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Riniero de’ Barcobini Fasani e Bonaparte Ghisilieri

1905

Schede

Nel cuore del centro storico di Bologna, in via Clavature 10, vicinissimo a Piazza Maggiore, si erge il complesso monumentale di Santa Maria della Vita, noto per essere l’esempio più rilevante del barocco bolognese e all’interno del quale si ammira il più importante gruppo scultoreo in terracotta del Rinascimento italiano, ovvero il Compianto sul Cristo morto di Niccolò dell’Arca, vero capolavoro della scultura quattrocentesca. L’origine della chiesa richiama quell’ondata di religiosità che percorse l’Italia nel 1260 e in particolare è legata alla Compagnia dei Battutti (detta anche dei Flagellanti, o Battuti, o Disciplinati) presente a Bologna dal 1260. Scopo della Compagnia era la penitenza e l’espiazione dei propri peccati tramite flagellazioni pubbliche, essendo Cristo “uomo dei dolori” il riferimento da imitare per essere perdonati. Successivamente, tra i compiti della Compagnia si aggiunsero l’accoglienza dei pellegrini, l’aiuto ai poveri e la cura dei malati, tanto che nel 1275 un locale attiguo alla Chiesa venne destinato ad ospitare l’Ospedale della Vita, primo nosocomio bolognese nonché primo nucleo del grande complesso ancora esistente dell’Ospedale Maggiore al quale verrà definitivamente accorpato nel 1801 a seguito della soppressione delle confraternite imposta dalle leggi napoleoniche. L’edificio odierno deriva da una ricostruzione sulla precedente chiesa quattrocentesca officiata dai membri della Compagnia (poi Confraternita) avvenuta fra il 1687 e il 1690 su progetto di Giovanni Battista Bergonzoni, mentre la maestosa cupola, che issata a 52 metri ne fa una delle chiese più alte di Bologna, è stata disegnata da Antonio Galli Bibiena (1700 - 1774) e realizzata da Giuseppe Tubertini (1759 - 1831).

La facciata, invece, rimasta incompiuta fino agli inizi del secolo scorso, fu eretta solo nel 1905 su disegno dell’ingegnere Luigi Leonida Bertolazzi, lo stesso che realizzerà anche il progetto per la costruzione dell’Ospedale Maggiore nella sua originaria collocazione in via Riva di Reno. Tale completamento si concretizzò grazie al sacerdote e tipografo Don Raffaele Mareggiani (1832 - 1899) il quale, con lascito testamentario del 1892, volle destinare i suoi averi alla costruzione della facciata ed anche di quella dell’Ospedale Maggiore, contribuendo in maniera determinante a questa semplice ma efficace realizzazione in laterizio stuccato che risulta arricchita da dettagli decorativi, quali cornici e capitelli, in cemento. Si nota chiaramente come la sovrapposizione di due sezioni sottolinei lo sviluppo fortemente verticale dell’edificio, mentre le lesene e le cornici leggermente aggettanti contribuiscono a dare movimento alla facciata. Nella parte superiore spicca un frontone triangolare contenente l’emblema della Confraternita, raffigurante la croce latina a due bracci con flagelli appesi ai lati eretta sui tre monti del Calvario. Nella parte inferiore, invece, si aprono due nicchie ricavate ai lati del portone d’ingresso, nelle quali furono poste due statue realizzate, sempre in cemento, da Tullo Golfarelli nel 1905. Una fotografia dell’edificio con le statue dello scultore ben visibili è peraltro presente all’interno dell’Album del Museo del Risorgimento, sebbene manchino annotazioni a penna dello stesso artista. Le statue raffigurano il beato Riniero (o Raniero, Rainieri, Rinieri) de’ Barcobini Fasani da Perugia (m. tra il 1281 e il 1283) e il beato Bonaparte Ghisilieri (Bologna, 1235 - 1294), rispettivamente a destra e sinistra della facciata, a ricordo dell’origine della Compagnia e del successivo ospedale. Se il primo, appartenente all’ordine dei frati minori, è noto per essere stato il fondatore della Compagnia dei Battuti, il secondo, le cui ossa furono tumulate nel 1718 sotto l’omonimo altare della Chiesa, fu devoto discepolo del beato Raniero nonché suo primo successore. Egli apparteneva alla famiglia Ghisilieri, una delle più antiche e nobili famiglie bolognesi, alla quale si riconduce anche la figura di Antonio Ghisilieri, pontefice dal 1566 al 1572 sotto il nome di Papa Pio V. Oggi il complesso monumentale di Santa Maria della Vita, articolato nel santuario della Vita e nel Museo della Sanità e dell’Assistenza, è una proprietà dell’Azienda AUSL di Bologna.

Tullo Golfarelli (1852 - 1928), Beati Riniero de’ Barcobini Fasani e Bonaparte Ghisilieri, 1905. Bologna, santuario di Santa Maria della Vita.

Emanuela Lamborghini

Testo tratto da: Silvia Bartoli, Paolo Zanfini, Tullo Golfarelli (1852 - 1928), Minerva Edizioni, 2016. Fonti: BMRBo, BMRBo, Album Golfarelli; ASCBo, Fondo Ufficio di eredità ed Arte. Bibliografia: Sette secoli di vita ospitaliera in Bologna, a cura del Comitato per le celebrazioni del VII centenario degli ospedali di Bologna, Bologna, Cappelli, 1960; L. BORTOLOTTI, Bologna dentro le mura: nella storia e nell’arte, Bologna, La Grafica Emiliana, 1977; Le strade di Bologna. Una guida alfabetica alla storia, ai segreti, all’arte, al folclore. La vita millenaria della città rivisitata nella fitta intelaiatura delle vie e delle piazze dei quartieri tra curiosità, leggende, monumenti e avvenimenti memorabili, I, Abba-Duse, a cura di F. e F. RAFFAELLI, A. VIANELLI, Roma, Newton Periodici, 1988; Piazze e mercati nel centro antico di Bologna. Storia e urbanistica dall’età romana al Medioevo, dal Rinascimento ai giorni nostri, a cura di R. SCANNAVINI, Bologna, Grafis, 1993; C. COLLINA, Opere d’arte per le istituzioni sanitarie in Emilia tra XIX e XXI secolo, in Le Arti della Salute. Il patrimonio culturale e scientifico della sanità pubblica in Emilia Romagna. Catalogo della mostra di Bologna, Museo Civico Archeologico- Museo della Sanità e dell’Assistenza (18 maggio-17 luglio 2005), a cura di G. CAMPANINI, M. GUARINO, G. LIPPI, Skira, Milano, 2005, pp. 285-289; Guida al patrimonio dei Beni Culturali delle Aziende Sanitarie, Regione Emilia-Romagna, a cura di V. BORGONUOVO, G. CAMPANINI, Bologna, Bononia University Press, 2013; Il complesso monumentale di Santa Maria della Vita: santuario, museo, oratorio, Bologna, Bononia University Press, 2014.