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La celebrazione della vittoria | il Pantheon degli eroi

1915 | 1919

Schede

Fin dall’inizio della guerra le Istituzioni scolastiche ebbero ben chiaro che agli studenti – come ai cittadini tutti – si venivano chiedendo uno sforzo e un sacrificio talmente ardui da meritare dalla collettività almeno un intenso sostegno, una celebrazione corale e – per i caduti – un ricordo duraturo. A tre mesi dall’inizio della guerra, infatti, il 27 agosto 1915, il Provveditore Murari invia ai Signori Capi d’Istituto d’Istruzione Media della Provincia di Bologna una circolare, di cui riportiamo uno stralcio per trasmetterne, oltre al contenuto, anche il tono, vibrante nell’involuzione della prosa: Già alcune delle nostre Scuole Medie contano qualche alunno tra i valorosi caduti o feriti a difesa dei sacri diritti della Patria e dei sublimi ideali della civiltà: e noi ne raccogliamo nel cuore, con dolce mestizia e santo orgoglio, le care memorie, per avvisare in noi medesimi al modo migliore onde resti perenne, nei rispettivi Istituti, il ricordo dei loro nomi e del loro olocausto, fulgido esempio di quelle virtù civili a cui li educava la scuola, di cui li ebbe fervidi e sereni assertori, pur negli anni rosei della giovinezza, la Patria. […] Quando la bufera di guerra sarà cessata, e alle regioni d’Italia, ormai redente dal pianto, sorriderà senza tramonti il sole della libertà, noi ci raccoglieremo alla bella rassegna dei cari nomi e, per l’azione concorde di Insegnanti e di alunni, la Scuola onorerà, con solennità degna di loro e di sé, i prodi suoi figli. E così nell’anno scolastico 1918-1919, quando la bufera di guerra fu cessata e dopo che il trionfale bollettino della vittoria era stato emanato ad attività didattica ancora sospesa a causa dell’epidemia di spagnola, dovette fervere nelle scuole maschili la raccolta delle immagini e dei “cimeli” degli studenti ed ex studenti caduti in guerra, i cui nomi, negli anni immediatamente seguenti, furono incisi nel marmo delle lapidi celebrative, a più duratura memoria.

Ma anche in un istituto femminile come la R. Scuola Normale “Laura Bassi”, della quale anche l’unico professore partito per la guerra era tornato incolume, fiorirono le attività celebrative della vittoria, della Patria e dell’eroismo dei caduti, trovando la loro principale promotrice nella professoressa Ida Folli, che per tutta la durata del conflitto aveva seguito da vicino e con intensa partecipazione personale e familiare le sorti di tanti soldati. Nella sua relazione finale dell’anno scolastico 1918-1919, indirizzata all’Illustrissimo Signor Direttore, la professoressa Folli dà conto infatti di tutta una serie di iniziative che, pur senza esulare dal programma ministeriale, da un lato sono improntate alla più stretta “attualità”, dall’altro si prefiggono un chiaro intento insieme celebrativo ed educativo ai valori della Patria. Scrive infatti la Folli, a proposito dei programmi di seconda e terza complementare: […] essendosi aperto questo anno scolastico pochi giorni dopo la più grande e insperata vittoria del nostro esercito, io sentii il bisogno di far seguire allo studio dei raccordamenti, la riproduzione degli stemmi di città redente, da redimere, e di città martiri. E con piacere constatai svegliarsi, nelle scolare, vivo interesse per lo studio dell’araldica […]. Lo studio degli stemmi mi suggerì l’idea di abbellirli con ornamenti a colori, dando ai disegni così composti, forma e grandezza di pannelli decorativi, imitazione arazzo, della grandezza ciascuno di m.1 x 2. I pannelli delle città redente, da redimere e martiri, realizzati con tanto slancio dalle allieve, dalle piccine della 1a complementare alle giovani della 3a Normale “Laura Bassi” ebbero una loro visibilità cittadina: il 27 febbraio 1919 suscitarono sorpresa e commozione negli studenti Dalmati che visitarono la scuola; il 30 aprile furono allestiti per la festa del 3° Artiglieria da Campagna; e ancora nel novembre del 1920 – come racconta nel suo libro di memorie la professoressa Gida Rossi – gli stemmi delle città sacre alla guerra, opera geniale della collega Ida Folli, adornavano il teatro Contavalli in occasione di uno spettacolo drammatico offerto ai Mutilati e alle loro famiglie. Ma l’apporto della professoressa Ida Folli all’amor di Patria delle sue allieve non si limitò alla realizzazione degli stemmi delle città “sacre”. Proseguendo nella lettura della relazione già menzionata si scopre infatti che la Folli, con esplicita finalità patriottica, realizzò nella scuola una sorta di “altare degli eroi e dei caduti”, che lei stessa descrive con fierezza: […] aver potuto arricchire la mia scuola delle immagini luminose di Nazario Sauro, donatami dalla Madre, alla quale la chiesi per le mie scolare; di quella di G. Oberdan, ottenuta dal Sindaco di Trieste; di Cesare Battisti, avuta in dono dalla moglie, di quelle di F. Filzi e di D. Chiesa, ricevute dal Sindaco di Rovereto; e di quelle di D. Raggi e di F. Baracca, ottenute dai rispettivi Genitori, e tutte con lettere o parole d’accompagno commoventissime. E a far corona al ritratto del Re, posi quelli de’ fratelli e de’ Genitori delle alunne morti in guerra; così l’aula fu tutta piena di luce radiosa e di colori, che le scolare profusero intorno ai ritratti dei martiri e degli eroi e lungo le pareti, sotto forma di bandiere nazionali e di decorazioni militari.

Se questo è quel che si può desumere dai documenti d’archivio della scuola, la ricerca tra le carte del Fondo Folli del Museo del Risorgimento ha dato a questo piccolo “altare della Patria” scolastico un’evidenza ancora tangibile, e dai faldoni e dalle buste dell’archivio del Museo sono riemerse le lettere scambiate da Ida Folli con i familiari dei martiri e degli eroi e le foto – spesso con dedica – da loro ricevute. La prima in ordine di tempo è la minuta della lettera inviata alla madre di Nazario Sauro, datata 7 febbraio 1919, nella quale la Folli rende esplicito il suo progetto e le finalità che persegue: […] sarebbe mio vivo desiderio ed orgoglio ottenere da Lei una fotografia del Figlio Suo, del grande Martire Istriano, per collocarla nella mia Scuola di disegno, che vò trasformando in pantheon degli eroi e dei martiri della nostra guerra. A noi educatori, forse più che alle famiglie, incombe il dovere di plasmare gli animi giovanili per la nuova era che ci aspetta: e qual mezzo più efficace per raggiungere così alto scopo se non quello di mettere i giovani, le fanciulle, noi stessi al cospetto delle immagini luminose dei fautori della grande Italia; di ricordarne le lotte, la indomita fierezza, il glorioso martirio?! La risposta di Anna Sauro è datata il 16 dello stesso mese, e reca inclusa la foto del figlio, munita della sua firma e dell’augurio, che sia questa di valido appoggio al di lei alto e nobile fine. La foto di Nazario Sauro inviata dalla madre, profilata in tricolore e montata su cartone, è ancora conservata nell’archivio del Museo del Risorgimento, a differenza di quella di Guglielmo Oberdan, che la Folli ricevette dal Sindaco di Trieste; mentre svela con tutta evidenza la sua provenienza dalla donazione Folli al Museo la cartolina con la foto di Cesare Battisti firmata dalla moglie Ernesta, in calce alla quale si legge: Alla prof. Ida Folli e / Alle alunne della R. Scuola / Normale Femminile di Bologna. Nel marzo del 1919 Ida scrive ai genitori di Decio Raggi, primo decorato con medaglia d’oro al valor militare della Grande guerra, e il 29 dello stesso mese riceve la risposta della madre12 e la foto con dedica firmata da entrambi i genitori. La lettera e la dedica rivelano come l’iniziativa della Folli da un lato contribuisca effettivamente a lenire il dolore dei familiari dei caduti, e dall’altro interpreti un diffuso intento di edificazione dei giovani a ideali di sacrificio di sé in nome della Patria. Scrive infatti la madre di Raggi: mi affretto a compiacere la sua richiesta poiché sempre m’è di conforto grande conoscere che il mio povero Figlio viva ammirato nella ricordanza dell’anime buone e gentili. In tal guisa mi sembra che la sua memoria resti più indimenticabile ed il suo sacrificio sia più degnamente riconosciuto. Le sono grata del nobile pensiero di collocare la foto del mio decio nell'aula ch’Ella va trasformando in Pantheon degli eroi della Patria, onde le sue giovani alunne apprendano ad amare e imparino a non obliare quelli che alla Patria diedero il pensiero e l’azione, l’idealismo e la vita. Quanto a Francesco Baracca, il leggendario aviatore, tra le carte del Fondo Folli non si conserva la lettera dei genitori menzionata dalla Folli, ma resta una bella foto montata su cartone e decorata da un nastrino tricolore, sotto la quale la madre, in data maggio 1919, appose la dedica: Al ricordo del mio adorato compianto / Figliolo, Magg. Cav. Francesco Baracca. Nel luglio dello stesso 1919 giunse invece alla Folli dal Municipio di Rovereto una lettera firmata dal Sindaco che, scusandosi di poter appagare solo allora il desiderio espresso da V.S. nel pregiato suo scritto 14 aprile a.c. perché i famigliari dei martiri nostri, Chiesa Damiano e Filzi Fabio, non disposero prima di adesso di alcune fotografie dei loro cari estinti, invia le desiderate fotografie: si tratta (con probabilità) del santino funebre di Damiano Chiesa, sul retro del quale restano le tracce del cartoncino su cui fu incollato; e (con certezza) di una cartolina con la foto di Fabio Filzi, che reca sul retro alcune righe di pugno del padre il quale, rivolgendosi alla gentilissima Prof. Ida Folli – Bologna, si rammarica di non poterLe, momentaneamente, offrire una fotografia migliore. La dedica del professor G.B. Filzi è però del 24 aprile 1919: il Municipio di Rovereto – oberato da altre più pressanti urgenze postbelliche – fu dunque forse un po’ lento nella trasmissione?

Le energie profuse nell’immediato dopoguerra dalla professoressa Folli per la realizzazione del suo funebre ma edificante pantheon degli eroi e dei martiri non sembrano essere andate perdute; la sua opera ebbe infatti una certa notorietà, com’è dimostrato da due attestazioni: una lettera senza data di Ettore Ferranti, 67° reggimento Fanteria, prima Armata, nella quale, con tono commosso, si racconta dell’incontro con il padre di Filzi sulla tomba del figlio, e che fu inviata a Ida Folli esplicitamente per l’Altare della Patria; e gli stessi documenti della donazione Folli al Museo, nel 1934, nei quali il materiale del lascito è detto aver composto l’altare della patria, istituzione patriottica e religiosa con cui la prof. Folli istruiva ed educava i suoi molti allievi. Ed è infine proprio sul piano educativo, che stava così a cuore a Ida Folli, che le sue iniziative dovettero riscuotere il maggior successo, suscitando echi nell’animo delle alunne. Tra i materiali donati al Museo del Risorgimento, infatti, sono conservate due fotografie illustranti le tappe della "via crucis" di Cesare Battisti: l’una raffigura C. Battisti e F. Filzi prigionieri in Aldeno e nell’altra Cesare Battisti condannato a morte si avvia al supplizio; sul  retro di entrambe le fotografie la studentessa Iolanda Marcelli, del III corso Superiore B, appone una dedica, che rivela l'efficacia dell'incitamento patriottico così appassionatamente trasmesso dall’insegnante. Dietro la prima si legge: La visione dei sacrifici Battisti e Filzi soffrirono, sia a noi d’incitamento e di monito. A lei, gentile Signora, ammirabile per il suo profondo amor di patria, dedico con animo affettuoso e rispettoso; mentre nella dedica della seconda l’allieva si associa addirittura alla professoressa nell’esortazione all’intera scolaresca: Alla Sig.ra Prof. Ida Folli ed alla gioventù studiosa del R. Istituto Magistrale di Bologna, perché nel ricordo dei martiri nostri proseguano, nel nome d’Italia, ad amare ed a lavorare per questa nostra sublime Patria, con animo forte e lieto. E conclude: Alalà! È il 28 novembre 1923 e, come si può leggere in queste righe, la R. Scuola Normale con i suoi sessant’anni di storia non esiste più: al suo posto proprio quell’anno la riforma Gentile ha introdotto l’Istituto Magistrale, aprendo le porte anche agli studenti di sesso maschile. E, soprattutto, da un anno il fascismo è al potere, e l’amor di Patria, così candidamente ardente nel cuore nubile della signorina Folli, si va colorando di nero. Ma questa è un’altra (cupa) storia.

Maria Giovanna Bertani

Testo tratto da "Legami di carta. Soldati in trincea, alunne tra i banchi: intersezioni tra archivi della Grande Guerra", BraDypUS Editore, Bologna, 2015