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Venditore di immagini

1894

Schede

Il dipinto, datato 1894, fu inventariato nel 1934 con il titolo di “Venditore di immagini”. Nell’anno 1900 l’opera viene citata dal rettore Romagnoli semplicemente come “studio ad olio eseguito a Roma e rappresentante San Giovanni Ferrentino”. Il soggetto del dipinto è infatti identificabile con la chiesa romana di San Giovanni Battista dei Fiorentini, come sembra confermare il confronto iconografico con una foto d’epoca conservata nell’archivio Alinari, scattata nel 1890. La tavola, di piccole dimensioni, rientra tra i saggi eseguiti da Masotti durante il periodo del pensionato Angiolini e fu registrata a Bologna come saggio del secondo anno, dopo la Laguna veneziana, prova del primo, e il Leonardo da Vinci mentre dipinge la Gioconda presentato alla fine del quarto.

Il dipinto rivela ancora una volta, sul piano tematico, l’attenzione dell’autore per i soggetti tratti dal vero e, su quello stilistico, la straordinaria abilità nell’uso del colore. L’artista sceglie uno scorcio di vita quotidiana, un venditore ambulante che espone la sua merce davanti alla cancellata di una chiesa. Tralasciando l’imponente architettura dell’edificio religioso, che è soltanto suggerita dalle colonne di lato, Masotti mette al centro della scena il reticolo di ferro, descritto con eleganza minuziosa. La figura del venditore di strada, pur essendo appena accennata, trae la sua forza evocativa dall’isolamento, mentre il contrasto tra la sua piccola persona e l’ampia cancellata alle spalle esalta ulteriormente la desolata solitudine e il senso di emarginazione del personaggio. L’effetto del dipinto risulta tuttavia lontano dai toni della denuncia verista e, grazie alle delicate tinte pastello e alla sapiente armonia dei colori, finisce piuttosto per risolversi in un gradevole idillio. Nel realizzare quest’opera è probabile che Masotti abbia colto una suggestione di Luigi Serra, ispirandosi al dipinto I Coronari (1885), i venditori di corone e immagini sacre sul sagrato della chiesa romana di San Carlo ai Catinari. Oltre alla scelta del soggetto, il richiamo si può cogliere nella prospettiva diagonale della scalinata e della facciata della chiesa, quest’ultima riprodotta solo nella sua parte inferiore. L’opera di Serra era ben nota a Masotti, che l’aveva vista più volte. Come si legge nei Diari, gli allievi del collegio ebbero l’opportunità di ammirare nel marzo 1889 i “disegni e gli studio ad olio” del dipinto, poi nel gennaio 1891 “i numerosi disegni del quadro del Coronaro”. Infine nell’agosto 1891 gli studenti, in trasferta per i mesi estivi nella localita di S. Margherita a Montici, ebbero modo, nel corso di una gita a Firenze, di vedere il dipinto di Serra nella galleria del collezionista Luigi Pisani, che aveva acquistato il quadro.

La tavola del Masotti non dovette incontrare il favore degli amministratori del collegio, che nel marzo del 1895 lamentavano “con rammarico la poca attività da esso addimostrata nel primo biennio”. Non solo, sulla base “dei pochi lavori presentati” decidono, come “avvertimento”, di concedere al giovane pittore soltanto la metà della pensione goduta nel corso dei primi due anni. Qualche mese più tardi, nell’ottobre 1895, ammorbidiscono la linea. Così, pur “constatando con dolore come i lavori presentati dal Masotti siano molto inferiori all’aspettativa”, decidono di reintegrarlo nel precedente trattamento economico, però a una condizione, che “si allontani da Bologna”. La destinazione indicata per l’artista è la citta di Pisa, ove nel ‘96 dipinge la tavola Cattedrale di Pisa (Bologna, Pinacoteca Nazionale). Nonostante gli attestati di fiducia, le prove continuano a farsi attendere anche durante l’anno successivo. Nel caso dei pittori Giovanni Masotti e Cleto Capri le condizioni stabilite per la pensione Angiolini prevedevano infatti l’obbligo di dimorare fuori di Bologna sei mesi all’anno (con la possibilità di scegliere loro il luogo e il dovere di comunicare eventuali cambi di residenza), compilare una relazione degli studi ogni quattro mesi e inviare al collegio “quegli studi e lavori che si credesse meglio dall’Amministrazione”. Una lettera, spedita all’indirizzo del collegio nel settembre del 1895 e firmata da una misteriosa parente, motiva il disimpegno dell’artista chiamando in causa un amore non corrisposto. “Occorrerebbe subito di far allontanare e molto il giovane Masotti, dovendosi attribuire il suo far nulla ad una passione amorosa con una donna che mai potrà essere sua”. Quello che è certo e che il periodo romano sembra stimolare ben poco la creatività dell’artista, come ammette lui stesso in una lettera scritta da Dozza nel ‘94: “Ora mi trovo quassù in mezzo a questi bei monti, in questa pace che per nulla mi fa sospirare il soggiorno pesante, clamoroso della capitale, ove io non trovai che avvilimento, delusione, miseria”. Masotti dice di preferire la tranquillita della natura “all’aria miasmatica, perche già troppo respirata, delle Sale Vaticane e della Cappella Sistina”.

Ilaria Chia

Testo tratto dal catalogo della mostra "Angelo Venturoli - Una eredità lunga 190 anni", Medicina 19 aprile - 14 giugno 2015.