel volgere degli anni avevano preso la residenza nel comuni contermini a San Benedetto, parteciparono alla lotta di liberazione nelle formazioni partigiane del luogo: i Musolesi, emigrati a Monzuno (v.) e a Monghidoro (v.), i Bartoli emigrati a Bologna, i Boschi emigrati a Sasso Marconi, i Cavazza emigrati a Marzabotto e a Sasso Marconi, ecc. Esemplifichiamo il caso di questi ultimi. Antonio Cavazza (classe 1909), residente a Marzabotto, partigiano della "Stella Rossa", ebbe il fratello Orfeo (classe 1916), anche lui militante nella stessa brigata e il padre Sisto (classe 1883), residenti a Sasso, catturati entrambi, il 20 ottobre 1944, dai tedeschi in località Badolo. Ai due venne intimato di scavarsi la fossa: mentre Orfeo tentava di fuggire fu colpito alla testa da un colpo di pistola che l'ha reso cieco e il padre venne fucilato sul posto. Un sanbenedettese combatté contro i nazifascisti anche nei Balcani. Giuseppe Musolesi, col nome di battaglia "Joseph" (classe 1919), dopo essere stato militare in Iugoslavia per tre anni, il 12 settembre 1943 venne incarcerato a Belgrado e vi rimase fino al 20 aprile 1944. Liberato, partecipò alla lotta di Liberazione in quel paese, militando nel 2° Battaglione della Brigata "Drago" della divisione EPLI (Esercito Popolare di Liberazione Iugoslava), fino al 7 maggio 1945 (Dizionario). Il "Bollettino" mensile del Comando Unico Militare Emilia-Romagna del Corpo Volontari della Libertà segnala che, in San Benedetto, dal giugno all'agosto 1944, furono svolte le seguenti attività partigiane: il 2 giugno, a Madonna dei Fornelli, i partigiani reagirono ad un tentativo di rastrellamento e cagionarono fra le SS diversi morti e feriti; il 29 luglio, nella frazione di Pian del Voglio, disarmarono due militi della Guardia Nazionale Repubblicana; il 1° agosto, nella frazione di Castel dell'Alpi, uccisero due tedeschi e, dieci giorni dopo, sempre nella stessa località, uccisero un fascista del "Battaglione della morte"; il 12 agosto, a San Benedetto, interruppero diverse linee telefoniche tedesche e, cinque giorni dopo, a Pian del Voglio, con una prima azione, distrussero un torpedone tedesco, causando la morte e il ferimento di ufficiali e soldati e, con una seconda azione, tagliarono diversi fili telefonici tedeschi. L'8 settembre 1944 a Vizzano (Sasso Marconi) vennero fucilati per rappresaglia dai tedeschi tre sanbenedettesi (Albano Agnelli, Sisto Migliori, Adelmo Rocchetta) insieme ad altre 12 persone, tra le quali 7 di Rioveggio di Monzuno (v.). I partigiani il 17 settembre, a Madonna dei Fornelli, danneggiarono una linea elettrica ad alta tensione.
Dopo che la 5a Armata americana ebbe sfondato la Linea Gotica, al centro, con la presa di Monte Altuzzo (13-18 settembre), i tedeschi iniziarono a ripiegare verso Nord e il territorio sanbenedettese divenne immediata retrovia del fronte, ripetutamente colpito da cannoneggiamenti terrestri e bombardamenti aerei alleati. Le incursioni furono molto intense sulla stazione ferroviaria di San Benedetto per impedire il transito di treni sulla "Direttissima", tanto da costringere i tedeschi a poter utilizzare solo i binari dentro la grande galleria in direzione di Vernio. Il 22 settembre 1944, un bombardamento aereo alleato colpì l'abitato del capoluogo, provocando vittime e un grandissimo panico. Nelle ore e nei giorni che seguirono i paesani si rifugiarono nelle case sparse, in grotte naturali, in rifugi antiaerei costruiti in precedenza. I partigiani si mescolarono tra la gente, si nascosero nelle macchie del torrente Sambro e continuarono la loro azione. Diversi giovani ed uomini validi, chiamati o rastrellati dai tedeschi per eseguire trasporti di materiali bellici al fronte o per approntare fortificazioni al Covigliaio, che decisero di rifiutare di lavorare per gli occupanti, vennero nascosti in appositi rifugi o nei boschi. Dagli abitanti ad alcuni disertori tedeschi furono assicurati nascondigli introvabili e i mezzi di sopravvivenza.
Nei primi giorni di ottobre, incalzati dagli Alleati, mentre si ritiravano i tedeschi "sopra i carriaggi portavano un po' di tutto: comodini, specchi, altri arredi, cianfrusaglie d'ogni genere e mucche alla cavezza: non pareva più un esercito". Dalle memorie di sanbenedettesi si apprende che da diverse località e da singoli caseggiati "una notte comunque i tedeschi se ne andarono. Tutti e all'improvviso. In silenzio riordinarono le loro cose - armi, carri, cannoni - e sparirono nel buio". Si conoscono, inoltre, piccoli episodi del grande momento della liberazione: quello della moglie di Castori la quale dall'aia di casa vista una lunga fila di soldati che, fucile in mano, avanzava da Sambro, gridò con tristezza "Aiè un'etra volta i tedeschi - Ci sono un'altra volta i tedeschi...", e quello di Mercedes Dondini, che, rientrata nella casa di Foggio, abbandonata giorni prima perché considerata luogo pericoloso, appena visti "accanto al fuoco ... alcuni soldati..." corse dall'amica Zita annunciando, "Aiè i americhen! - Ci sono gli americani!" Il 3 ottobre 1944, effettivamente, truppe della 5a Armata americana entrarono a San Benedetto.
Tre combattenti sanbenedettesi diedero la vita per la liberazione. Il 9 giugno 1944 i nazifascisti catturarono il partigiano Paolo Pasqui, "Paolino" (classe 1922), che aveva disertato dall'esercito della RSI, nascosto in un cascinale assieme a Dino Zenzocchi e, dopo averli trasferiti in località Pian di Balestra, li fucilarono. Clemente Borelli (classe 1924), della Brigata "Stella Rossa", cadde in combattimento contro i tedeschi a Grizzana il 5 settembre 1944.

Fonte: L. Arbizzani, Antifascismo e lotta di Liberazione nel Bolognese, Comune per Comune, Bologna, ANPI, 1998  

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Antifascismo e lotta di Liberazione
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Luigi Arbizzani, Antifascismo e lotta di Liberazione nel bolognese Comune per Comune, Bologna, ANPI, 1998

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