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Umberto Righi

01 marzo 1917 - primavera 1944

Scheda

Umberto Righi, da Ugo e Ines Rossi; nato l’1 marzo 1917 a Bologna; ivi residente nel 1943. Laureato in lettere. Insegnante.
Nel 1940, quando era segretario del GUF bolognese — faceva le veci di Tulio Pacchioni chiamato alle armi - promosse la pubblicazione della rivista "Architrave". Era il foglio che gli universitari desideravano da tempo per poter affrontare i problemi relativi alla società italiana e alla dittatura. Fu una rivista che voleva fare la fronda, ma all'interno del sistema. Venne nominato vice direttore, anche se vi lavorò poco perché richiamato alle armi.

L'8 settembre 1943 si trovava in Grecia al quartier generale del comando dell'11a armata. Gli ufficiali discussero a lungo se dovevano o no unirsi ai partigiani greci per combattere i tedeschi.
Ha scritto in proposito Carlo De Luca:
«Fra i più decisi al combattimento contro i tedeschi era il tenente Umberto Righi, professore di storia e filosofia, antifascista, temperamento sportivo, avventuroso, talora sconcertante. I fatti si succedettero con tale rapidità che ben pochi riuscirono ad evitare la cattura. Io, assieme al Righi e ad una quarantina di soldati fummo rinchiusi in un carro bestiame, che fu sigillato già ad Atene, e non fu riaperto che dopo 5 giorni. Per amara ironia, a sportello aperto ci trovammo davanti altri carri pieni di militari tedeschi che viaggiavano in senso contrario, e ai quali parve gran cosa raccontarci della fuga di Mussolini. Il tenente Righi (che conosceva molto bene il tedesco) iniziò con essi una discussione, che si accalorò ad un punto tale da rendere prevedibile il peggio. Fortunatamente, ad un tratto si ripartì. Ma Righi, da solo, continuò a parlare, sempre in tedesco, sempre con lo stesso accento agitato; finalmente si calmò, si addormentò, tornò a monologare in sogno; e quando si risvegliò era impazzito.»
E ancora:
«Eravamo vecchi amici; mi presi cura di lui, non senza gravi rischi, che per lui ero divenuto, nelle tenebre della follia, un nemico, e due volte corsi pericolo di vita. Giunti infine alla stazioncina di Bremerwörde, dovemmo scendere e percorrere quattordici chilometri a piedi; a turno portavamo il bagaglio dell'infelice commilitone, e lo sorreggevamo. Era molto importante per noi che i tedeschi non si accorgessero del suo stato: certo lo avrebbero ucciso. All'ingresso del lager di Sandbostel, tutto ci apparve strano, tragico, greve di incognite angosciose.
Durante i primi appelli Righi riprendeva i suoi colloqui esagitati con le sentinelle, che non era facile rabbonire, tanto più che non potevamo comprendere cosa dicesse. Dopo qualche giorno, mentre noi dovevamo essere trasferiti in un altro campo per ufficiali, i tedeschi lo presero in custodia come ammalato, promettendoci di ricoverarlo per le necessarie cure. Andammo a Benjaminowo e, dopo l'avanzata dei russi, tornammo a Sandbostel nel marzo del 1944. Padre Grigoletto, che era rimasto al campo con i soldati, ci confidò che Righi era stato fucilato.»
(Il brano è in: P. Piasenti, Il lungo inverno dei lager. Dai campi nazisti, trent'anni dopo, ANEI, Roma 1988).
Gli è stata conferita la Croce di guerra al valor militare. [O]