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Natali di guerra

1915 | 1918

Schede

Gli anni del primo conflitto mondiale scombussolarono anche il modo di affrontare le ricorrenze tradizionali: il Natale è una di queste. Sicuramente all’inizio del ‘900 la festa del Natale era una ricorrenza con una forte valenza religiosa, anche se già il moderno “consumismo” faceva capolino. Focalizzandosi sull’area emiliano-romagnola, vediamo come questa festività venne vissuta negli anni della Grande Guerra a Bologna, attraverso la lettura dei quotidiani cittadini, in particolare Il Resto del Carlino e l’Avvenire d’Italia:

Natale bolognese (Il Resto del Carlino, 25 dicembre 1915) | Questa festa di Natale, che ha, da secoli, in tutto il mondo due aspetti diversi, uno tutto leggendario, piamente spirituale e mistico, l’altro famigliare e lieto, evocante grassi simposi dinanzi alle alte fiammate dei focolari, fra gaiezza di doni e trillar di risa infantili, questa festa sembra fatta per essere celebrata a Bologna, nel suo doppio aspetto, meglio forse che in alcun altro luogo. La grande città, che serba ancora, pur fra gli sventramenti e gl’ingrandimenti moderni, tante linee del suo antico aspetto venerando, non richiama forse, in molti suoi punti, le ricche architetture fantastiche che i nostri pittori posero a cornice dell’idillio di Betlemme? Fra i fini archi deliziosi di S. Maria dei Servi “nella penombra dei fuggenti portici” non potrebbe forse passare l’annunciata sottile e bionda, non potrebbero palpitare le ali verdi di Gabriele, come nei quadri dell’Angelico? La fastosità quasi orientale di Porta Saragozza non par creata per servir di sfondo al corteo smagliante di Erodiade… E forse non è come un immenso presepe il paesaggio della Madonna di San Luca, dove è facile evocare, come in una miniatura di messale, pastori e pastore, e gregge, a Re da fiabe aggirantisi fra i verdi meandri del colle? E l’altro aspetto del Natale, la grande festa mangiatoria, dove dunque potrebbe meglio spiccare che in Bologna la grassa, nella città magnificamente pronta ai banchetti pantagruelici? Dove dunque si possono trovare ricchezze più riboccanti e più squisite per la cena e il pranzo natalizio che uniscono le famiglie intorno alla tavola ben preparata? Dove mai i negozi offrono mostre più appetitose, tacchine più trasudanti il grasso, anguille nuotanti in più denso brodo, uve più superbe, dagli acini d’oro grossi come susine? E i salumi celebri della regione, le mortadelle e le galantine delicate, variegate di bianco e di roseo come un marmo commestibile, i prosciutti eccellenti, i grossi zamponi dalla pelle lucida! E i formaggi e i burri venuti da ogni parte del mondo dal vario e tenero gusto di crema, e i dolciumi fini, le ricche torte di frutta, tutto ciò che attira il palato, tutto ciò che può far rallegrare l’anima di Rabelais o ispirare la mente d’un pittore di natura morta! Natale, festa della mensa famigliare, dove ti si potrà celebrar meglio che nella città delle due Torri e dei tortellini? Ma quest’anno, come dovunque, anche a Bologna il Natale ha assunto un aspetto speciale, Natale grigio-verde, Natale di guerra. Il Pavaglione e via Indipendenza son piene di soldati e d’ufficiali, echeggiano di tintinnii di sciabole e di parlate dialettali d’ogni provincia. Nelle belle chiese antiche è tutto uno sfilar di gente che si inginocchia dinanzi agli altari, e prega fervorosamente, ardentemente; e a guardarla voi comprendete per chi prega così, voi sentite la supplica appassionata che si leva per la vita d’un caro assente, figlio, padre, marito, fratello, che arrischia la vita, nel Trentino o sul Carso, per l’Italia. E, se i negozi di cose mangerecce son pieni, quanta parte degli acquisti se ne va al fronte, quanta cioccolatta, quante scatole di conserva, quanti biscotti riuniti in pacchi, inviati lassù, a portar gaiezza e conforto e come un profumo della famiglia lontana e non obbliosa al soldato che, nella sua trincea, ricorda i Natali degli anni scorsi, ma è lieto di offrire alla patria anche questo sacrifizio! Poi vi sono i pacchi d’indumenti di lana e i giocattoli per i figli dei richiamati, e i vestiti per i bimbi dei profughi, e gli alberi per gli ospedali militari: in tutta Bologna ferve l’opera instancabile per cercar di far lieta la grande festa famigliare a chi combatte per l’Italia e a chi soffre per lei. Così nel finire di questo fiammeggiante e sanguinante 1915, nell’affacciarsi del 1916 che ci darà Trieste e Trento, le così a lungo sospirate, Bologna celebra il Natale senza baldorie, con un sorriso d’affetto fiducioso e fedele; e come l’anima dei Magi … così l’anima dell’antica città che ha la libertà nel suo stemma si affisa nella stella d’Italia, astro che promette libertà e vittoria. Dicembre 1915, Haydée.

La città, già mobilitatasi ampiamente con il Comitato di Azione Civile e le decine di associazioni sorte a supporto dei soldati e del fronte interno, si muove anche in occasione delle festività. L’intenzione è quella di rendere il Natale una giornata “felice” per i soldati e per le persone più bisognose, in particolare i bimbi dei richiamati di famiglie bisognose. Vengono così organizzate intense attività per la “festa dell’Albero di Natale”, per organizzare la raccolta e la spedizione di “Doni ai Combattenti”, per la distribuzione di pacchi dono alle famiglie più indigenti. In occasione del Natale 1915, attraverso spettacoli e passeggiate cittadine di beneficenza, e con raccolte di fondi presso Enti, aziende e privati, il “Comitato per l’Albero di Natale” riuscì a raccogliere donazioni che permisero di realizzare ben 3.217 pacchi natalizi che il 24 dicembre vennero consegnati ai bimbi di famiglie bisognose. La cerimonia si svolse presso le varie scuole: la sera precedente i pompieri portarono i pacchi dal luogo di raccolta alle diverse scuole; il mattino seguente la distribuzione venne gestita dalle insegnanti e dalle signore dei tanti Comitati cittadini già ampiamente impegnate in attività similari. Ogni “sporta” conteneva 1 kg di carne di manzo, 1 kg di fiore di farina e una scatola di dolci. In più, ai bimbi più poveri, vennero distribuiti anche indumenti. Alle 13,30 poi tutti i bimbi vennero guidati dalle loro maestre presso due cinematografi cittadini, il Bios e la Borsa, dove venne proiettato uno spettacolo tutto per loro, al termine del quale ogni bimbo o bimba presente ricevette un dono a sorpresa: una bambola per le bimbe ed un fuciletto di legno per i maschietti. Al termine, estrazione di 22 “grandi doni”, 11 per le femmine e 11 per i maschi. Ma l’incredibile giornata dei bimbi bolognesi non terminò qui: sempre accompagnati dalle insegnanti e dalle accompagnatrici volontarie, vennero condotti al Teatro comunale, dove la banda municipale diretta dal maestro Ranalli eseguì un concerto loro dedicato.

Gli abbondanti fondi raccolti servirono poi anche a dare sollievo ai soldati ricoverati negli ospedali cittadini: “La festa di Natale, così piena di dolorosi contrasti, non poteva riuscire più intima e famigliare. Senza bisogno di rèclame, senza avvisi sui muri o articoli sui giornali, le nostre Signore infermiere della Croce Rossa, visitatrici di Ospedali, maestre elementari, rivolgendosi solo alla pietà affettuosa di chi sente in ogni militare degente un membro della propria famiglia, hanno potuto ieri distribuire nei vari Ospedali circa 6000 pacchi rallegrati da ben 60 Alberi di Natale. Era quasi tutta Bologna femminile, dalle bimbe che hanno offerto la sigaretta, il fazzolettino, la saponetta, alle Signore che hanno dato le 100, le 200, le 300 lire: 6000 pacchi press’a poco dello stesso valore, dalle 2 alle 3 lire l’uno, ma variati nel contenuto, variatissimi nella forma, dove si è potuto sbizzarrire la patriottica fantasia delle offerenti”. Vennero anche donati, dal “Comitato per la raccolta libri ai degenti degli Ospedali”, 1000 volumi delle opere di Carducci e di Pascoli da distribuirsi ai 250 ufficiali degenti a Bologna. Il “Comitato per l’Albero di Natale” si premurò anche di acquistare, sempre grazie alle donazioni, gli alberi di Natale da portare nelle comunità più “sofferenti” (ospedali, ricoveri per bisognosi, dopo il 1917 per i profughi, orfanatrofi...) per allietare le giornate di ricoverati e bisognosi. Lo stesso comune di Bologna risulta tra i donatori nella raccolta di fondi.

Infine, in questa breve panoramica, ricordiamo anche l’opera di raccolta per i doni ai soldati al fronte, svolta dall’ “Ufficio Doni e Propaganda” che aveva sede centrale a Bologna. L’Ufficio esisteva sin dall’inizio del conflitto, ma fine 1917 fu potenziato, per tentare di risollevare il morale dell’esercito e della popolazione civile, che rispose con il consueto entusiasmo. Con la partecipazione di Comune e Prefettura, ma anche delle principali associazioni patriottiche quali la Pro-Patria e la Dante Alighieri, nel 1917, all’indomani della rotta di Caporetto, venne invece organizzata una enorme raccolta, che portò alla spedizione di 80.000 “doni” per i soldati al fronte e per i soldati “in viaggio” (coloro che erano colti dalle festività in un momento di licenza e viaggiavano verso casa). Certo, in questi articoli le problematiche della popolazione più povera, cittadina o extra-cittadina, restano decisamente marginali, se non nelle citazioni dei “bambini bisognosi”, e certamente le parole di Haydée sembrano riferirsi ad un mondo molto particolare, si potrebbe dire idilliaco, che costituiva comunque uno dei volti della città in guerra.

Mirtide Gavelli