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Silvia

1835 - 1837

Schede

La statua raffigurante Silvia che si specchia nelle acque è una delle prime opere realizzate in modo autonomo da Cincinnato Baruzzi durante il suo soggiorno romano. Una prima versione del soggetto fu prodotta nel 1826 per lord Kinnaird e l’anno successivo replicata su commissione di lord William Russel per suo fratello, il sesto duca di Bedford. Tale versione è ancora conservata a Woburn Abbey, nella residenza dei duchi di Bedford, mentre la SilviaKinnaird è attualmente dispersa. L’altissima qualità della scultura attirò l’attenzione del duca di Devonshire, che commissionò a Baruzzi la Venere e Amore, oggi a Chatsworth, incantato dalla bellezza della Silvia Kinnaird. Prima di partire per Bologna Baruzzi esegue una versione ulteriore della statua per monsieur Pecou o Pécoul di Parigi che a erma in una nota di averla ricevuta il 21 dicembre 1830, pagandola 200 scudi romani (BCABo FSCB). Anche di questa statua non abbiamo più notizie (II, n. 60). Una copia della Silvia in gesso compare tra le opere imballate per essere trasferite a Bologna al seguito dello scultore, ma è molto probabile che di questo gruppo di opere facesse anche parte una versione in marmo da terminare, a cui fa riferimento Baruzzi in una lettera all’amico Giacinto Cerchiari (BCFo). Questa statua, terminata entro il 1835, venne esposta prima all’Accademia di Belle Arti di Bologna (Gualandi 1835) e nello stesso anno a Brera (A.; Porro) ed era destinata alla raccolta della principessa Fersen Saltiko, a San Pietroburgo (Lucchesi Ragni Mondini).

All’esposizione di Brera la Silvia venne ammirata dal conte bresciano Paolo Tosio, frequentatore abituale della manifestazione, che coglieva queste occasioni annuali come mezzo per conoscere nuovi artisti contemporanei a cui commissionare opere per la sua collezione. La commissione della versione attualmente conservata presso la Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia risale infatti al 1835. Il 6 ottobre il conte scrive a Baruzzi elogiando la sua scultura con queste parole: «Quella Silvia che ne’ versi del Tasso io vedea, o mi pareva di vedere, o mi sfuggiva sempre alla fantasia, ora mi è riapparsa più bella che mai in tutta la sua semplicità e in tutta la sua grazia nella statua da Voi esposta a Brera» e commissionandone una nuova versione aggiunge: «Questa Silvia, nostra italiana deve rimanere in Italia. Se tre ne furono rapite dagli stranieri di questa sarei ben fortunato se potessi allocarla a ornamento […] della mia galleria dove appunto le fa da richiamo la Eleonora del Tasso stessa in un busto di Canova» (BCABo FSCB). Dalle parole del Tosio emerge l’orgoglio nazionale di possedere un’opera di grande qualità che gli avrebbe procurato presso gli ospiti, italiani e stranieri, che frequentavano il suo celebre salotto la fama e allo stesso tempo trattenere in Italia almeno una versione, grazie ad alcune modifiche forse la migliore, della celebre statua. La Silvia non attirò solo l’entusiasmo del collezionista per la sua bellezza, ma anche per il soggetto, ispirato ad una poesia italiana e non, come accadeva comunemente, ad un classico greco o latino. La scelta del Tasso, poeta in fase di piena rivalutazione in questi anni romantici, e in particolare di un’opera minore di soggetto pastorale come l’Aminta, è anch’essa un interessante segno del cambiamento dei tempi, dei gusti e del sentimento. Il prezzo fu stabilito in 6000 lire milanesi da corrispondere in tre rate: una alla firma del contratto, quella successiva nel gennaio 1836 e l’ultima nel maggio dello stesso anno. Il 23 gennaio 1836 la Silvia risulta abbozzata nel marmo, ma nel maggio, al momento del pagamento della rata finale, i lavori dovevano essere ancora indietro se in una lettera del 22 il conte tranquillizza Baruzzi invitandolo a lavorare con calma, dato che quella che sta eseguendo è «la Silvia italiana che deve venire in confronto con le Silvie straniere» e che la qualità del risultato è più importante del rispetto delle scadenze. Tra marzo e aprile 1837 gli specialisti Pericoli e Franzoni lavorano alle rifiniture della statua (la “pelle”, i fiori, i capelli) e siamo quindi giunti alla fase conclusiva dei lavori. Il 24 maggio si registra l’arrivo a Brescia della scultura e la sua successiva collocazione al centro della sala ovale, capolavoro di Rodolfo Vantini, all’interno del palazzo Tosio da poco ristrutturato (Mondini Zani). Sull’impatto della Silvia sui frequentatori di casa Tosio è interessante notare come fu necessario fare incidere sulla base i versi di Tasso che consentivano di identificare il soggetto, evitando che il conte fosse malgiudicato dalle rigide matrone e dalle timide giovinette che innocentemente accompagnava in visita alla collezione (Lucchesi Ragni Mondini). Il rapporto di stima reciproca stabilito tra collezionista e scultore in occasione della commissione continuerà con l’invio della testa di Saffo in dono a Tosio da parte di Baruzzi e con la presentazione della sua candidatura ad accademico d’onore dell’Accademia di Belle Arti di Bologna (26 novembre 1837, ABAB), a sua volta il conte gli raccomanderà artisti in visita a Bologna, primo tra tutti il Vantini, e invierà lettere di lode della scultura, non trascurando di visitarne periodicamente lo studio.

La Silvia è decisamente una delle più riuscite sculture di Baruzzi e ciò spiega il numero delle repliche commissionategli. Il bel nudo femminile aveva incantato già i visitatori dell’esposizione del 1835, che l’avevano ritenuta superiore alla Leda, esposta nello stesso anno. Colpiva l’abilità dello scultore di aver creato un’opera che si prestava ad una visione a 360 gradi, dal soggetto ispirato alla poesia italiana e debitrice tecnicamente di Canova e dell’arte greca. La giovane ninfa seguace di Diana siede su una pelliccia appoggiata ad una roccia e contempla nell’acqua la propria immagine riflessa, nell’atto di acconciarsi i capelli, lunghi e ricciuti, con veli e fiori. Il morbido nudo è collocato in una posizione avvitata su se stessa, che fa perno sulla vita sottile. Le braccia, libere nello spazio, costituiscono un esempio di grande virtuosismo accanto ad altri presenti nel marmo, dalla lavorazione a trapano del lungo boccolo trattenuto nella mano sinistra all’acconciatura complessa che alterna fiori, ciocche di capelli e veli a comporre un complesso insieme di materiali. Ancora una volta una figura femminile nuda è sorpresa in un atteggiamento intimo, spiata nel suo agire spontaneo, come anni dopo avverrà con la Nerina al bagno e con la Venere dormiente, dove si ha l’impressione che il coincidere dell’osservatore contemporaneo con quello letterario costituisca quasi una giustificazione per la sua violazione di uno spazio privato.

Cincinnato Baruzzi (1796 - 1878), Silvia, 1835 - 1837. Marmo bianco, tuttotondo, statua h. 112 cm. Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo, inv. 20.

Antonella Mampieri

Testo tratto da: A. Mampieri, Cincinnato Baruzzi (1796 - 1878), Bononia University Press, 2014. Fonti: ABAB, 1837 Funzioni pubbliche Disposizioni d’arte interne; 1838 Provvidenze Generali; ASL, Miscellanea scuole I, c. 163; BCABo FSCB 2, 15, 29, 35, 36, 38, 39, 64; BCFo FP; BIM, Manoscritti imolesi, Poletti 529, coll. C4 19 (11); BIM, Manoscritti Imolesi 1060, coll. 15 C 7 12.111C. Bibliografia: L. POLETTI, La Silvia di Cincinnato Baruzzi, Roma 1827; L. POLETTI, La Silvia di Cincinnato Baruzzi, in “Giornale Arcadico di Scienze, Lettere ed Arti”, t. XXXV, 1827, pp. 97-101; J.D. PARRY, History and description of Woburn and its Abbey, London 1831; DS, Belle Arti, in “Il Nuovo Ricoglitore”, n. 104, agosto 1833, p. 530; N. SALVARDI, Erma della Malibran eseguita dal cav. Cincinnato Baruzzi, Bologna 1832; A., Belle Arti. Esposizione delle opere di belle Arti in Brera. Art. IV, in “L’Eco. Giornale di scienze, Lettere, Arti, Moda e Teatri”, VIII, n. 115, 25 settembre 1835, pp. 458-459; M. GUALANDI, Dell’Esposizione di Belle Arti in Bologna nel 1835 e pochi cenni su quella di Milano dello stesso anno, Firenze 1835; C. PORRO, Album Italiano – Esposizione delle Belle Arti in Milano dal settembre 1835, in “il Raccoglitore italiano e straniero ossia archivio di Viaggi, di Filosofia, d’Istoria”, vol. 46, 1835, p. 446; G.C. CERCHIARI, Ristretto storico della città d’Imola, Bologna 1847, p. 202; Catalogo delle opere di scoltura eseguite in marmo dal prof. cav. Cincinnato Baruzzi a tutto l’anno 1859, Bologna 1860; C. MASINI, Dell’arte e principali artisti… in Bologna dal 1777 al 1862, Bologna 1862, p. 19; A. SMITH, A Catalogue of sculpture at Woburn Abbey, London 1900; G. MAZZINI, Cincinnato Baruzzi. La vita, il tempo, le opere, Imola 1949, p. 46, tav. XI, p. 67; Paolo Tosio. Un collezionista bresciano dell’Ottocento, catalogo della mostra, a cura di M. Mondini, C. Zani, Brescia 1981, III.44, p. 80; W. GALAVOTTI, Cincinnato Baruzzi. Vizi e virtù di uno scultore accademico dell’Ottocento, Imola 1984, pp. 96-111; M. MONDINI, Dai Neoclassici ai Futuristi e oltre, catalogo della mostra, a cura di R. Stradiotti, Brescia 1989, p. 77; P.A. MELONI, Memorie delli Pittori, Scultori, ed Architetti della città, e diocesi di Imola. (Manoscritto del 1834), Atti dell’Associazione per Imola storico-artistica, XII, Imola 1992; J. KENWOTHY-BROWNE, e sculpture gallery at Woburn Abbey, in e ree Graces, catalogo della mostra, Edimbourgh 1995; C. FIORELLI, Un contributo alla rivisitazione dell’attività artistica di Cincinnato Baruzzi (1706-1878), in “Strenna Storica Bolognese”, LII, 2002, pp. 223-246; Antonio Canova e il suo tempo. Sculture e dipinti dei Musei Civici di Brescia, a cura di E. Lucchesi Ragni, M. Mondini, Brixiantiquaria, 21-29 nov 2009, p. VI; Canova nelle collezioni dell’Accademia Tadini, a cura di M. Albertario, Lovere 2010, p. 18, Fig. 2; Scultura in Lombardia. Arti Plastiche a Brescia e nel Bresciano, a cura di V. Terraroli, Milano 2010, pp. 233, 237; L. SIGHINOLFI, La vita e le opere di Cincinnato Baruzzi, in Uno scultore neoclassico a Bologna tra Restaurazione e Risorgimento, a cura di C. Maldini, Bologna 2006, p. 325.