Carso. Il contrattacco austroungarico (la piccola Caporetto)

Carso. Il contrattacco austroungarico (la piccola Caporetto)

Scheda

L’offensiva scatenata dall’esercito italiano lungo l’Isonzo nel mese di maggio 1917, passata alla storia come la X° battaglia, si era proposta di rettificare il fronte, fermo dal novembre del 1916, nel tratto dal Vippacco al mare, di pertinenza della 3° armata. Sul Carso di Komen, la linea italiana era Volkovniak – Fajti – Castagnevizza – quota 208 sud – quota 144, l’offensiva cercò di conquistare nuovo terreno verso Selo e Stari Lovka per stringere d’assedio l’Hermada, fino ad allora invalicabile ostacolo verso Trieste. La sera del 29 maggio cessarono anche gli ultimi sussulti della X° battaglia dell’Isonzo. La nuova linea raggiunta dalla 3° armata andava dalla quota 219 alla sponda settentrionale del Timavo. Era costata la perdita di 51.251 soldati; furono sparati circa 850.000 colpi d’artiglieria, ma ci si consolò con la cattura di 15.000 prigionieri e abbondante bottino di guerra.
L’1 giugno il Comando Supremo suddivise la fronte della 3° Armata in quattro Corpi, che da nord a sud erano: XI° corpo ala sinistra, XXV° e XXIII° Corpo al centro, VII° Corpo ala destra; per lavori vari, guardie di prigionieri e sorveglianza nelle retrovie, erano a disposizione del Comando d’Armata sette battaglioni di Milizia Territoriale. Il 2 giugno la 27° divisione iniziò a spostarsi per ferrovia verso l’Altipiano d’Asiago, dove Cadorna andava ammassando forze in vista della battaglia dell’Ortigara. A tale scopo le truppe italiane operanti in Altipiano furono inquadrate come 6° Armata. Il 3 giugno improvvisamente, l’artiglieria austriaca concentrò il fuoco sulle posizioni italiane nel settore nord di Castagnevizza e Volkovnjak tenute dall' XI° Corpo; le brigate di fanteria italiane in linea, con effettivi ridotti per la precedente X° battaglia, si trovarono a dover svolgere lavori di rafforzamento del terreno conquistato sotto il costante tiro nemico; alle 10 pattuglie austriache attaccarono la fronte tenuta dalla 61° divisione (XXIII° Corpo) che resistette a fatica. Durante la notte nuovi violentissimi attacchi di fanteria avversaria furono solo parzialmente respinti con il concorso del fuoco di interdizione dell'artiglieria italiana. All’alba del giorno 4 il Comando d’Armata constatò che il nemico aveva occupato tutto il Dosso Fajti, sulla fronte dell'XI° Corpo, nel pomeriggio un contrattacco italiano riprese le posizioni perdute. Quello stesso giorno, alle 11,25, colonne nemiche uscirono dalle trincee dell’Hermada e attaccarono le truppe italiane del VII° Corpo, costringendole a ripiegare; il Comando della 3° armata ordinò l’invio di tutte le riserve verso quel settore così minacciato. Le vecchie brigate italiane, pur dimezzate negli effettivi, riuscirono a bloccare il nemico. Il giorno 5 l’attacco austriaco era ancora in corso con qualche successo nel settore di Flondar. Nel frattempo si cercarono capri espiatori per la mancata resistenza del giorno 4, ne venne trovato uno perfetto: “pare ormai accertato che forzato ripiegamento ieri del VII Corpo debba attribuirsi a defezione di tre reggimenti composti massima parte da siciliani”.
Il 6 giugno il bombardamento austriaco si mantenne violento contro l’ala destra (VII° Corpo); tuttavia vennero riconquistati alcuni ordini di trincee lungo la ferrovia di Flondar. Alle 4,45 del mattino un improvviso attacco nemico sul fronte del XXIII° Corpo portò alla conquista delle quote 241, 235, 219; l’accorrere delle riserve fece sì che alle 18 il terreno perduto al mattino fosse tutto ripreso. Il Duca d’Aosta ordinò al generale Tettoni comandante del VII° Corpo, di “voler espletare le indagini che riterrà opportune allo scopo di chiarire se realmente la condotta dei noti tre reggimenti di fanteria durante il contrattacco avuto la notte sul 4 corrente mese debba ascriversi a vera e propria defezione.” La sconfitta di giugno costò la perdita di migliaia di soldati e circa 10.000 prigionieri( divennero 27.000 alla fine del contrattacco austroungarico), essa fu deplorata dagli alti comandi che sottovalutarono le novità tattiche introdotte dagli austriaci (attacco violento solo contro i punti più deboli dello schieramento italiano, senza insistere dove maggiore era la reazione difensiva) e invece ritennero responsabile un basso profilo morale delle truppe. Il generale Cadorna manifestò grande nervosismo e il 6 giugno inviò una lettera a Roma al Presidente del Consiglio on. Boselli in cui si dichiarava preoccupato per il numero di prigionieri catturati dal nemico, segnalava di nuovo i tre reggimenti che avrebbero defezionato e accusava della sconfitta l'azione della propaganda contro la guerra. Mancò invece nel generale Cadorna e negli alti ufficiali del Comando Supremo la comprensione della novità e dell'efficacia dei nuovi metodi tattici impiegati dalle truppe austro-ungariche nel contrattacco sul Carso, le stesse che furono poi impiegate ad ottobre nello sfondamento di Caporetto.

Paolo Antolini

Bibliografia: Luigi Cadorna, La guerra alla fronte italiana fino all'arresto sulla linea della Piave e del Grappa : 24 maggio 1915-9 novembre 1917, Milano, Treves, 1921; Ministero della difesa, Stato maggiore dell'esercito, Ufficio storico, L'esercito italiano nella grande guerra, 1915-1918, Roma, Ufficio Storico SME, 1927-1980; Luigi Cadorna, Pagine polemiche, Milano, A. Garzanti, 1950

Leggi tutto

Organizzazioni

Persone

Altro

Luoghi

Eventi