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Zola Predosa, (BO)

1796 | 1918

Insediamento

Schede

Zola Predosa è un comune della città metropolitana di Bologna, dal forte carattere industriale. All’indomani dell’Unità, la prima, grande problematica che l’amministrazione di Zola Predosa si trovò ad affrontare fu la bassa scolarizzazione dei giovani; in generale, comunque, il comune era florido, ben fornito di acque e di un solido bilancio, pronto ad affrontare le nuove necessità dello Stato Unitario. Nel 1868, in seguito ad una disastrosa alluvione, diversi comitati si adoperarono per portare l’industria a Zola, in modo da sanare un'economia in forte difficoltà. Vennero aperte una segheria, una tessitoria e, nel 1875, per iniziativa privata di Raffaele Maccaferri, una chioderia, poi diventata vera e propria officina dalla produzione variegata: in particolare, durante la Prima guerra mondiale produsse filo spinato e cavalli di Frisia. Nel 1883 venne fondata la Cassa di Risparmio di Zola; grazie all’amministrazione comunale nel 1873 si ebbe la caserma dei R. Carabinieri, che andò a sostituire il presidio dell’ormai datata Guardia Nazionale, nel 1876 la caserma dei pompieri e nel 1883 la fermata del treno a vapore lungo la linea Bologna-Bazzano-Vignola. All’inizio del ‘900 erano rimaste in attività le officine Maccaferri e la fornace Albergati, costituitasi nel frattempo, mentre continuava ad essere di rilievo l’estrazione di ghiaia e sabbia dal fiume. Zola continuava a conservare il suo carattere agricolo, basato principalmente su frumento, granturco, uva e allevamento, sebbene in quel periodo la produzione fosse stata mediocre. Il primo decennio del nuovo secolo vide alternarsi varie amministrazioni, con la crescente ascesa del partito socialista che si affermò alla guida del comune nel 1910.

Allo scoppio della guerra, nel 1914, Zola era amministrata da una giunta socialista guidata dal sindaco Enrico Bortolotti; il primo problema che si trovò ad affrontare fu un'improvvisa crescita della disoccupazione, aggravata dal rientro di 60 emigrati rispediti a casa dai paesi ospitanti impegnati nel conflitto. Per risolvere il problema, l'amministrazione promosse diversi lavori pubblici, come l'ampliamento dell'edificio comunale e la costruzione della scuola di Rivabella. La disoccupazione, comunque, aggravò la situazione di povertà generalmente diffusa tra gli abitanti, come dimostravano la scarsa disponibilità di cibo e la necessità del Comune di approvvigionarsi presso le aree limitrofi. La guerra, paradossalmente, eliminò negli anni successivi la disoccupazione nell'operaia Zola Predosa: la quasi totalità della popolazione maschile fu mandata al fronte, e i vuoti che questi lasciarono nelle fabbriche furono presto colmati dalle donne; tuttavia i problemi di miseria persistevano, poiché i sussidi alle famiglie dei richiamati non erano sufficienti e le madri non potevano permettersi di lasciare a casa i bambini per lavorare tutto il giorno. A tal fine, il comune richiese prestiti per provvedere alle famiglie povere dei richiamati. La guerra si manifestò anche con il passaggio e il ricovero di soldati feriti e ammalati, per i quali il Comune destinò l'ospedaletto istituito nei locali della scuola di Rivabella. Nonostante molti consiglieri comunali fossero sotto le armi e quindi mancassero alle sedute, l'attività del Comune procedette in maniera attiva e spedita, e infatti già dal 1917 si adoperò per preparare il dopoguerra, allestendo edifici scolastici per la popolazione analfabeta e numerosi lavori di manutenzione pubblica. In totale furono 1260 i cittadini di Zola Predosa a partecipare alla guerra; di questi furono 129 i caduti, a cui si aggiunsero le vittime dell'influenza spagnola, particolarmente feroce a Zola. Due le opere volte a ricordare i caduti della guerra: la prima una lapide posta nel 1923, che reca i nomi dei caduti e una scultura integrata; la seconda è un monumento posto nel secondo dopoguerra in memoria dei caduti dei due conflitti mondiali.

Il Comune viene così descritto nel volume "Provincia di Bologna", collana "Geografia dell'Italia", Torino, Unione tipografico editrice, 1900: "ZOLA PREDOSA ( 5280 ab.). Questo Comune, che già appartenne al III mandamento di Bologna, fu – per effetto della legge 30 marzo 1890 – aggregato al mandamento di Bologna II, allora formatosi. Il Comune, con una superficie censita di ettari 3858, si stende a ponente di Bologna, ad 11 chilometri dalla città, alla quale è unito dalla strada principale, percorsa anche dalla linea di tramvia a vapore Bologna-Bazzano-Vignola. Zola Predosa, situata tra le colline preapenniniche ed il piano in posizione ridentissima, consta di varie frazioni, cioè: Zola, Gesso, Lavino, Ponte Ronca, Riale, San Pancrazio ed altri luoghi e ville minori. Il territorio è attraversato dall’impetuoso torrente Lavino, che più volte cagionò danni gravissimi alle campagne ed agli edifizi e dei quali restò memorabile la piena devastatrice del 10 agosto 1817 che travolse il ponte della strada principale, rifatto poscia ad un solo arco, ampio ed ardito. – Zola Predosa (il cui nome aggiuntivo non è se non una corruzione della parola pietrosa), è oggi una grossa e bella borgata d’oltre 2000 abitanti, di aspetto moderno e civile, con edifizi notevoli, tra cui primeggia la bella e vasta chiesa parrocchiale, ricca di pitture di Jacopo Alessandro Calvi, del Guardassoni e del Samoggia.

I dintorni di Zola Predosa sono amenissimi e popolati di ville signorili, tra cui emerge il palazzo Albergati (ora Calcagno), uno dei più grandiosi e celebri del Bolognese, celebre specialmente nella cronaca letteraria e mondana bolognese dell’ultimo secolo. Quest’edifizio, chiamato comunemente palazzo di Zola, fu costruito per volere del marchese Giacomo Albergati nella prima metà del secolo XVII. L’Albergati, singolarmente ricco, amante delle belle arti, ma un po' strano ed originale, volle possedere una villa che tutte le altre dei suoi concittadini superasse in magnificenza e grandiosità. I lavori, secondo i criteri dell’Albergati stesso, furono cominciati nel 1639 sotto la direzione di certo Sacchi; ma ben presto vennero affidati a Giacomo Monti, pittore e architetto di grido, discepolo dell’Albani. Essi durarono oltre quarant’anni, sicchè al fondatore non venne dato di compierli. Il palazzo sorge in una pianura intensamente coltivata, ma uguale e distesa, avente per sfondo le amene colline di Zola, di Bazzano e Monte San Pietro e la linea più lontana degli Apennini. Vi si accede dalla strada principale per un viale alberato di circa 1200 metri. Il fabbricato è lungo metri 60, largo 30 ed alto 42,91; è fiancheggiato ai lati da quattro alte piattaforme, che danno agio di spaziare a grande distanza sul pittoresco panorama. Sulla fronte sorge la torre dell’Orologio. Nel centro del palazzo havvi una grande sala avente metri 15,27 di lato maggiore, m.14,55 di lato minore e m. 21,81 d’altezza, dal primo piano cioè dalla torre; quattro immensi finestroni ai due lati vi riversano dentro torrenti di luce. E’ sostenuta da possenti colonne con robustissime balaustrate d’ordine composito e la circondano loggie con balconi e ringhiere. Una grandissima ringhiera traforata gira intorno alla volta. Una comoda scala di là porta alla spianata della torre dell’Orologio – il cui meccanismo del Gandolfi, bolognese, serve per quattro quadranti – dalla quale si gode uno sconfinato panorama. Il salone del palazzo di Zola è dei più ampii e sontuosi che si conoscano nella regione; lo ideò e costrusse il Monti, mentre Gian Filippo Bezzi – detto anche Gian Bologna – modellava gli stucchi, un poco barocchi, che l’adornano. Ai lati del salone si aprono i varii appartamenti, ai quali si accede per quattro scale. I migliori pittori bolognesi della seconda metà del secolo XVII e del principio del successivo lavorarono alla decorazione degli appartamenti e si mostrano dipinti assai pregevoli di Vittorio Bigari, Giuseppe Valliani, Prospero e Gaetano Pesci, Angelo Michele Colonna, inspirati tutti, secondo voleva la moda del tempo, a soggetti mitologici, quali la Caduta dei Giganti, il Ratto di Proserpina, il Diluvio di Deucalione, Arianna e Bacco, il Tempo, Febo, Icaro, Aurora e Cefalo, Cerere e Cibele, Prometeo, il Giudizio di Paride, l’Olimpo, ecc., e sotto gli affreschi vi sono quadri ad olio di celebri autori, rappresentanti battaglie, paesaggi, scene mitologiche, ecc. Un magnifico giardino sta intorno a questo palazzo veramente principesco. Nel secolo scorso il marchese Francesco Albergati, pronipote ed erede del fondatore, celebre commediografo, istituiva nel salone del palazzo un magnifico teatro, nel quale, senza le logge, potevano capire 300 spettatori assisi in comode poltrone; e fu quello il periodo più fastoso del palazzo, nel quale era sempre un’allegra e dispendiosa affluenza di ospiti. Nel nostro secolo, dalla famiglia Albergati, il palazzo di Zola passò ai Legnani che lo trascurarono assai, indi ai Zambeccari e dagli eredi di questo al comm. Angelo Emanuele Calcagno, genovese, arricchitosi nei traffici transmarini. Il nuovo proprietario, con non lieve dispendio, lo ridonò all’antico splendore, facendone suo soggiorno per buona parte dell’anno. Fra le altre ville signorili nel Comune di Zola Predosa va ricordata quella Zambeccari nella frazione di Gesso, ove è notevole la chiesa parrocchiale con buone pitture del Franceschini. Il territorio di Zola Predosa, attivamente coltivato e con procedimenti moderni e razionali, è fertilissimo: dà soprattutto cereali d’ogni specie, foraggi, canapa, viti e frutta; nella parte a monte si hanno vigneti bellissimi. Vi prospera l’allevamento del bestiame bovino e da cortile; le altre industrie vi sono rappresentate da una fabbrica di reti metalliche, da un’officina meccanica e dalla tessitura casalinga della canapa praticata dalle donne. CENNO STORICO – Il nome di Zola Predosa ricorre sovente nelle cronache bolognesi durante il periodo delle lotte comunali. Il luogo era ben munito e tenuto dai Bolognesi come propugnacolo ad occidente della città. UOMINI ILLUSTRI- Si ritiene da taluno che la famiglia del celebre pittore caposcuola bolognese Francesco Raibolini detto il Francia fosse originario di Zola. Nella frazione di Gesso nacque quel Giovanni da Gesso, dottore in ambe leggi e lettore di Jus civile, che nel 1238 teneva cattedra allo Studio di Bologna." (Trascrizione a cura di Lorena Barchetti).

Bibliografia: Adolfo Belletti, Zola Predosa, “le origini di una lotta”, Bologna, Editrice Moderna, 1975; Adolfo Belletti, Zola Predosa. Preistoria, storia e arte, Bologna, Ponte Nuovo Editrice, 1987