Rambaldi Giovanni

Rambaldi Giovanni

4 Luglio 1924 - 1 Dicembre 2002

Note sintetiche

Scheda

Nato presso le risaie della Fiorentina il 4 Luglio 1924, Giovanni Rambaldi trovò i primi interessi nel lavori agricoli della zona, dei quali acquisì presto buona conoscenza e buona pratica, ma poi indirizzò i propri studi verso gli allevamenti del bestiame domestico, laureandosi in Medicina Veterinaria nell’Università di Bologna. Durante uno sciopero ad oltranza dei lavori agricoli s’era già distinto per la sua opera assidua verso il bestiame che vi veniva trascurato, ed esercitò poi la libera professione, ma dovette presto trasferirsi a Bologna per la promozione commerciale dei prodotti zootecnici con consulenza veterinaria negli allevamenti, e per l’attività professionale in un proprio studio. 

Peraltro la passione per l’arte, che aveva sin da ragazzo, lo spinse sempre a disegnare, dipingere ed anche scolpire, facendo opere in terracotta ed in bronzo. I paesaggi e le grandi fatiche dei lavoratori agricoli d’un tempo furono il soggetto preferito dei disegni e dipinti, nei quali comunque si notano pure delicate nature morte, cavalli, mentre con la terracotta e col bronzo fece pregevolissimi ritratti, non disdegnando i suoi cari cavalli, vedute, bozzetti umoristici. Studioso attento, ed artista dall’alta sensibilità poetica, alla sua Medicina ha voluto segnalare un veterinario insigne, Adelmo Mirri, oriundo di Ganzanigo, divenuto docente universitario e benemerito anche per medicinali nuovi e di grande efficacia: e con un vivace busto in bronzo l’ha ricordato nel locale Museo civico; al musicista Vannini ha dedicato invece la statuetta raffigurante un religioso all’organo, anch’essa ora nel medesimo Museo, mentre per il Radiotelescopio ha fatto una bella targa, ora nell’ingresso dell’istituto. Fra i dipinti si notano le vedute della bassa (oltre a quelle di Bologna e delle Alpi); fra i ritratti bronzei è particolarmente realistico l’autoritratto (propr. priv), mentre è indubbiamente vivace quello dello scrivente (ora della Partecipanza agraria di Villa Fontana). Ma oltre a partecipare ad importanti mostre collettive, Rambaldi è stato il principale organizzatore delle mostre “Incontro a Medicina”, del 1994, e di “Artisti Medicinesi”, del 1995. Ha pure data ampia collaborazione allo scrivente per la cronistoria di Villa Fontana (edita nel 2001), con molte notizie, due scritti (sulle risaie e sulla 2ª guerra mondiale), fotografie e sopralluoghi; gli era spiaciuto che solo dopo la pubblicazione io avessi trovato l’origine romana del toponimo Fiorentina (da “terra fiorentina”, con molti fiori), del che era orgoglioso.

D’altronde se nei disegni sulle fatiche agricole (in copia ora pure all’Archiginnasio di Bologna) è facile individuare i suoi primi lavori (che nella bassa medicinese sono stati manuali sin oltre il 1950), nel dipinto sulla trebbiatura è ben raffigurato quel polverone che troppo ben ricordava, perché ne era il fastidio maggiore (ma che nessun pittore aveva prima di lui messo). Le frequenti residenze estive a S. Martino di Castrozza gli hanno ispirato suggestive vedute alpine (anche del Feltrino), ma nei paesaggi della bassa i filari di pioppi dalle foglie ancora tenere fanno da contrappunto alle acque stagnanti ed ai giochi delle luci dei tramonti o dei meriggi infuocati. C’è una maestria tecnica che ben rende sentimenti forti, ricordi nostalgici, pensieri ora gioiosi ed ora tristi di un’umanità profonda. E quando dipinge una cavalla col puledrino neonato, ed un’altra al pascolo col suo puledro già grandicello mette lo stesso forte sentire che ritroviamo nelle sculture “Maternità”, “Zingarelle”, “Mestizia”, “Bambino dormiente”, “Momento ... homo”, “Maldicenza”, “La cupidigia”, “Mezzosigaro”, “Rodeo d’amore”, ecc..., opere dalla vivace espressività oltre che eseguite con tecnica perfetta, attenta ai particolari anatomici come alle proporzioni ed alla levigatezza delle forme. I ritratti in scultura ugualmente si ammirano sia per la somiglianza assoluta che per la minuziosità dei particolari e la vivacità dell’espressione. Già ne ho ricordati tre, ma ho avuto la possibilità di vedere pure quelli dei professori Francesco Faggioli e Carlo Nucci, di Padre Marella e dell’arch. Gaetano Marchetti, del dott. Giuseppe Castagnoli, del rag. Giuliano Barbato, del dott.Giancarlo Mazzuca, e di Romano Prodi, Indro Montanelli, Maurizio Costanzo, Omero Locatelli. Ha esposto le sue opere, oltre che a Bologna ed a Medicina, anche in importanti mostre di Arona, Santa Margherita Ligure, Riolo Terme, Malosco, Cortemaggiore, Pistoia, Lissone, Breno, Riccione, Castenaso, Minerbio, e poi a Coburgo, Antibes, New York, ecc... Giovanni Rambaldi è dunque uno di quegli artisti le cui opere sono destinate a suscitare sempre vive emozioni, perché sono generate dall’intuito, da una forza primigenia ed irrefrenabile, da un riscontro ben chiaro ed esatto nel sentimento, da un significato poetico perenne. Nei suoi dipinti, le nature morte, i paesaggi, gli animali, rievocano con immediatezza e calore quella natia campagna di cui ha saputo ammirare entusiasta ed estatico i colori mutevoli nei giochi delle luci che costruiscono merletti e trasparenze infiammate o vellutate.

Nelle sculture in bronzo o in terracotta, dai somigliantissimi ritratti cui manca solo la parola, ai nudi, alle caricature fatte con infinita leggerezza, ancora ai cavalli scalpitanti o sbuffanti, si rileva una maestria che è riduttivo definire rara, e che comunque non nasconde un preliminare minuzioso lavoro di scelta, di studio attento del vero e dell’autentico. Con i suoi molteplici interessi culturali, è riuscito meglio ad esprimersi con una produzione artistica di valore estetico rilevantissimo, eppur tesa ad un ideale di bellezza ed espressività sempre più elevate. Importante è l’articolo che su di lui ha scritto il Prof. Paolo Zauli sulla Rivista “Alla ribalta” luglio 2002. Scrive Zauli: “Penso che la più fervida immaginazione non abbia mai pensato che Giovanni Rambaldi, stimato veterinario, di rare capacità professionali, un giorno, deposto per sempre il bisturi, improvvisamente si scoprisse pittore e scultore. Forse un hobby, accantonato per anni, poi la scoperta di una creatività impellente e tenuta, forse da troppo tempo, sotto la cenere del suo caminetto. In Giovanni esplodono infine la pittura e la scultura, a cui si dedica con passione emotiva. Subito si rivela non dilettante, ma vero professionista, nonostante che non sia ‘reduce’ da qualche Accademia, in una Bologna dove le Scuole d’Arte pubbliche e private pullulano”.

Della sua pittura, in particolare, ha scritto Mauro Donini: “Una pittura che fa sognare e che tecnicamente si fa apprezzare per la scioltezza dell’impostazione, per la creatività e compostezza dell’immagine”. Delle sculture ha scritto Succi: “Linguaggio realista, una semantica che supera l’ornamento per scavare e trarre al vivo l’intensità dei significati, per stabilire un concetto del bello, talvolta ingrato, ma nuovo, profondo e convincente”. Con speciale riferimento alle opere presentate nell’ultima collettiva cui ha partecipato, ha scritto (nell’introduzione alla mostra) la Prof. Giovanna Pascoli Piccinini: “(...) E’ un innamorato della natura e, in particolare, delle coltivazioni. In parte lavora sia come pittore che come scultore e ha due fasi contrapposte (specie nella scultura): una classica ed una moderna, ma spera di proseguire nel moderno. Si tratta di un buon elemento, sia per l’apporto culturale, come per quello artistico. In pittura, conosce ed applica bene “les nuances” e presenta dei momenti del giorno e della sera – come paesaggista – molto gradevoli. Diverso è nella scultura, dove rivela oltre a una grande forza, anche dello spirito e della fantasia tanto da ricordare Arkipenko. Oggi sta provando l’astratto con pezzi moderni di tutto rispetto.

Fin dall’esordio, buttò sul tavolo della critica alcune costanti che sorpresero e, subito, lo differenziarono: un’emotività scoperta, una sorta di tensione densa di umore che lo conducevano a dilatare, a cogliere ogni istante, ogni immagine in tutta la sua poesia (es. Il mio paesaggio - spatolato e Paesaggio alpino). Di conseguenza, un occhio sensibile al colore, al colore emozione che era, in ultima analisi, la traduzione plastica della sua poesia (che, poi, sviscererà, in modo diverso proprio nella scultura). Uscito dalle macerie (metaforiche o quasi) con profonde ferite, Rambaldi sembra trovare nel colore, un’esplosione, un’ansia di vita. L’emozione tende il colore, lo muove, è un porto nella quiete di una maturità che si è svolta, liberata, giorno per giorno con una linearità, una coerenza esemplari. Così, un poco alla volta, in solitudine, l’artista ha elaborato i dati di un figurativo moderno servendosi di una cultura artistica che si è costruito pazientemente da solo, con una tecnica degna di rispetto e di ammirazione. Per un artista la rappresentazione delle fonti, l’analisi filologica, hanno senz’altro il loro interesse e presentano anche uno stato di necessità, ma ben sappiamo che, alla fine, sono i risultati a contare, vale a dire la personalità che un artista ha saputo offrire. Come scultore, Rambaldi è arrivato oggi ad un bivio cui è stato condotto dai suoi stessi interessi. Da un lato la ricerca di una plastica mirante alla strutturazione degli aspetti umani o animali, plastica che, legata alla maniera tradizionalistica, ne mantiene in pieno gli aspetti formali, dall’altro una ricerca di forme pure strutturate (a mio parere più congeniale alla personalità dell’artista) in modo da sviluppare un movimento ritmico con sagome astratto - simboliche che ci portano ad un atavico periodo memoriale. E queste nuove sculture potrebbero aprire nuove suggestive strade allo scultore a cui non mancano certo capacità e tecnica costruttiva.”

È morto improvvisamente (per infarto) a Bologna il 1° Dicembre 2002, con la gioia di una mostra appena inaugurata, in cui le sue opere erano state molto apprezzate, facendogli dire che quello era stato uno dei giorni più belli della sua vita. È ora sepolto nel cimitero della Fiorentina. La notizia della sua morte è stata data in un articolo (ne “Il Resto del Carlino” 4 Dicembre 2002) di Mauro Donini. Toccanti e significative poi le parole che sul suo feretro (in S. Maria Maggiore di Bologna, il 4 Dic. 2002) ha detto l’assessore comunale Prof. Lorella Grossi: “...La tua sensibilità umana, l’attaccamento alla campagna e ai ricordi del passato era la forza della tua opera artistica. ...I tuoi quadri e le tue sculture parlano il linguaggio del tuo cuore: indugiare sui paesaggi nei momenti più toccanti delle stagioni e della giornata, trasmettere i ricordi, i sentimenti importanti, le esperienze indimenticabili. ...Oggi ricordo con particolare angoscia l’urgenza che avevi nella settimana precedente la tua scomparsa, di sistemare “le cose”, di donare le tue opere sia all’Osservatorio di Fiorentina sia alla Bonifica Renana, di realizzare la mostra di Rastignano e di pensare alla mostra di Medicina, tuttavia come una cosa lontana, non tangibile. Era quest’ultima come una porta aperta sul futuro, ma era la tua un’urgenza che sapeva di premonizione, forse la tua scomparsa è stata improvvisa solo per noi...”.

Aldo Adversi

Testo tratto da "Brodo di serpe - Miscellanea di cose medicinesi", Associazione Pro Loco Medicina, n. 1, ottobre 2003.

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Brodo di serpe - Miscellanea di cose medicinesi, Associazione Pro Loco Medicina, n. 1, ottobre 2003. © Associazione Pro Loco Medicina.