Ricci Giacomo detto/a don Gimmi

24 luglio 1910 - [?]

Note sintetiche

Occupazione: Sacerdote

Scheda

Giacomo Ricci, «don Gimmi», da Michele e Oliva Sedi; nato il 24 luglio 1910 nell'Illinois (USA). Nel 1943 residente a Granaglione. Sacerdote. Parroco della Pieve di Capanne (Granaglione).
Entrato nel Seminario delle Capanne nel 1922, proseguì gli studi presso il Seminario regionale di Bologna e, nell'aprile 1935, fu ordinato sacerdote.
Dal 1935 al 1938 esercitò il suo ministero sacerdotale come cappellano della parrocchia di S. Paolo di Ravone.
Nel 1938 fu nominato dal cardinale G.B. Nasalli Rocca, parroco della Pieve di Capanne che resse fino al 1968. Dotato di forte personalità e di grande impegno caritativo, si prodigò per i suoi parrocchiani per alleviarne i disagi e le preoccupazioni.

Dopo l’8 settembre 1943, con la proclamazione della RSI, e la costituzione dei primi nuclei di resistenti, con gli altri parroci della zona si adoperò per aiutare spiritualmente e materialmente tutti gli abitanti.
Nella canonica furono ospitati ebrei, giovani renitenti alla leva, sfollati. A tutti non lesinò conforto spirituale. Fu punto di riferimento e «segno di libertà morale» per tutti coloro che gli chiesero consiglio. Con questa famiglia che cresceva continuamente, condivise preoccupazioni e sofferenze, infondendo in tutti serenità e fiducia, anche nei momenti di maggiore tensione e paura, generate dalla rabbiosa reazione nazifascista alle azioni di sobotaggio dei partigiani. Nonostante che sul prato retrostante la canonica i tedeschi avesserò installato la contraerea e il comando si fosse insediato nel Seminario delle Capanne, il 28 giugno 1944 nella sua canonica ospitò Alfredo Mattioli, ferito gravemente, che, dopo essere stato operato dal dottor Romolo Querzola, su richiesta di «don Gimmi» fu trasportato dai partigiani altrove per evitare ritorsioni sul parroco e la sua famiglia.
Il 10 luglio 1944 «il pastore coraggioso», come lo definirono i tedeschi, riuscì ad ottenere dal comando l'autorizzazione per recuperare, su Monte Cavallo, la salma di Iele Lorenzini. Sospettato di connivenza morale e aiuto ai partigiani della zona, su delazione, venne catturato, processato e condannato all'immediata fucilazione dal comando tedesco.
Fu salvato dalla sorella Amelia che, informata della sentenza da un tenente cattolico austriaco, si recò dal delatore imponendogli l'immediata ritrattazione delle accuse.
Il padre e la sorella Maria furono vittime della rappresaglia tedesca. [AQ]

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