La Guerra nelle Dolomiti. Attacco al Monte Piana 15 - 20 luglio 1915

La Guerra nelle Dolomiti. Attacco al Monte Piana 15 - 20 luglio 1915

Scheda

Contro il monte Piana erano schierate le truppe del 1° corpo d’armata italiano, inquadrato nella 4a armata. La conquista del pianoro fu affidata alla Brigata Marche, al battaglione alpino Pieve di Cadore con la 96° compagnia, e a un battaglione della Brigata Como. L’artiglieria italiana con grossi e medi calibri era in posizione al Passo Tre Croci, Val Padola, Colesei, Val Popena. Alle prime luci del giorno 15 luglio l’artiglieria italiana iniziò a sparare sugli obiettivi da raggiungere; un’ora dopo le fanterie uscirono dalle trincee, e subito dalla cerchia dei monti vicini i cannoni austriaci presero a tirare contro gli assalitori. La colonna italiana di sinistra arrivò sino alla Forcella dei Castrati, mentre a metà giornata truppe della Brigata Marche raggiunsero la Piramide Carducci trovando le trincee nemiche sgombre.
Il giorno 16 luglio vennero fatti altri tentativi per avanzare contro le difese austriache senza successo. Il comando italiano decise di ritentare il giorno dopo. All’alba del 17 luglio ancora gli uomini della Brigata Marche e gli alpini, sotto un violento tiro d’artiglieria, uscirono dalle trincee cercando di sfondare la linea nemica per penetrare nella parte nord del pianoro, quello in mano agli austriaci e chiamato Monte Piano; il maggiore Angelo Bosi, comandante di battaglione del 55° fanteria Brigata Marche, che seguiva l’azione in piedi accanto alla Piramide Carducci, improvvisamente si accasciò a terra colpito al cuore da un cecchino austriaco. L’attacco italiano non ebbe successo per la violenta reazione nemica che causò perdite gravi e spezzò l’azione coordinata delle colonne italiane. Il 18 luglio passò per riordinare le truppe e portare in quota viveri e munizioni; azioni di pattuglie furono portate contro le trincee nemiche per saggiarne la reazione e individuare eventuali punti deboli; l’artiglieria con tiro metodico distrusse reticolati e fece saltare campi minati; il generale Montuori, comandante della 10a divisione, insistette per un nuovo assalto al Monte Piano, contro il parere di altri ufficiali che chiedevano un avvicinamento lento e metodico alle posizioni nemiche. Il giorno 19 in previsione di un attacco italiano, gli austriaci fecero salire sul pianoro truppe di rinforzo. All’alba del 20 luglio riprendeva l’attacco italiano; gli alpini riuscirono ad irrompere nella trincea austriaca di prima linea, conquistandone un tratto. Le altre truppe, colto il momento favorevole, balzarono in avanti raggiungendo e superando alcune linee di trincee nemiche sul pianoro. Ma gli austriaci, presa coscienza della minaccia, inviarono truppe di riserva contro gli italiani mentre l’artiglieria prese a tirare con estrema violenza; a metà mattina gli alpini e i soldati della Brigata Marche furono costretti a ripiegare, lasciando però squadre di retroguardia che impedirono a forti nuclei austriaci di inseguirli troppo da vicino. Dopo cinque giorni di battaglia che costarono agli italiani 104 morti e circa 700 tra feriti e dispersi, il grande pianoro risultò diviso in due all’altezza del vallone dei Castrati: il monte Piana italiano, il monte Piano austriaco e così rimase sino ai primi di novembre del 1917 quando, per lo sfondamento di Caporetto, la 4a armata si ritirò al Grappa.

Paolo Antolini

Bibliografia: Antonio Berti, 1915-1917 Guerra in Ampezzo e Cadore, a cura di Tito e Camillo Berti, Milano, Mursia, 1996

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Paolo Antolini, La funzione delle trincee. © Museo Risorgimento Bologna | Certosa.

Bibliografia
1915 - 1917 Guerra in Ampezzo e Cadore di Antonio Berti
Antonio Berti; a cura di Tito e Camillo Berti
1996 Milano Mursia