Salta al contenuto principale Skip to footer content

Pietà

1830 | 1832

Schede

Il tema del Compianto su Cristo morto aveva più volte attirato l’attenzione di Antonio Canova, come documentano il grande dipinto oggi sull’altar maggiore del Tempio di Possagno e un bassorilievo in gesso presso la Gipsoteca di Possagno. Negli ultimi anni della sua vita lo scultore si dedicò intensamente allo svolgimento di questo soggetto, destinato, secondo la corrispondenza con Quatremère De Quincy, alla chiesa parigina di St. Sulpice, e giunse alla realizzazione del grande gesso che porta graffite sullo zoccolo la sua firma e la data novembre 1821. Al momento della morte Canova non aveva nemmeno iniziato a tradurre in marmo questo gruppo colossale, che rimase quindi abbandonato nel suo studio. Dopo aver sistemato la gestione degli affari di famiglia il fratellastro, monsignor Giovanni Battista Sartori, affidò a Cincinnato Baruzzi la traduzione in marmo della composizione, destinandola al tempio di Possagno (1823). A distanza di alcuni anni il progetto venne modificato e si optò per una fusione in bronzo del gruppo, realizzata da Ferrari a Venezia e collocata a Possagno, dove si trova ancora, nella cappella di destra della chiesa (1830). Questo cambiamento dovette suscitare una notevole tensione all’interno dello studio, come fa pensare una ricevuta che attesta che fu il Sartori a cambiare idea sulla versione in marmo, nella quale Baruzzi aveva già investito denaro per l’acquisto dei marmi e il pagamento degli operai. Con questo documento Baruzzi voleva evidentemente cautelarsi da possibili recriminazioni economiche da parte del Sartori, sempre molto attento su questo fronte.

Il gruppo, già abbozzato nel 1827, fu comunque portato avanti, con la speranza di poterlo collocare in un altro luogo. Dopo un primo tentativo di proporre la statua al papa per Santa Maria ad Martyres a Roma, infatti, nel 1830 Baruzzi inizia a circoscrivere un possibile acquirente nel cardinale Placido Zurla, al quale fa dono di un gesso tratto dalla figura dell’Addolorata per conquistarne la simpatie. Attraverso il cardinale saranno avviati i contatti con l’architetto Antonio Sarti, impegnato nella costruzione della nuova chiesa di Terracina, dedicata al Salvatore. Il gruppo risulta compiuto entro il trasferimento di Baruzzi a Bologna per assumere la cattedra di scultura (novembre 1830), ma verrà collocato solo nel 1833. L’anno è menzionato nell’accordo tra Baruzzi e il cardinal Dandini che precisa la somma versata per l’acquisto, 8000 scudi romani. Il rapporto con la Pietà fu mantenuto da Baruzzi anche in seguito al trasferimento a Bologna. Infatti nel 1835 Michelangelo Gualandi ricorda che lo scultore espose quell’anno all’Accademia anche un busto della Vergine Addolorata tratto da Canova. Nel 1831, per ingraziarsi l’arcivescovo di Bologna, Carlo Oppizzoni, Baruzzi gli donò una versione in gesso di piccole dimensioni che coincide con quella, attualmente presso il museo Correr di Venezia, che la acquistò nel 1910. Anche la Pietà conservata presso il Pontificio Seminario Romano Maggiore e segnalata da Pavanello, proveniente da una donazione del cardinal Zurla a papa Gregorio XVI, potrebbe appartenere a questo gruppo a cui è riconducibile anche la piccola versione in gesso policromo, conservata presso la chiesa di San Cristoforo a Ozzano.

Un disegno di Baruzzi tratto dalla scultura fu inviato a monsignor Sartori perchè ne venisse ricavata da Paolo Toschi una incisione per il quarto volume della Storia della Scultura di Leopoldo Cicognara, come si apprende da una lettera del prelato all’amico Pietro Giordani. La scena del compianto è ristretta a due sole figure, quelle dell’Addolorata e della Maddalena, raccolte attorno al Cristo morto. La Madonna siede a sinistra e tiene il capo di Gesù appoggiato al ginocchio, sorreggendolo con la mano. Alza lo sguardo al cielo e con il braccio sinistro sollevato fa un segno di dolore e allo stesso tempo di accettazione con la mano aperta. Il bel Cristo, abbandonato su un gradino, ha il capo riverso all’indietro. Il corpo nudo, avvolto da un perizoma dal lieve panneggio, presenta una accurata muscolatura classica, anche se riferimenti alla Pietà di Michelangelo in San Pietro sono innegabili, in particolare nella dolcezza dell’espressione del volto. La Maddalena è inginocchiata affianco del Cristo e, avvolgendone il braccio con la destra, si avvicina per accostare il suo viso al corpo del maestro. La figura allungata, con i lunghi capelli sciolti, è simile a molte piangenti di compianti laici realizzati da Canova, ultimo tra questi il modello per il monumento Berio.

Antonella Mampieri

Testo tratto dalla scheda realizzata dall'autrice per il volume 'Cincinnato Baruzzi (1796 - 1878)', secondo numero della Collana Scultori bolognesi dell'800 e del '900, Bononia University Press, Bologna, 2014