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La Guerra nelle Dolomiti. Il Masarè delle Tofane, luglio 1916

Battaglia 10 luglio 1916

Schede

Sul finire del 1915, le condizioni meteo, neve e freddo implacabile, avevano portato ad una stasi delle operazioni di guerra; il tentativo di aggiramento della Tofana di Roces si era fermato nelle vicinanze della forcella di Fontananegra all’imbocco del valloncello del Masarè, dove in luglio era caduto il generale Cantore, fulminato da un cecchino austriaco. Il 12 marzo 1916, gli alpini tentarono un cauto attacco, con la speranza che le numerose valanghe abbattutesi nel valloncello durante l’inverno dalle pareti a picco della Tofana di Roces e Tofana 3a avessero sepolto le posizioni nemiche: l’attacco fu facilmente respinto. Nei mesi successivi gli austriaci potenziarono ulteriormente le difese collegando i vari massi sparsi del Masarè con muretti a secco e reticolati; furono predisposte posizioni per le armi automatiche, la più importante delle quali era la cosiddetta Roccia delle Caverne, che gli italiani chiamarono il Sasso Cubico. Il 10 maggio lo stesso capitano Barborka, soprannominato dai suoi uomini Padre per la grande umanità, aveva condotto una pattuglia ad occupare la quota 2758 della Tofana piccola, la Nemesis da cui l’ufficiale si riprometteva di riconquistare la cima della Tofana 3a abbandonata nel 1915. Di fronte alla Nemesis vi era un spalto roccioso denominato Punta Tre dita dotato di mitragliatrici e caverne con baracche per la truppa; a fine lavori la linea difensiva austriaca nel Masarè aveva come caposaldo i roccioni centrali Sasso cubico, Sasso Striato, Sasso Piramidale e a strapiombo sulla Val Travenanzes la Nemesis e Punta Tre dita. Sul fronte opposto il battaglione alpino Monte Antelao presidiava la forcella di Fontanegra. Il 21 giugno gli austriaci si accorsero che gli italiani si erano rafforzati sull’anticima della Tofana di Roces, preoccupati perché da quella posizione si poteva scendere su Punta Tre Dita, iniziarono un violento bombardamento che divenne giornaliero; il capitano Rossi del battaglione Antelao fu perciò obbligato a predisporre un piano d’attacco dove si evidenziava che l’avvicinamento alla posizione Punta Tre dita era da farsi nelle ore notturne sotto copertura della artiglieria. La difesa austriaca del Masarè era stata affidata al Distaccamento Alpino nr. 3, ai primi di luglio le truppe ricevettero rinforzi perché l’attacco italiano pareva imminente. La notte del 9 luglio 1916 l’artiglieria italiana aprì un violento fuoco contro Punta Tre Dita, mentre gli alpini del capitano Rossi iniziarono la discesa tra le rocce della Tofana di Roces; sul versante opposto il tenente Carugati che aveva occupato la cima della Nemesis, prese a tirare raffiche sul nemico appostato in basso, mentre alla forcella di Fontananegra due compagnie di fanti italiani si prepararono ad assaltare le trincee nemiche. L’attacco italiano, violento e da più posizioni, penetrò in profondità nel valloncello del Masarè; il Sasso Cubico fu raggiunto e circondato, ma gli alpini dovettero ripetere più volte l’assalto finale perché i pochi Jager superstiti si arresero solo quando videro il loro capitano cadere gravemente ferito. Alle 7,30 del 9 luglio la nebbia che aveva gravato sul Masarè si dissolse, l’artiglieria austriaca prese a battere le posizioni conquistate dagli italiani, impedendo così la prosecuzione dell’attacco alla seconda linea nemica: tutto venne rimandato al giorno dopo. Durante la notte sul luogo dello scontro era accorso anche il capitano Barborka, di cui si persero però subito le tracce; venne cercato tra i feriti e i morti ed in effetti fu ritrovato esanime con la schiena trapassata dai colpi della mitragliatrice del tenente Carugati in posizione sulla Nemesis. Alla 3 del mattino del 10 luglio le compagnie alpine dell’Antelao iniziarono l’attacco finale; la posizione Punta Tre Dita fu circondata, i difensori ancora frastornati dal combattimento del giorno prima e dal bombardamento che era andato avanti tutta la notte, opposero scarsa resistenza; con la Nemesis conquistata il 9, il Sasso Cubico e Punta Tre Dita in mano italiana poteva considerarsi completata l’occupazione del Masarè, avvenuta dopo un anno di guerra. Dei 125 soldati austriaci schierati a difesa, solo 18 riuscirono a scendere nella sottostante Val Travenanzes rientrando nelle loro linee.

Paolo Antolini