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Antonio Gnudi

27 agosto 1871 - 31 Gennaio 1948

Scheda

Antonio Gnudi, da Giuseppe e Maria Mascagni; nato il 27 agosto 1871 a Medicina. Dal 1884 residente a Bologna. Laureato in medicina. Libero docente di patologia speciale medica dimostrativa. Dovette abbandonare l'insegnamento nel 1931 - unitamente ad altri cinque docenti - per essersi rifiutato di prestare giuramento di fedeltà al regime fascista. Fu riammesso all'insegnamento nel 1945, dopo la Liberazione. [O]

Il seguente testo di Bruno Capellari è tratto da "Brodo di serpe - Miscellanea di cose medicinesi", Associazione Pro Loco Medicina, n. 15, dicembre 2017.

Antonio Gnudi era nato in via Saffi a Medicina, da una famiglia modesta, il 27 agosto 1871. Il padre Giuseppe e la madre Maria Mascagni ebbero tre figli maschi ed una femmina, la signorina Tina prediletta della casa che accudì prima i genitori in vecchiaia poi il fratello Antonio di cui fu sempre l’angelo custode. Mentre i fratelli intrapresero uno l’industria e commercio e l’altro impieghi amministrativi, Antonio, che era il più giovane dei maschi, scelse gli studi universitari in Medicina e Chirurgia, laureandosi il 5 luglio 1895 con una tesi sull’ascesso epatico all’Università di Bologna. Appena laureato entrò nella Clinica Medica diretta da Augusto Murri, come assistente effettivo, al fianco del dott. Luigi Silvagni, collega che gli sarà anche amico nella vita.

Sin dai primi anni di lavoro Gnudi seppe accattivarsi la stima e la massima considerazione dei colleghi per la sua alta professionalità; ancora giovane, nel 1901, fu nominato comprimario medico dell’Ospedale Maggiore e nel 1902 conseguì la libera docenza in Patologia Speciale Medica Dimostrativa e le sue lezioni furono sempre seguitissime e considerate avvincenti. Così lo ricordava il dott. Facchini che in quel periodo fu suo allievo: “Poco più che trentenne, ma già docente e circondato, oltre che da una aura di eletta stima e di aspettazione, anche da una larga simpatia umana ...maniere di squisita cortesia spontanea ed avvincente, parola facile dotta e ornata, espressa in una voce suadente quasi sempre di tonalità smorzata, talora poco più che mormorata, quasi timida: tale era Gnudi giovane, e così lo amavano gli studenti…”.

Ma la massima considerazione e stima la ebbe dal suo amico collega Silvagni e dal Maestro Augusto Murri che per lui aveva una cordialità espansiva che era predilezione. Tra di loro c’era una intima intesa mentale ed il Maestro lo teneva molto in considerazione per le di lui qualità ed attitudini di studioso facendosi sostituire più volte a tenere lezioni di Medicina Clinica all’Università. Quando il Murri, nell’ottobre del 1916 lascerà l’insegnamento per sopraggiunti limiti di età (75 anni), Silvagni ebbe l’incarico e Gnudi per sostenerlo fraternamente si offrì quale aiuto. L’anno successivo il Silvagni, per dissidi che aveva avuto coi quadri universitari, si dimise dalla Clinica e Gnudi, per dimostrargli tutta la sua amicizia, fece altrettanto. Ma il rapporto umano con Murri, anche dopo il pensionamento, non si interruppe mai. Gnudi si recava spesso a casa del Maestro e spesso il Maestro, che amava passeggiare, si recava a piedi dalla sua villa di Porta Santo Stefano sino al n. 32 di via Dante dove abitava Gnudi. Il prof. Murri veniva solitamente accolto da Cesare e Tina, che lo accompagnavano nello studio del fratello Antonio e lì rivivevano il passato comune, ricordando gli amici e soprattutto i fatti salienti dei diciotto anni di lavoro assieme al Sant’Orsola. Queste visite Murri le fece, quasi quotidianamente, fino a pochi giorni prima della sua morte che avvenne l’11 novembre 1931 alla venerabile età di 90 anni. In memoria di Murri, Gnudi si presterà a ripetute inaugurazioni e commemorazioni per ricordare la sua figura di grande luminare della medicina. Il 26 agosto 1932, invitato dal prof. Abbati inaugurò l’Istituto di Radiologia dell’Ospedale di Rimini, intitolato al Murri, tenendo un discorso commemorativo e scoprendo il busto di Augusto Murri. Alcuni anni più tardi, esattamente nel 1941, in occasione del centenario della nascita di Augusto Murri, tenne un altro discorso commemorativo per lo scoprimento di una lapide nella casa dove il Maestro aveva abitato.

Tante importanti conoscenze ed amicizie fece il Gnudi nel corso della sua carriera. Nell’ambito universitario conobbe anche Giovanni Pascoli che, in fin di vita, lo volle presente come testimone alla dettatura del suo testamento il 3 aprile 1912. Il Pascoli morirà tre giorni dopo. Il mese successivo, alla società medica chirurgica di Bologna nell’adunanza scientifica del 6 maggio 1912 Gnudi verrà incaricato di commemorare il Poeta. Oltre alla altissima fama di medico professionista, Gnudi era una persona cortese e gentile, d’animo zelante ed amorevole verso il malato e, grazie a queste qualità, in poco tempo divenne un medico di larghissima clientela. Nel corso degli anni si prestò a consulenze in rinomate città universitarie in gran parte d’Italia e fu medico prescelto da celebri personaggi dell’arte, letteratura e scienze. Tra tutti: Ada Negri e soprattutto Gabriele D’Annunzio. Della poetessa Ada Negri si sa che volle ringraziarlo di un consulto medico offrendogli la sua raccolta di versi “Vespertina” con la seguente dedica: “Ama l’opera tua ch’è solo Amore”. Il rapporto con D’Annunzio invece fu, oltre che in veste di medico, anche di sincera amicizia. D’Annunzio conobbe Gnudi tramite il prof. Murri che, prima di lasciare l’attività, aveva elencato al poeta drammaturgo tutte le qualità e capacità del Gnudi.

Il prof. Gnudi fu ripetutamente chiamato al Vittoriale soprattutto negli ultimi anni della vita di D’Annunzio quando questi richiedeva costanti consulenze sul suo stato di salute. Tra le poche visite rimaste documentate la prima porta la data del 27 luglio 1930 in quanto fu anticipata da un telegramma del 26 luglio 1930 e confermata da una lettera che il D’Annunzio inviò ad Arnoldo Mondadori, editore delle sue opere, lo stesso giorno della visita. In tale lettera il D’Annunzio, che chiamava Mondadori amichevolmente “Agnolo”, riferisce della visita medica fatta da Gnudi alla sua “Luisa” ed ha parole di elogio per lui. “Sembra che la sua scienza rechi in sè il lume dell’arte e che la sua attenzione si accompagni ad una misteriosa divinazione ...Antonio Gnudi, alto spirito che ha comunicato con me nel profondo, ama i bei libri e sa amare ogni cosa bella. Credo che gli offriremo i più belli esemplari usciti dalla tua diligenza: Alcione? Francesca? Fedra? Trionfo della Morte? Preferisce egli questo ultimo libro”. Alcuni giorni più tardi, il 6 agosto 1930, accompagnato da una sua lettera, D’Annunzio farà pervenire al Gnudi in dono il “Dantes Adriacus” di Adolfo De Carolis con la seguente dedica: “Maggior bontà vuol far maggior virtù”. Un’altra visita medica rimane documentata da una lettera del D’Annunzio datata 25 marzo 1933 nella quale anticipa al Gnudi una nevralgia alla gamba destra. Il dott. Gnudi lo visiterà il giorno successivo e come descritto nell’articolo del 27 marzo 1933, uscito su “La Stampa” di Torino, riferirà che “le condizioni del comandante sono in via di miglioramento”. Una successiva visita verrà fatta il giorno 5 maggio 1933 come riporta il quotidiano “La Stampa” del 6 maggio successivo. Nell’articolo il giornalista Giannino Omero Gallo scrive: “Gnudi, che è il medico di D’Annunzio (il medico che lo cura è sempre il dott. Duse) è tornato da Gardone ieri notte. Gnudi è un grande medico della scuola di Murri, ma è anche, come il suo Maestro, un uomo di lettere, un filosofo. Come io gli chiedo qualche notizia più positiva, oppure mi spieghi le vere condizioni di D’Annunzio, il grande medico mi fa vedere il testo del telegramma che spedirà al Poeta, domani, per rassicurarlo, completamente. È un testo in latino all’uso di una volta, ...a mo’ di sentenza non revocabile e di sicurissimo presagio, la diagnosi certa “Vis invicta viri tibi est ac semper sit”. Nel prosieguo dell’intervista il Gnudi conferma il buon stato di salute del D’Annunzio e manifesta tutta l’immensa ammirazione che ha per lui, con queste parole: “Non ho conosciuto uomo più pronto, più arguto, più agile, più fresco, più giovane, di D’Annunzio. Il suo spirito è vigile e primaverile. Le sue condizioni, perfette di uomo integro, con tutte le possibilità di lavoro e di pensiero. Parlando con lui, avevo la precisa immagine che egli fosse davvero, ancora e sempre, come vogliamo che Egli sia, principe di una gioventù inesauribile.” Un’altra visita verrà effettuata nel 1934 come testimonia una lettera del 18 luglio nella quale D’Annunzio scrive di una prossima visita che verrà effettuata “tra poche ore”.

Non si hanno più notizie di successivi incontri fino al 20 ottobre 1937 quando il D’Annunzio col seguente telegramma, indirizzato a “il Grande Antonio Gnudi” invitò al Vittoriale l’amico dottore: “Il ricordo di Te è sempre meco ma nella giornata di oggi mi è molto dolce parlare di Te come un protettore della mia vita e di un consolatore della mia vecchiezza. Ti scrivo una lettera coraggiosa e Ti esprimo il mio desiderio di rimettere nelle tue mani le mie sorti che forse sono estreme e forse non mortali. Ti abbraccio di gran cuore. Il tuo sempre Gabriele D’Annunzio.” Gnudi rispose con altro telegramma: “Tu mortale non sei, ma son pronto al tuo richiamo”. I particolari di questa visita, che precedono di poco la morte del Poeta, furono pubblicati dal giornale “L’Adriatico” in un articolo intitolato “Gabriele D’Annunzio e un medico umanista bolognese”. L’autore dell’articolo Alberto Coppa si compiace di ravvisare “affinità intellettuali fra il Poeta e questo medico di raffinati gusti umanistici e di una vibrante sensibilità estetica, che spontanea da lui traspira per ogni bellezza ed attrazione nell’Arte”. In quell’occasione il D’Annunziò donò a Gnudi una copia di “Fedra” ristampata in una edizione commemorativa, con questa dedica “Ad Antonio Gnudi, a quegli che abita le profondità e scava ogni giorno in sè come in altrui, offro la più greca delle mie tragedie, agitata in ogni pagina dal “male insonne” che una parola del sapiente e del guaritore fugò dalla mia anima inquieta. – 24 ottobre 1937 – Gabriele D’Annunzio.” Fu questa la penultima volta che Gnudi si recò al Vittoriale; dell’ultima non si hanno notizie precise ma presumibilmente fu in occasione degli ultimi giorni che precedettero la morte di D’Annunzio che avvenne l’1 marzo 1938. Con la morte di D’Annunzio si interrompeva una forte e sincera amicizia tra il Poeta e “l’amico consolatore” come il D’Annunzio amava chiamarlo.

Nella vita pubblica Gnudi ricoprì alcune cariche che gli vennero sollecitate ma non cercate in quanto il suo carattere non lo induceva a cercare onori. Fervido patriota com’era, dal 1909 al 1912 fu Presidente della Sezione Universitaria “Trento e Trieste” tenendo il discorso inaugurale alla Sala dei Notai in Bologna partecipando al Congresso dell’Associazione nel 1910. Durante la guerra mondiale, prestò servizio come medico volontario, sino alla fine del conflitto, raggiungendo il grado di tenente colonnello. Durante il quadriennio della guerra fu un promotore dell’idea patriottica e membro attivissimo del Comitato bolognese “Pro Patria” di cui era presidente l’onnipresente amico dott. Luigi Silvagni. Il successivo periodo fascista fu dal Gnudi completamente ignorato ed il suo silenzio fu rotto soltanto nel 1931 quando, per motivi più psicologici che politici, rifiutò il giuramento al regime e di conseguenza fu dispensato dall’insegnamento. L’unica carica che mantenne fino al termine della sua vita fu quella di Presidente dell’Ospizio Marino a Bellariva di Rimini, intitolato ad Augusto Murri che, benefattore dell’istituzione, volle aperto anche d’inverno, primo Ospizio in Italia. All’Ospizio Marino Gnudi, coadiuvato da altri medici amici, dedicherà tutta la sua opera di medico esimio ed umanitario ai bambini predisposti alla tubercolosi. Tale ospizio, negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, fu trasformato in Colonia Marina, utilizzato dal Patronato Scolastico di Medicina, che tanti medicinesi avranno tra i ricordi della loro infanzia. Di Gnudi persona, tutti coloro che lo hanno conosciuto hanno fatto un ritratto di perfetto gentiluomo, di una rettitudine ineccepibile, dolce e affabile, soccorritore dei bisognosi che confortava moralmente. Non fu mai severo anche quando ne avrebbe avuto il diritto, mai vendicativo anche quando il suo animo veniva ferito. Sensibilissimo alla musica, cultore della letteratura raccoglieva libri rari, amò il bello e l’Arte in tutte le sue forme. Ebbe un affetto tenerissimo verso i propri genitori e fratelli che volle tutti presso di sé nella sua casa di via Dante, non appena se la potè concedere. Gnudi non formerà altra famiglia e tutto il suo amore e le sue attenzioni saranno rivolte ai genitori ed ai fratelli che ad uno ad uno scomparvero e rimase ad accudirlo la dilettissima sorella Tina. La sorella sarà di prezioso aiuto affettivo e materiale quando su di lui sopravvennero malattia e morte.

Il 22 marzo 1944 mentre passeggiava in una sua proprietà a Dozza Imolese fu colpito da un ictus che lo costrinse a letto paralizzato nella parte destra. Il giorno seguente un bombardamento squarciò la casa di fronte alla sua che fu lesa, ma miracolosamente Gnudi non ebbe ulteriori danni. Nel corso di lunghi mesi, grazie alle cure dell’amico dott. Antonio Luttichau migliorò notevolmente e soprattutto la mente fu salva. Il 17 maggio 1946, ancora claudicante, non volle mancare alla commemorazione di Luigi Silvagni, antico amico e compagno di lavoro. Ma qualche mese più tardi, nel dicembre 1947, sopraggiunsero complicazioni che lo costrinsero al letto e alla poltrona. La morte lo rapì nel pomeriggio del 31 gennaio 1948. Con Antonio Gnudi scomparve una luminosa figura di uomo e medico. La sintesi della sua vita sta ancora nella parola del Poeta amico: “Maggior bontà vuol far maggior salute”.