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I treni blindati dell'esercito austro ungarico: 1915, un episodio poco noto

Azione di guerra 11 - 12 settembre 1915

Schede

Nel primo conflitto mondiale vennero impiegati, se pur in modo molto limitato ed episodico, anche i treni blindati. L'impiego pratico di questi colossi d'acciaio a sostegno della fanteria era obbligatoriamente legato allo stato delle linee ferroviarie, ma la distruzione di ponti e ferrovie tolse ben presto la possibilità di movimento lungo la prima linea del fronte, relegandoli in secondo piano. Furono utilizzati soprattutto lungo le immense pianure del fronte russo, dove operarono contro similari mezzi dell'avversario. Di treni blindati ne vennero costruiti e armati sostanzialmente due tipi: "pesante", con artiglieria, e "leggero", per trasporto truppe con mitragliatrici e cannoncini. In aiuto venne la Marina, che procurò per i blindati pesanti i cannoni a tiro rapido da 70mm, tuttavia non fornì uomini, che erano invece reclutati tra genio ferrovieri, zappatori e fanteria regolare. Fino al 1917, l'Austria Ungheria mantenne in funzione 11 treni blindati; in seguito riorganizzò il servizio contraendo il numero a 5 e standardizzando la loro composizione a seconda dei due tipi di impiego precedentemente accennati. L'Armata dell'Isonzo poteva contare sul treno blindato nr. IV, composto da 2 vagoni blindati dei quali uno con cannone da 70mm, 1 locomotiva, 1 tender per il carbone, 2 vagoni alloggio truppe, 1 vagone attrezzi, 1 vagone cucina, 1 vagone con materiali da officina e riparazione della massicciata. Questo o un altro treno blindato, notizie precise in proposito non sono rintracciabili, compì una impresa che rimase unica nella storia della Grande Guerra sul fronte italiano. Con la II battaglia dell'Isonzo, 18 luglio - 3 agosto 1915, le truppe italiane della 2a Armata del gen. Frugoni avevano conquistato parte della quota 588 ovest del Santa Lucia, mettendo in crisi la difesa nel settore di Tolmino; per la sua riconquista l'Austria Ungheria utilizzò una intera Brigata da montagna, la 96°, che mosse al contrattacco. L'esito incerto della battaglia attrasse anche alcuni battaglioni Imperiali di riserva dislocati sul Vippacco, rendendo così precaria la posizione a difesa davanti al villaggio di Zagora, dove gli italiani tentavano di sfondare per entrare sull'Altipiano della Bainsizza, convergere sull'Altipiano di Ternova, e prendere così alle spalle la città di Gorizia. Ai primi di settembre la situazione fu ristabilita con la riconquista della quota 588 da parte austriaca, mentre rimaneva attiva la pressione italiana su Zagora dove un reparto mitraglieri si era attestato all'interno della galleria ferroviaria di Babinrub sulla destra Isonzo, sita proprio di fronte a Zagora, ne aveva murato lo sbocco settentrionale e da lì bloccava col fuoco delle sue armi i movimenti dei difensori che erano a meno di cento metri di distanza sulla riva opposta. Per eliminare questa scomoda spina nel fianco, gli austriaci decisero di utilizzare un treno blindato (forse il nr. IV descritto sopra) che si trovava al riparo dentro una galleria nei pressi di Gorizia. Il piano si presentava rischiosissimo perché la linea ferroviaria, attraversato l'Isonzo a Salcano, correva per una decina di chilometri sulla sponda destra prima di arrivare alla galleria di Babinrub, e il territorio era in mano agli italiani. La notte tra l'11 ed il 12 di settembre 1915 fu tentata l'impresa. Al comando del tenente Bernhard Scheichelbauer il treno blindato lasciò il riparo, varcò l'Isonzo sul ponte di Salcano e si diresse verso nord, preceduto da una squadra del genio ferrovieri che doveva riparare la linea, protetto alle spalle da una pattuglia di bosniaci. Superato il Sabotino il treno fu avvistato dalle sentinelle italiane che aprirono il fuoco, senza però riuscire a fermarlo. Dopo sei ore il treno comparve all'imbocco della galleria di Babinrub ed il cannone da 70mm di testa iniziò a tirare sulla barricata, mentre il tenente Scheichelbauer portava i suoi uomini all'assalto. Il reparto italiano fu sopraffatto ed i superstiti corsero verso lo sbocco settentrionale, finendo sotto il tiro dei difensori di Zagora. Il treno blindato riuscì a percorre anche il tragitto di ritorno, a giorno ormai avanzato poteva così tornare al suo riparo in Gorizia. Per impossessarsi di nuovo della galleria di Babinrub, gli italiani dovettero attendere la III battaglia dell'Isonzo, novembre 1915.

Paolo Antolini