Quattro santi certosini

Quattro santi certosini

Scheda

Sull’origine dei quattro dipinti è di aiuto la presenza dell’emblema cartusiano al centro dell’architrave, nel pannello principale con San Giacomo Minore. La conferma della provenienza dal convento bolognese viene da un testo presente nell’Inventario datato 1797 (Bologna, Archivio di Stato) ove viene descritta una spalierata di pioppa colorata berettina, e gialla con suo sedile sotto, con 4° piccole statuette sotto rapp.ti Santi colorati berettini. Dopo il 1797 la 'spalierata' è stata oggetto di una ulteriore manomissione che l’ha portata allo stato rilevato prima del restauro, coi pannelli riadattati come decorazioni per lo ‘scrittoio’, a sua volta incluso in maniera incongrua nel grande armadio seicentesco della sacrestia. Dal punto di vista iconografico le opere appaiono frutto di una meditata volontà celebrativa dell'ordine certosino, permeate da una atmosfera festosamente trionfale. Il nome di Amico Aspertini è proposto come il più probabile per un’opera come questa, quasi di artigianato minore, ma per molti versi straordinaria. Un particolare estremamente interessante che riporta direttamente al pittore sono le architetture della tavola decurtata, quasi sovrapponibili alla tarsia pavimentale con il Giudizio di Salomone della chiesa di San Martino a Lucca, città dove Aspertini ha lasciato affreschi e tavole. Nel Catalogo de’ Priori della Certosa … (Bologna, Archivio di Stato), in corrispondenza del priorato di Gregorio Napelli iniziato nel 1553, si ricorda come “questo fece fare le spallierate del Capitolo, dipinte con bellissime prospettive, e così parimenti l’appart.to del Priore, quello cioè d’abbasso che fu spallierato, e dipinto come l’altro dal medesimo autore”. Amico Aspertini era morto da un anno, ma un’altra notizia riportata nei “Monumenta Chronologica Cartusia Bononiensis” (Bologna, Archivio di Stato), datato 1678, consente di anticipare l’inizio dei lavori delle 'spalierate'. In questo indice annuale, al giugno 1553, viene annotato come “completum fuit ornamentum ligneum Capituli nostri”.
Il Capitolo, più tardi, dovette subire modifiche significative prima con la collocazione del grande dipinto di Giovanni Maria Viani, poi verso il 1777 con quello di Ubaldo Gandolfi. I quattro pannelli ora recuperati rappresentano dunque solo un frammento di un più vasto complesso, già disperso nella memoria dell’Inventario del 1797.

Roberto Martorelli

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