La Guerra sulle Alpi: 1915 iniziano le ostilità tra Ortles e Cevedale

Scheda

Il 24 maggio 1915 nel settore Ortles-Cevedale passò senza udire un colpo di fucile, e le truppe continuarono a lavorare per migliorare le difese e gettare nuovi ostacoli passivi davanti al nemico. Gli avamposti italiani sullo Scorluzzo erano in particolare apprensione perché il dominio del monte dava la possibilità di vedere nelle retrovie austriache del passo dello Stelvio. Una ricognizione di Alpini alla Forcola di Cedec aveva evidenziato come il nemico si fosse installato dentro alla baracca che oggi è il rifugio Solda (2.624 m.). Il 7 giugno un pattuglione austriaco, protetto dall'artiglieria, scacciò gli italiani dallo Scorluzzo; per l'avversario significava recuperare tranquillità di movimento lungo la strada dello Stelvio e possibilità di sparare a colpo sicuro sugli Alpini che si avvicinavano salendo da Bormio. A complicare le cose per gli italiani era il confine con la neutrale Svizzera, che all'altezza dello Stelvio quasi separava i due schieramenti; questo schermo geo-politico favorì gli austriaci che poterono costruire baraccamenti a ridosso delle sentinelle elvetiche, al riparo dai colpi della artiglieria italiana del forte Dossaccio.
La perdita del monte Scorluzzo fu sottovalutata dai comandi italiani, che non operarono per una immediata riconquista, pur nell'evidenza che il nemico si era messo subito all'opera per costruire bunker e caverne con l'intenzione perciò di blindarlo e mantenerlo proprio. Un primo tentativo di riconquista avvenne la notte del 20 luglio: due compagnie di Alpini attaccarono le posizioni avversarie scontrandosi con una forte resistenza sostenuta da mitragliatrici in caverna e tiro di cannoni da montagna; l'azione fu sospesa dopo poche ore, con la perdita di quattro soldati italiani che ebbero il triste primato di essere i primi morti dello Stelvio.
Nei giorni seguenti gli austriaci tennero atteggiamento offensivo e si installarono su alcune cime da cui poter controllare le retrovie italiane; occuparono così cima Vitelli che diede loro il dominio delle creste del monte Cristallo e della sottostante val Zebrù. Agli italiani non rimase che migliorare la difesa al passo dell'Ables e al passo dei Camosci. La Capanna Milano divenne ricovero per uomini e centro di rifornimento per gli avamposti avanzati della linea Croda Trafoi – cima Trafoi – Cono Gelato (3.549 m.) – Gran Zebrù e Zebrù. Questi colpi di mano erano serviti per aggiustare le rispettive prime linee; dal Gran Zebrù al passo della Sforzellina gli austriaci dominavano il campo di battaglia, protetti da postazioni di artiglieria al passo del Lago Gelato che riceveva rifornimenti attraverso la testata della Val Martello; altre batterie si trovavano al passo del Cevedale, mentre posti di fanteria si estendevano sino al monte Vioz dove erano sorti baraccamenti e ricoveri. Gli italiani si erano installati più in basso, dal Gran Zebrù fino al Gavia, appoggiandosi per la copertura di artiglieria alla batteria del Forcellino che per la sua posizione risultò sempre molto efficace.
Furono gli austriaci, facilitati dalle posizioni più alte, a prendere l'iniziativa e ai primi di agosto un pattuglione discese sino al ghiacciaio dei Forni, prendendo sotto il tiro di fucileria l'albergo omonimo; all'interno erano di servizio una ventina di Alpini, che risposero al fuoco tenendo lontano gli attaccanti.
Visti cadere alcuni compagni ed il loro sergente, gli austriaci preferirono ritirarsi. Lo scampato pericolo fece prendere al comando italiano la decisione di aumentare gli uomini lungo la prima linea; per farlo si ricorse anche ai volontari Valtellinesi, creando di fatto una centuria formata da 40 Alpini del Tirano, 40 volontari, 20 soldati di artiglieria con un pezzo da montagna. Questo gruppo di soldati e montanari esperti operò per circa tre mesi, utilizzato in ricognizioni e colpi di mano; uno di questi accadde verso la metà d'agosto, quando un pattuglione della centuria penetrò in profondità nelle retrovie austriache sino al rovescio del monte Madaccio. Intercettato, riuscì a sganciarsi riportando bottino di guerra e preziose informazioni: l'azione valse una segnalazione sul bollettino di guerra del 17 agosto.
Per il mese di ottobre il comando italiano aveva intenzione di riconquistare il monte Scorluzzo: furono concentrate nelle retrovie le forze necessarie con ampio parco di artiglieria, ma gli austriaci, accortisi delle manovre, predisposero le necessarie contromisure. Nei giorni precedenti l'azione osservatori italiani si resero conto che espugnare il monte avrebbe portato alla morte centinaia di soldati difficilmente sostituibili per mantenere le posizioni; vista la scarsità delle riserve, con l'inverno ormai prossimo, l'azione fu rimandata alla successiva primavera. In novembre iniziarono le valanghe. Il giorno 13 se ne staccarono due facendo una decina morti, il 26 un'altra distrusse una baracca sotto il Gavia. Numerosi furono i casi di congelamento agli arti inferiori e le malattie polmonari.

Paolo Antolini

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Bibliografia
La guerra a tremila metri. Dallo Stelvio al Gavia
Luciano Viazzi, Ulrico Martinelli
1996 Chiari, Nordpress Edizioni
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