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Sacra famiglia

1526/27 ca.

Schede

L’opera costituisce una delle più recenti quanto felici aggiunte al catalogo del grande Amico Aspertini (1474 - 1552), protagonista della pittura bolognese di primo Cinquecento; un ritrovamento di eccezionale rarità, rimarcata peraltro dell’ottimo stato di conservazione, avvenuto in tempi di poco successivi alla grande esposizione consacrata all’artista nel corso del 2008 (Bologna, Pinacoteca Nazionale).

Minimamente intimorito dal formato anomalo della tela, col suo solito fare arguto e guizzante, Aspertini riempie lo spazio pittorico con un articolato groviglio di corpi tutti ammassati sul primo piano della composizione fornendo così la personale traduzione del complesso ritmo narrativo tipico dei rilievi presenti nei sarcofagi greco-romani (da qui anche la soluzione di optare per il monocromo à grisaille usando come base degli scuri il fondo ocra della preparazione). La deformazione, al limite del grottesco, con cui è stravolto il colto sostrato classicista che informa l’impaginazione della composizione o le pose delle figure, mette in luce una componente fondamentale dell’inconfondibile stile, tra l’eccentrico e il bizzarro, dell’artista bolognese.

Come per la maggior parte dei pittori bolognesi coevi, a più riprese, anche l’Aspertini ebbe occasione di frequentare l’ambiente romano ed entrare così in contatto con l’arte antica. In tre diversi soggiorni avvenuti in fasi diverse della sua lunga carriera, l’artista ebbe l’occasione di studiare e di disegnare direttamente dal vivo l’immenso repertorio di anticaglie e vestigia che Roma offriva a cielo aperto; un repertorio di immagini, pose e composizioni che l’artista rielaborò in opere finite o in una serie di taccuini approntati a questo specifico scopo. Le forme enfiate dei panneggi, le proporzioni possenti dei corpi e il piglio impetuoso delle pose ci portano obbligatoriamente ai tempi del terzo soggiorno a Roma dell’Aspertini, avvenuto tra il luglio 1526 e il maggio 1527, al tempo cioè del dirompente incontro con la volta michelangiolesca della cappella Sistina; un’esperienza che stravolgerà in modo profondo i canoni stilistici dell’artista bolognese.

La pala nella chiesa parigina di Saint Nicholas des Champs o le numerose “invenzioni” raccolte nei fogli del taccuino del British Museum noto col nome di London II testimoniano in modo palmare il tenore dell’evoluzione avvenuta nella maniera di Aspertini sul finire degli anni Venti del Cinquecento. Nelle pagine di questo taccuino si possono individuare dei disegni che permettono agevoli confronti con le figure del nostro monocromo. E’ questo il caso dei fogli 36v e 16r di questa raccolta che appaiono essere in relazione con la posa e l’attitudine della figura femminile all’estrema sinistra del dipinto. Analogie ancor più stringenti si possono individuare con la figura della Vergine di una Sacra Famiglia reperibile fino a qualche anno fa sul mercato bolognese; si veda ad esempio il particolare delle dita aperte a V che sorreggono il panneggio della veste. Il volto della donna più anziana invece torna, anche se in controparte, nella figura di Sant’Elisabetta presente nella tavola oggi a Bologna in collezione Luzzetti.

L’insieme di queste opere sono unanimemente riferite dalla critica alla fase estrema dell’attività dell’artista, sul 1530 circa, quando, in parallelo alla produzione scultorea, l’inesauribile fantasia accentuerà l’aspetto statuario e monumentale delle sue figure. Rimane di fatto che il monocromo qui presentato costituisce senz’ombra di dubbio testimonianza altissima dell’incontenibile estro inventivo di questo grande artista e soprattutto dell’estrema qualità del suo magistero tecnico sia pittorico che disegnativo.

In rapporto alla storia del dipinto appare difficile comprendere se il monocromo costituisca un opera in sé finita o piuttosto un frammento di una composizione più grande tagliato ad hoc. Come osserva Elisabetta Fadda nella sua expertise, il cartiglio che ricade sull’immagine lascia supporre l’esistenza di un riquadro superiore, il che non costituisce fatto in alcun modo nuovo in Aspertini come ben dimostra il dipinto oggi a Cardiff. Dalla stessa collezione proviene il Ritratto di Alessandro Achillini sempre dell’Aspertini acquistato nel 2009 dallo Stato Italiano e destinata alla Galleria degli Uffizi a Firenze.

Courtesy Galleria Maurizio Nobile, Bologna