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Dante nelle cartoline della Grande Guerra

1915 | 1918

Schede

La figura di Dante Alighieri non ha sempre avuto il peso fondamentale che assunse a partire dall'inizio del XIX secolo, debordando sempre più dall'ambito letterario – che bene o male era sempre stato considerato e studiato – e tracimando verso il mondo politico. Fu infatti dall'epoca romantica in poi, ovvero all'indomani della Rivoluzione Francese, che le opere dantesche assunsero valenze dichiaratamente politiche: l'Alighieri divenne infatti un indiscusso simbolo della riscossa nazionale, culturale e politica. Vittorio Alfieri, Ugo Foscolo, Vincenzo Monti, Giacomo Leopardi, e tantissimi altri, ovvero tutta l'intellighenzia italiana di inizio '800, si misurò con i suoi versi, e il movimento risorgimentale lo promosse a precursore dell'Unità nazionale, fautore di una sollevazione necessaria contro qualunque ingerenza straniera, e "creatore", o almeno "codificatore" della lingua che avrebbe dovuto unificare la penisola intera.

Troviamo così la figura di Dante in scritti e opere d'arte lungo tutto il XIX secolo. Oltre ai poeti qui sopra citati ne parlò con competenza anche Giuseppe Mazzini, a volte forzando, come tutti, le sue azioni e parole. Mazzini gli dedicò alcuni suoi scritti: il primo, "Dell'amor patrio di Dante", risale al 1826. In queste parole il genovese, ancora giovanissimo, sostiene che l'epoca in cui visse il poeta fiorentino offriva, nel bene e nel male, tutto ciò che la storia successiva del mondo intero avrebbe poi offerto. Già allora, secondo Mazzini, la penisola era attraversata da energie e forze tali che, se volte a realizzare un unico scopo, avrebbero portato ad unire, rendere indipendente e affrancare dalla presenza straniera l’Italia. Forzando un poco le parole dell'Alighieri, afferma che "Egli mirò a congiungere in un sol corpo l’Italia piena di divisioni, e sottrarla al servaggio, che allora la minacciava più che mai", e conclude con una esortazione "O Italiani! Non obliate giammai, che il primo passo a produrre uomini grandi sta nell’onorare i già spenti ". Questa lettura, comune come detto all'epoca romantica e risorgimentale, fu accolta anche dalle arti visive. Infatti anche pittori e scultori si cimentarono con questa figura: dagli artisti del Rinascimento in avanti, Dante fu sempre presente nell'arte, sino all'800, quando, in virtù appunto del suo abbinamento alla riscossa nazionale, venne inserito tra i grandi "Padri della Patria", e come tale rappresentato e raccontato. Per restare sul territorio bolognese, cito solo il Salone del Risorgimento che il marchese Luigi Pizzardi, primo Sindaco di Bologna dopo la fine dello Stato Pontificio, realizzò nel proprio palazzo al centro della città. Ebbene, a fianco dei contemporanei (Carlo Alberto, Vittorio Emanuele II, Cavour e Minghetti) fece ritrarre anche Cristoforo Colombo, Michelangelo Buonarroti, Galileo Galilei e Dante Alighieri! Per approfondimenti in questo senso rinvio al bellissimo catalogo della grande mostra "Dante. La visione dell'arte" tenutasi nella primavera del 2021 a Forlì: oltre 250 le opere a lui dedicate esposte e raccontate, e storicamente inquadrate nella nostra recente storia.

Tornando al nostro tema, nel 1889, Giosue Carducci, affiancato da altri intellettuali e politici, tra cui un nutrito gruppo di irredentisti giuliani e trentini, aveva fondato la Società Dante Alighieri. L’Ente, da statuto, si proponeva "di tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiana fuori del Regno”. L'idea era di appoggiare sì gli irredentisti, ma anche, in epoca di forte emigrazione all'estero, di mantenere i legami tra i migranti e la madre patria. Con un Regio Decreto del 1893 la società venne riconosciuta come Ente Morale. In occasione della Prima Guerra mondiale la Società avrà un forte peso nell'opera di propaganda, sia interna che rivolta agli italiani sudditi dell'impero austro-ungarico. 

In occasione del conflitto Dante, così come accadde per Carducci, divenne uno strumento fondamentale della propaganda bellica. Il suo inconfondibile profilo e una scelta dei suoi versi vennero riprodotti in particolare sullo strumento principe della propaganda di guerra: la cartolina illustrata. Nata pochi decenni prima, in occasione del conflitto, grazie all'illustrazione che poteva essere compresa da tutti, ed al poco spazio per le parole, la cartolina divenne lo strumento più diffuso per il mantenimento della comunicazione tra i soldati e le loro famiglie (per i più colti invece videro la luce decine e decine di opuscoli che svisceravano ogni aspetto della poetica dantesca letta sempre in chiave patriottica). Le cartoline di propaganda vennero prodotte in milioni di esemplari (in Italia come in tutti i paesi coinvolti nella guerra) soprattutto per iniziativa privata. Tale propaganda, favorita dallo stesso Presidente del Consiglio Salandra sin dal suo discorso del 29 maggio 1915 sulla mobilitazione civile rivolto ai parlamentari, fu gestita sostanzialmente dal mondo dell'associazionismo civile, con il coordinamento delle Opere Federate di Assistenza e Propaganda a partire solo dal 1917. Esaminando la sterminata produzione di cartoline, si possono identificare centinaia di stampatori e/o editori, a volte piccolissimi e totalmente sconosciuti, e centinaia e centinaia di artisti/disegnatori, spesso molto giovani e che divenenro celebri dopo la guerra, che prestarono la loro opera per la realizzazione anche di questo mezzo propagandistico. Ricordiamo solo alcuni nomi, tra i più noti: Marcello Dudovich, Augusto Majani, Achille Mauzan, Attilio Mussino, Antonio Rubino, Plinio Codognato, Umberto Brunelleschi, Golia (pseud. di Eugenio Colmo), ecc. ecc. Una parte di queste cartoline recava solo brani letterari o di propaganda, altre invece erano illustrate, ed abbinavano, in genere, disegni e parole.

Il legame tra Dante e la Grande Guerra Europea fu ovviamente trovato nei suoi scritti letti in chiave patriottica: così, tutti i luoghi che Dante tocca nel suo viaggio ideale sono "Italia"; tutti i luoghi dove si parla o comunque si comprende la lingua da lui promossa è Italia; i confini della Patria sono quelli "naturali", ma anche linguistici e civili e politici. Ecco così le cartoline in cui Dante, paludato nel suo lungo abito rosso col caratteristico copricapo in tinta, con sguardo severo e occhi che lanciano lampi, è rappresentato mentre indica quelle che devono "tornare" ad essere le frontiere italiane, da Trento e Trieste all'intera sponda orientale dell'Adriatico. Esiste poi una serie di cartoline, senza un titolo collettaneo, ma ispirate alla Divina Commedia, nelle quali la figura del poeta è sostituita dall'Italia turrita, guidata nel viaggio tra gli inferi ed il purgatorio da Giuseppe Garibaldi nelle inedite vesti di un patriottico Virgilio. I versi danteschi della Commedia sono in parte citati correttamente ed in parte parafrasati, ed accompagnano le illustrazioni in bianco e nero. Passiamo così da "La selva oscura della Triplice Alleanza" (Mi ritrovai per una selva oscura / Che la diritta via era smarrita / Ahi, quanto a dir qual era, è cosa dura / Questa selva selvaggia ed aspra e forte / Che nel pensier rinnova la paura) a "La Guerra Europea" (La bufera infernal che mai non resta / Mena gli spirti nella sua rapina); da "Le furie della guerra" (Guarda, mi disse, la feroce Trine / E' la Megera Austriaca al destro canto / Al manco la Turchia si strappa il crine / Nel mezzo è l'Alemagna in rosso manto) a "I seminatori di guerra" (Vedi come storpiato è Maometto / E come Cecco Beppe empio allibito / Guarda il protervo portator d'elmetto). Numerose le cartoline con riproduzioni del monumento eretto al sommo poeta a Trento nel 1896, quando ancora la città era parte dell'Impero austro-ungarico, opera in bronzo del fiorentino Cesare Zocchi, visto come dimostrazione lampante dell'italianità della città. Patriottica e seriosa l'immagine intitolata "I fattori del Risorgimento italiano ed il valore eroico del nostro Esercito per la grande Patria – 1848-1916", in cui Re, Generali, uomini politici, poeti ed eroi sono sovrastati dall'immagine centrale dedicata propio all'Alighieri; e decisamente scherzoso il disegno del piccolo alpino che si rivolge al grande poeta che afferma "Vorrei scrivere per voi un nuovo Canto del Paradiso!" con queste parole "Oh! Papà, ci basterebbe che mandaste all'Inferno tutti i disfattisti!!".

Mirtide Gavelli, novembre 2021.

Bibliografia: D. Scotto, La "feroce Trine". Cartoline dantesche della Grande Guerra, in "Lettere italiane", 4(2007); La collezione di cartoline della grande guerra nel Museo Francesco Baracca di Lugo, a cura di S. Sandri e P. Tamassia, Bologna, Bononia University Press, 2015; I. De Michelis, La Grande Guerra di Dante, Roma, Voland 2016; S. Valerio, Dante "in trincea": l'uso politico della Commedia nella Grande Guerra, in "Dal nemico alla coralità. Immagini ed esperienze dell'altro nelle rappresentazioni della guerra degli ultimi cento anni", a cura di A. Baldacci, Firenze, LoGisma ed. 2017.