Tomba Calvi

Tomba Calvi

1908

Scheda

Il cavaliere Luigi Calvi acquista il 22 giugno 1906 per 1.500 lire un posto sepolcrale nel cimitero bolognese. Comprato primariamente per contenere la salma della figlia Amedea morta nel 1905, è costituito da una parete per monumento e sarcofago e da una nicchia sotterranea. Tra gli obblighi dell'acquirente, stando al Foglio sepolcrale, vi è la collocazione a proprie spese, entro un anno dal 4 dicembre 1907, del sarcofago e del monumento e il rivestimento in marmo bianco della cappella. La decorazione scultorea, affidata a Silverio Montaguti, è realizzata entro il 2 novembre del 1908, data dell'articolo su “Il Resto del Carlino” in cui la tomba viene presentata tra le nuove opere presenti in Certosa. Su un sarcofago in marmo l'artista colloca una figura femminile distesa in bronzo, un corpo estenuato e abbattuto dal dolore della perdita. Il volto della donna è nascosto dalle braccia abbandonate su un mazzo di fiori, finemente lavorato ed emblema decadente della giovinezza recisa. Un morbido panneggio lascia scoperto il busto a evidenziare la disarmante nudità di fronte al mistero della morte. L'impostazione d'insieme è memore de La figlia di Niobe, esposta dallo scultore palermitano Domenico Trentacoste alla III Biennale di Venezia nel 1899. La spiccata somiglianza delle due opere testimonia una conoscenza diretta da parte di Montaguti della scultura di Trentacoste. Ciò che cattura l'interesse dell'artista, tanto da riproporlo nella sua opera, è la posa della donna prostrata a terra totalmente vinta dal dolore del compianto. Il confronto con il modello in gesso della scultura (20 x 30 x 20 cm), donato dall'Associazione Amici della Certosa al Museo del Risorgimento ed esposto nel 2010 a Casa Saraceni in occasione della mostra Luce sulle tenebre, evidenzia l'iniziale scelta di Montaguti per un taglio compositivo decisamente drammatico di derivazione rodiniana. La donna, inginocchiata e protesa in avanti, porta le mani al volto coprendoselo mentre una chioma fluente ma appena accennata è gettata disordinatamente sullo stesso. L'impostazione, che infatti esplicitamente ricorda la Danaide di Rodin (1889), è compatta quasi a esprimere nella forza trattenuta una visibile disperazione. Questi toni decisi e tragici si ammorbidiscono nel bronzo attraverso un'elaborazione più aggraziata e composta, espressione di un dolore non urlato.

Immagini misteriose di dolenti si sostituirono infatti nell'ultimo decennio dell'Ottocento al realistico compianto dei familiari, per collegarsi alla figura femminile che piange e medita sull'urna, privata però dei rimandi allegorici propri del Neoclassicismo. Queste donne, come la fanciulla della Tomba Montanari di Diego Sarti sempre in Certosa, divennero emblemi laici del dolore, simboli elegiaci dell'ineluttabilità della morte. Tutto avveniva in un clima simbolista che affidava alla donna vari significati, tra i quali generatrice di vita e portatrice di mistero, emblema della sensualità e malinconico segno della fugacità della bellezza, utilizzati dagli scultori nella loro riflessione sulla morte. Sulla parte anteriore del sarcofago è posto un medaglione bronzeo con il ritratto a bassorilievo di Amedea e l'iscrizione «AMEDEA CALVI / N: 12 AG 1888 M: 2 MAG 1905». Il delicato e morbido lavoro evidenzia il pizzo del vestito della giovane donna, l'acconciatura con la treccia che ricade sulla spalla, tutto trattato dall'artista con attenzione ai particolari ed eleganza formale. L'insieme del monumento (sensuale nel corpo della Dolente, ricercato nel ritratto di Amedea) è armonioso nel coniugare gli elementi floreali delle parti bronzee alla semplificazione geometrica del sarcofago. I ritratti dei coniugi Calvi, posti nella sezione superiore della parete principale, saranno realizzati nel 1929 da Pasquale Rizzoli, come dimostrano firma e data sul rilievo di sinistra. Dal bozzetto si sono ricavati due bronzi e due gessi di cui una copia di entrambi insieme all'originale sono conservati presso il deposito del Museo del Risorgimento.

Federica Fabbro

Testo tratto da: F. Fabbro, Silverio Montaguti (1870 - 1947), Bononia University Press, 2012. Fonti: Bologna, Archivio del Cimitero Comunale della Certosa, Foglio sepolcrale Calvi Luigi del 1906. Bibliografia: Fra le tombe e crisantemi. Le nuove opere, “Il Resto del Carlino”, 2 novembre 1908; A. BARUFFI, Commemorazione di Silverio Montaguti, tenuta il 26 febbraio 1948, “Atti e memorie dell'Accademia Clementina di Bologna”, IV (1948), p. 51; A. RULE, La Certosa di Bologna, Bologna, Nanni, 1961, p. 161; Le meraviglie di Bologna. La Certosa, a cura di G. BERNABEI, Bologna, Santarini, 1993, p. 107; La Certosa di Bologna. Immortalità della Memoria, a cura di G. PESCI, Bologna, Compositori, 1998, p. 290; Aemilia Ars 1898 - 1903. Arts and Crafts a Bologna, catalogo della mostra di Bologna, Collezioni Comunali d'Arte 9 marzo - 6 maggio 2001, a cura di C. BERNARDINI, D. DAVANZO POLI, O. GHETTI BALDI, Milano, A+G, 2001, p. 258; C. RICCI, G. ZUCCHINI, Guida di Bologna, San Giorgio di Piano, Minerva edizioni, 2002, p. 252; E. CONTINI, I “Satiri” del Montaguti rivivono a Porta Galliera, “Art Journal”, I (2003), p. 15; F. FABBRO, Silverio Montaguti un artista ritrovato, tesi di laurea, relatore Prof. M. DE GRASSI, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 2007 – 2008, pp. 51 – 55; Luce sulle tenebre. Tesori preziosi e nascosti dalla Certosa di Bologna, catalogo della mostra di Bologna, Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna - Casa Saraceni 29 maggio - 11 luglio 2010, a cura di B. BUSCAROLI e R. MARTORELLI, Bologna 2010, p. 266.

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