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Altipiano di Asiago - Monte Cengio, giugno 1916

Battaglia maggio - giugno 1916

Schede

L’offensiva di primavera voluta da Conrad (Strafexpedition) era in pieno sviluppo da due settimane sull’Altipiano d’Asiago, quando il Comando italiano delle truppe impegnate nei violentissimi combattimenti decise di arretrare il centro e la destra dello schieramento. La nuova linea di difesa prevedeva l’occupazione delle alture dominanti la conca di Asiago e il ripiegamento consisteva nell’arretramento della 34° Divisione e dell’ala destra della 30° Divisione; in realtà incertezze nelle comunicazioni e soprattutto nella interpretazione degli ordini, portarono ad un ripiegamento anche dell’ala sinistra della 30° Divisione, con l’abbandono della linea difensiva che impediva al nemico la risalita della forra del torrente Assa. L’ordine giunto la sera del 27 maggio 1916, fu male interpretato dal generale Pennella che comandava la Brigata Granatieri, egli ritenne di dover occupare una nuova linea che da Punta Corbin passava per il Monte Cengio, continuava per Tresché Conca, Cesuna, Lemerle, Boscon, così che il mattino del 29 maggio la Brigata Granatieri aveva le sue forze dislocate dal M. Cengio alle pendici nord del Monte Zovetto e solo un velo di granatieri era rimasto in osservazione a poca distanza della sponda sinistra dell’Assa. Durante la giornata truppe della 28° Divisione austroungarica iniziarono ad infiltrarsi, malamente controbattute dagli italiani; verso sera al nemico riuscì l’occupazione di Punta Corbin, a 3 km. dal M. Cengio. Il Comando truppe Altipiano mise a disposizione della 30° Divisione la Brigata Pescara e ordinò un contrattacco per rioccupare il terreno perduto, troppo tardi; la mattina del 30 maggio quando il contrattacco era già in corso e progrediva, arrivò la notizia che importanti forze nemiche avevano attaccato le difese italiane presso Tresché Conca, vi era un pericolo concreto di aggiramento. Per parare la nuova minaccia il Comando della Brig. Granatieri inviò sul posto il reparto zappatori del 2° reggimento, di fatto rallentando l’azione di riconquista contro Punta Corbin; la pressione nemica, arginata presso Tresché Conca per l’arrivo dei rinforzi tra cui una compagnia della Brigata Pescara, si concentrò sulla falda nord del Cengio, dove erano arretrati i resti delle truppe del 2° reggimento nel tentativo di costituire una nuova linea di resistenza. Il mattino del 31 maggio nel settore M. Cengio – Boscon erano in linea due compagnie del 1° rgt. Granatieri e un battaglione del 2° granatieri oltre ad una compagnia del 154° ft. Brigata Novara; a sbarramento della Val Canaglia un battaglione del 2° Granatieri con il 142° ft. Brig. Catanzaro pronto a dare manforte. I combattimenti della giornata videro gli italiani resistere sulle falde nord del M. Cengio, mentre in località Fondi e M. Belmonte furono costretti a ripiegare, la minaccia sulla Val Canaglia (obiettivo della manovra austroungarica) si fece concreta, in linea fu mandato il 142° ft.
All’alba del 1 giugno l’artiglieria nemica riprese a martellare le posizioni italiane, per tutto il pomeriggio si ebbero tentativi di infiltrazione tutti rintuzzati; il 2 giugno la 34° Divisione austroungarica concentrò gli attacchi contro le posizioni italiane che tenevano il M. Cengio, senza risultato; nella pianura a ridosso dell’Altipiano la V°Armata italiana creata con truppe provenienti in massima parte dall’Isonzo, aveva completato lo schieramento difensivo a cavallo del fiume Brenta. Nella notte sul 3 giugno truppe della 32° Divisione italiana entrarono in linea nel settore Monte Cengio – Cesuna, dando il cambio ai provatissimi reparti della 30° Divisione, che restrinsero l’impiego alla linea Cesuna, esclusa, nodo stradale del Turcio; tuttavia l’attacco delle fanterie austroungariche ebbe iniziale successo e in località Magnaboschi un battaglione del 1° rgt Granatieri, dopo disperata resistenza, fu annientato, al suo comandante ten, colon. Bignami venne concessa la medaglia d’oro. Nel tardo pomeriggio il nemico fece affluire nuovi rincalzi e tentò un attacco in forze contro il M. Cengio; alle 18 i reparti vennero a contatto e la lotta si fece corpo a corpo, i granatieri e soldati del 154° e 144° ft, nonostante una eroica resistenza furono costretti a ripiegare verso la testata della Val Canaglia, dove era già schierata la Brigata Modena al completo; dopo quattro giorni di combattimenti le perdite italiane erano ingenti, tre brigate di fanteria si erano logorate e oltre 10.000 soldati risultavano fuori combattimento. Tuttavia anche il nemico risentì della carenza di riserve e munizioni, dopo la conquista del M. Cengio la battaglia languì in attesa che nuove truppe e munizioni fossero pronte. Il comandante della 1° Armata italiana, ne approfittò per migliorare la linea di comando e dispose che tutte le forze ivi distaccate passassero sotto il Comando truppe Altipiano del generale Mambretti sostituto del generale Lequio che ritornò al comando delle truppe in Carnia. La situazione all’ala sinistra dello schieramento italiano era complessa, con truppe promiscue delle brigate Pescara, Modena, Granatieri, Catanzaro, Lambro, inquadrate in unità provvisorie superstiti degli attacchi del 30 maggio e 3 giugno; dopo la drammatica difesa del M. Cengio prima e quindi della Val Canaglia e Bocchetta Paù, le brigate di fanteria più logore cioè Granatieri, Pescara, Lambro e Catanzaro furono sostituite l’8 giugno dalle brigate Udine e Liguria della 33° Divisione. Il mattino del 15 giugno alle 6, l’artiglieria austroungarica aprì un fuoco di particolare intensità sul tratto Monte Paù - Monte Zovetto, dopo 2 ore iniziò l’urto delle fanterie nemiche; la lotta si protrasse per tutta giornata, gli italiani contrattaccarono per non lasciare un metro al nemico, solo a notte fu sospeso il combattimento senza che fosse avvenuto il temuto sfondamento. All’alba del 16 si scatenò un nuovo violento tiro d’artiglieria sulle posizioni italiane, un primo attacco venne respinto, poi un secondo, a sera il comando italiano fuse in linea tutte le riserve di settore disponibili del 141° - 157° - 96° rgt. fanteria. Ma la saldezza della difesa italiana e la consapevolezza che le armate austroungariche non avevano altre risorse da impiegare in battaglia, obbligò il Comando supremo austriaco ad ordinare la fine della grande battaglia e il ripiegamento su posizioni più arretrate che divennero la nuova prima linea sull’Altipiano d’Asiago. Gli austriaci abbandonarono il M. Cengio che il 25 giugno tornò in mano italiana, mantennero l’occupazione del fronteggiante Monte Cimone di Tonezza, si sistemarono sulle alture a nord della conca di Asiago, le perdite italiane alla fine dell’offensiva nemica furono di 76.132 soldati fuori combattimento.

Paolo Antolini

Bibliografia. L’Esercito italiano nella Grande Guerra, volume III, tomo 2°, anno 1916.