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Mammina

1935 - 1950

Schede

«Nella concezione fascista il dovere delle donne verso la nazione consisteva innanzitutto e principalmente nel fare figli» (De Grazia 1993, p. 69).

Fin dalla metà degli anni Venti il regime fascista aveva dato inizio alla sua politica “pro-natalista”.  Quasi a voler porre un freno al femminismo dell’età liberale, Mussolini si concentrò sulla figura della donna come “risorsa nazionale”, sottolineandone l’importanza del suo ruolo di moglie e madre all’interno del focolare domestico. Alla campagna contro il celibato, l’omosessualità e la prostituzione fece infatti seguito l’ampio sostegno alla politiche maternaliste culminate con la creazione, il 10 dicembre del 1925, dell’Opera Nazionale per la Maternità ed Infanzia (OMNI), che prevedeva una serie di iniziative volte a ridurre il tasso di mortalità infantile e migliorare le condizioni di vita delle gestanti. Pensata per le madri in condizioni economiche disagiate, l’OMNI forniva consigli, assistenza e aiuti alimentari a puerpere e bambini. Dal punto di vista sociale i dati mostrarono risultati positivi: nel 1940 l’OMNI infatti - il «fiore all’occhiello del femminismo fascista» (De Giorgio 1992, p. 360) sovrintendeva a 9617 centri e disponeva di 59 «cattedre ambulanti di puericultura» (De Grazia 1993, p. 101) sostenendo un’ampia campagna di propaganda per l’utilizzo di nuovi metodi di cura prenatale e post-parto e di igiene infantile. Complessivamente queste politiche contribuirono a ridurre in Italia il tasso di mortalità infantile negli anni Venti e Trenta, pur restando indietro rispetto ad altre nazioni europee come Francia e Germania.

Nonostante questi dati, non si può non prescindere dalle implicazioni che tale politica ebbe al contrario sulla posizione sociale della donna. È indubbio infatti che nel sostenere la natalità e il ruolo di madre della donna italiana il fascismo finiva per «ricacciare le donne dentro la casa, dove dovevano contribuire al buon funzionamento della sfera privata come procreatrici e nutrici» (De Grazia 1993, p. 119), mentre le escludeva totalmente da ogni ruolo pubblico.

Un esempio del “ruolo” che la donna fascista doveva avere all’interno del regime si coglie dalla lettura di riviste come «Mammina», Rivista illustrata mensile della madre per il suo bambino. Sorta a Milano nel 1935 «Mammina» si rivolgeva alla «mamma, per aiutarla nel delicato e terribile compito che Dio e la Natura le hanno affidato» dal momento che il «Regime esalta la donna, al di sopra di ogni altra funzione, quella della maternità». Il programma del regime veniva riassunto in questo editoriale con cui Roberto Morettini si rivolgeva alle lettrici nel primo numero del giugno 1935.  La rivista si avvaleva inoltre della consulenza di pediatri e ginecologi delle più importanti strutture milanesi, ma non mancavano le pagine di narrativa, i consigli cinematografici e anche le ricette e i consigli per la casa (La mamma fa la torta, Piccoli segreti per la casa; 1° gennaio 1939).

La pubblicazione venne interrotta nel 1950.

Elena Musiani

 

Bibliografia dei periodici femminili lombardi. 1786-1945, a cura di Rita Carrarini e Michele Giordano, per conto dell’Istituto lombardo per la storia del movimento di liberazione in Italia, Milano, Bibliografica, 1993, pp. 219-221.

Michela De Giorgio, Le italiane dall’Unità a oggi, Roma-Bari, Laterza, 1992.

Victoria De Grazia, Le donne nel regime fascista, Venezia, Marsilio, 1993.