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La Guerra in Adriatico: l'affondamento della Leonardo da Vinci

Azione di guerra 2 Agosto 1916

Schede

La Leonardo da Vinci era una corazzata della Regia Marina Italiana, aggregata alla squadra navale interalleata comandata dal vice ammiraglio Luigi Amedeo di Savoia. La nave aveva una lunghezza di 176 metri e una larghezza di 28 metri, dislocava a pieno carico 25mila tonnellate, la potenza di fuoco era data da 13 cannoni di grosso calibro, 18 di medio calibro e 20 cannoni in funzione antisilurante su affusto singolo; inoltre era dotata di 3 tubi lanciasiluri. L'equipaggio contava oltre 1000 uomini.
Il giorno 2 agosto 1916 si trovava all'ancora nel Mar Piccolo di Taranto: la giornata trascorse tranquilla e dopo il rancio della sera i marinai si ritirarono negli alloggi. Improvvisamente alle 22,45 un rombo proveniente dalle viscere della nave svegliò tutti, mentre le sirene automatiche segnalavano incendio a bordo: aveva preso fuoco un deposito di proiettili della nave. Alle 23,30 circa una violenta esplosione squassò la nave, molti marinai che si trovavano nelle vicinanze delle murate furono sbalzati in acqua, altri rimasero intrappolati all'interno dello scafo, dove erano scesi per tentare di spegnere l'incendio. Dalle navi in rada si staccarono lance per il recupero dei sopravvissuti, mentre sulla Leonardo da Vinci gli scoppi si susseguivano ininterrotti; infine la corazzata affondò di poppa sollevando la prua in aria per poi capovolgersi, travolgendo così centinaia di marinai caduti in acqua: il bilancio finale fu di 249 morti. Il giorno dopo Luigi di Savoia ordinò una relazione sull'accaduto al vice ammiraglio Emanuele Cutinelli Rendina. L'ufficiale sospettando un attentato dispose per il rinforzo della guardia a terra e sulle navi, mentre dovette prendere atto della scarsa preparazione dei marinai e ufficiali imbarcati di fronte ad un fatto grave e imprevisto come un incendio a bordo. Il 3 settembre anche il Parlamento italiano isituì una commissione d'inchiesta, affidata al luogotenente del Re Tomaso di Savoia duca di Genova.
La commissione escluse subito cause esterne nel disastro, individuando in un locale a poppa della nave il luogo della prima e principale esplosione. I tecnici della Marina scartarono l'ipotesi di un corto circuito nel magazzino dove il 2 agosto erano state ammassate le cariche che dovevano servire alla esercitazione del giorno seguente. A scatenare lo scoppio era stata la combustione di materiali stivati nel locale attiguo al deposito. La commissione prese in esame cosa aveva innescato l'incendio, se per autocombustione, errore di carico, attentato del nemico. A fronte di questa ultima ipotesi, le indagini furono affidate ai servizi segreti italiani che erano a conoscenza di un gruppo di spie e sabotatori nemici che operavano sul territorio italiano e avevano la loro base a Zurigo, nella neutrale Svizzera. A questo gruppo di sabotatori furono addebitati vari attentati, tra cui l'affondamento della corazzata Benedetto Brin; la cellula nemica venne smantellata con una operazione segreta effettuata dal controspionaggio italiano il 24 febbraio 1917 presso il consolato austriaco di Zurigo, quando fu scassinata la cassaforte del console e prelevato il libro delle operazioni segrete e l'elenco delle spie sotto copertura che agivano in Italia.
Il 5 agosto 1919 iniziò il recupero della grande nave, che si concluse nel gennaio del 1921, quando la Leonardo da Vinci entrò in perfetto galleggiamento nel bacino di Taranto. Il progetto del suo recupero venne però abbandonato, tanto che la nave fu radiata nel 1923 e venduta per la demolizione.

Paolo Antolini
Bibliografia: Lucio Martino, La Grande Guerra in Adriatico, San Marino, Il Cerchio 2014