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Augusto Alziator

1879 - 1920

Scheda

Figlio di Pietro ed Anna Baldussi. Studiò Giurisprudenza all’Università di Genova, dove intraprese l’attività di giornalista, trasferendosi poi a Bologna per lavorare al “Resto del Carlino”, dove raggiunse la qualifica di capo stenografo. Nel 1909 ridusse in versi dal tedesco il melodramma di Rudolph Lothar I Mimì, giuoco di maschere, poi musicato da Gaetano Rapisarda e messo in scena a Palermo, il cui ricavato fu devoluto in beneficenza per i terremotati di Messina. Proprio in occasione del sisma del 1908, Alziator era accorso come volontario nella città peloritana, riuscendo a salvare decine di persone.

Allo scoppio del conflitto partì per raggiungere il fronte francese, tentando di arrivare a ridosso della linea del fuoco attraverso la Svizzera armato di carte geografiche, cannocchiale e macchina fotografica, ma venne arrestato alla barriera di Sankt Ludwig, al confine con la Germania, poiché privo di documenti o carte di presentazione. Alla notizia della formazione dei corpi volontari di Nizza e Montélimar riuscì a raggiungere Nizza, ove si presentò alla Commissione di Sorveglianza politica del reparto. Racconta Luigi Ghisleri, furiere della Compagnia “Mazzini” e redattore del diario del corpo: «Arriva un certo Alziator Augusto, bolognese, ma ab[itante] a Milano, corr[ispondente] del Resto del Carlino; si presenta con un biglietto di un consigliere della pref[ettura] di Bologna (Barba Caprina, nera, pochi capelli)». In seguito, in data non precisata, si aggregò alla Legione Garibaldina a Montélimar, sempre in veste di corrispondente.
Aldo Spallicci, anch’egli presente per pochi giorni al campo di Montélimar, riporta come Alziator fosse stato ribattezzato “il re della freddura”. Gino Coletti, nel ritratto di Alziator nella sezione Episodi e aneddoti; tipi e figure del suo libro scrive: «A Montélimar, dopo una decina di giorni di raccolta aspettativa, s’è arruolato nella Legione Garibaldina. Peppino, intuendone le preclari doti, lo ha nominato suo segretario particolare. In questa qualità ha reso importanti servigi. Per le contrade e per gli accampamenti era sempre in giro con la sua macchina fotografica […]. Al Campo di Mailly, poi, Augusto Alziator indossò la divisa del legionario: fin qui s’era voluto conservare, almeno nell’abito, un po’ indipendente. Era curioso nella nuova tenuta: portava, con sussiego marziale, un berretto rotondo alla Garibaldi, schiacciato da una parte e una camicia rossa fiammante, che teneva come una reliquia, gridando ai quattro venti: – è un regalo del mio colonnello Peppino Garibaldi. A Mailly le Camp, un’altra attrattiva s’aggiunse alla figura del giornalista volontario: la caccia dei conigli. Nella vasta pianura del campo di manovra francese, i conigli si vedevano da tutte le parti. Alziator aveva scovato una grossa trappola e, tutti i giorni, incrociatala sulle spalle con la inseparabile macchina fotografica, andava a tendere l’agguato alle povere bestie. Che matte risate, quando lo si vedeva ritornar spavaldo con la sua preda».
Aggregato allo Stato Maggiore del battaglione, non era previsto che prendesse parte ai combattimenti. A La Harazèe, invece, durante l’infuriare della battaglia «impugna un fucile e si slancia nel folto della mischia. Corre ansioso di fine violenta, corre a dar morte o a morire». Aggregato al corpo ufficiali, corse sfilando davanti a Peppino e Ricciotti Garibaldi. Racconta quest’ultimo: «Ricordo il giornalista Alziator, con la barba ed i capelli sporchi di fango, con il suo berretto che non è da ufficiale né da soldato, con una mantellina impermeabile che egli lasciava aperta apposta per mostrare la sua camicia rossa che gli arrivava fino alle ginocchia, con il suo zaino sulle spalle, carico di lastre fotografiche e di acidi, e di tutto l’occorrente per scrivere, con un fucile in mano più lungo di lui, ci passò accanto dicendoci: – Generale, vado anch’io a morire se è necessario, per la nostra Patria!... – Ferito, fu fatto prigioniero con il Prof. Chiostergi, e con Salgemma, ferito alla testa e al braccio».
Ricciotti scriveva negli anni ‘30, con la notizia certa del fatto che Alziator fosse sopravvissuto al combattimento, mentre nei giorni subito successivi allo scontro, lo si era creduto morto, tanto che anche “Il Resto del Carlino” ne aveva dato notizia l’8 gennaio, in prima pagina, con un elzeviro listato a lutto di Giovanni Borelli: «Ma è possibile? E non aveva negli occhi l’invulnerabilità fatale dei poeti e dei fanciulli. Io non so quale intima ribellione mi scagli contro questa morte e la voglia, e la gridi non vera...».
Un mese dopo il suo ferimento, al corrispondente de "La Stampa" Giulio De Benedetti giunse notizia che un pastore protestante italiano aveva incontrato un garibaldino ricoverato presso il lazzaretto di Offenburg (nel land del Baden-Württemberg), che si rivelò essere proprio Augusto Alziator. Le sue condizioni erano serie, ma non era in pericolo di vita: pallido, il suo gomito destro era stato spezzato da un proiettile – un danno che l'avrebbe accompagnato per il resto della sua vita – ed aveva riportato ferite anche al collo e alle gambe. Alziator raccontò al sacerdote di come, al termine dello scontro del 5 gennaio, mentre si accingeva a fotografare il campo della battaglia appena conclusa, una mitragliatrice tedesca aveva aperto il fuoco contro il suo compagno d'armi Giuseppe Chiostergi, colpendolo. Mentre tentava di prestargli soccorso assieme al faentino Luigi Montanari, i tre vennero raggiunti da un reparto nemico che li fece prigionieri. Alziator trascorse tutto il periodo del conflitto in prigionia, vedendosi negare dai suoi carcerieri lo status di giornalista. Passata una lunga convalescenza a Baden, venne rimpatriato in data imprecisata.
Riporta Chiostergi: «Non riconosciuto prigioniero di guerra nonostante i ripetuti interventi della Croce Rossa Internazionale, ammalò gravemente. Rimpatriò solamente a guerra finita e morì poco dopo, assistito amorevolmente dalla sorella prof. Adele, ardente pacifista». La morte lo colse a Firenze, dove si era stabilito al seguito di Gabriele D'Annunzio, allora impegnato nella questione fiumana e nella polemica della “vittoria mutilata”. È ancora oggi sepolto presso il Cimitero comunale di Trespiano (Firenze).

“L’Unione Sarda” diede notizia della sua morte il 25 aprile 1920. Così lo ricordò il suo collega siciliano Enrico Serretta: «Lo slancio di Augusto Alziator vero i campi di Francia è stato assolutamente in coerenza con la sua natura e col suo sentimento. L'idea garibaldina elettrizzava ancor di più la sua eroica anima di fanciullo temerario, come quando andava da un capo all'altro d'Italia, questa volta però rimase al suo punto d'arrivo. Ma anche questa volta aveva una sola camicia, la “camicia rossa”, per il colore garibaldino e per il suo sangue».

Giacomo Bollini

FONTI E BIBLIOGRAFIA: G. Coletti, Peppino Garibaldi e la Legione Garibaldina. Episodi aneddoti, tipi e figure, appendice polemica, Bologna, Stabilimento Poligrafico Emiliano 1915, pp. 121-123; R. Garibaldi, I fratelli Garibaldi dalle Argonne all'intervento, [Milano, Tip. Camba Livio] 1933, pp. 130-131, 216, 231; L. Ghisleri, Diario della Legione Repubblicana Italiana. La Compagnia G. Mazzini (Nizza 1914), a cura di V. Parmentola, in "Archivio Trimestrale. Rassegna storica di studi sul movimento repubblicano", (marzo-giugno 1978), p. 53; A. Tedde, Augusto Alziator. Un giornalista sardo nelle Argonne, in “Camicia Rossa” 2(aprile-luglio 2016), pp. 12-14; H. Heyriès, Les Garibaldiens de 14. Splendeurs et misères des Chemises Rouges en France de la Grande Guerre à la Seconde Guerre Mondiale, Nice, Serre Editeur 2005, pp. 457-458; C. Marabini, La rossa avanguardia dell'Argonna, diario di un garibaldino alla guerra franco tedesca (1914-1915), Milano, Ravà & C. 1915, p. 177; A. Spallicci, Gli Epigoni, Forlì, Premiata Società Tipografica Commerciale 1915, p. 26; G. Chiostergi, Dario Garibaldino ed altri scritti e discorsi, a cura di E. Fussi Chiostergi e V. Parmentola, Milano, Associazione Mazziniana Italiana 1965, p. 279; La nuova eroica azione dei garibaldini in Francia. Due trincee conquistate alla baionetta in “Il Presente. Quotidiano democratico”, 9 gennaio 1915; Prima Guerra Mondiale Ricordo di giornalisti. L’omaggio della Fnsi ai primi colleghi caduti in www.fnsi.it/Contenuti/Content.asp?AKey=17034.

Scheda originariamente pubblicata in Tra Nizza e le Argonne. I volontari emiliano romagnoli in camicia rossa 1914-1915, a cura di M. Gavelli e F. Tarozzi, "Bollettino del Museo del Risorgimento", aa. 2013-2016, pp. 121-123. Ultimo aggiornamento: 14 settembre 2021