Scuola professionale femminile Regina Margherita

Scuola professionale femminile Regina Margherita

1895 | oggi

Scheda

Su iniziativa della Società Operaia e di un Comitato promotore di donne bolognesi, nato nel 1890 in ambienti democratici per promuovere il diritto al lavoro e l'autonomia delle donne, viene fondata la Scuola provinciale femminile di arti e mestieri, in seguito denominata Istituto femminile d'arti e mestieri "Regina Margherita". E' la prima scuola di questo tipo nella provincia di Bologna. Ha l'obiettivo di istruire e avviare a un mestiere le fanciulle delle classi popolari. Di durata triennale, è basata sostanzialmente sui lavori manuali. Nei suoi laboratori si tengono corsi di sartoria, ricamo, cucina e altre mansioni tipicamente femminili. E' curata, inoltre, la preparazione professionale in quei settori, che vanno aprendosi all'impiego delle donne: le poste, le pubbliche amministrazioni e gli uffici commerciali. Tra le insegnanti vi è Giulia Cavallari Cantalamessa (1856-1935), prima donna laureata in Lettere all'Alma Mater, aiutata dal poeta Severino Ferrari (1856-1905) a preparare le lezioni e a correggere i compiti. Nel 1897 la scuola si insedierà in via Cartolerie n. 5, nei locali dell'ex Collegio dei Barnabiti (o ex Casa dei Corrigendi) e successivamente in via Saragozza 8. Dopo una breve esperienza come Società anonima cooperativa per Azioni, nel tentativo di renderla autonoma dal punto di vista economico - i mezzi finanziari dovevano venire dagli utili delle attività dei laboratori - nel 1903 la gestione passerà al Comune. Sulla base del progetto politico dell'Unione Popolare, che dal dicembre 1902 governa Bologna con intenti riformisti, il consiglio comunale delibera di avocare a sè l'istruzione professionale femminile. Subentra così nella gestione dell'Istituto femminile di arti e mestieri "Regina Margherita", che versa in gravi condizioni finanziarie, e aggrega ad esso l'Istituto "Romualdo Gonzaga", aperto con analoghe finalità. Nello stesso periodo il Comune abolisce la Scuola superiore femminile, frequentata dalle giovani della buona società, da tempo nel mirino delle polemiche e osteggiata dai socialisti. Entro il 31 dicembre 1904 la Società Operaia Femminile liquiderà la cooperativa titolare della precedente gestione dell'Istituto "Regina Margherita". Nel 1920, in occasione del 25° anniversario della fondazione, l'assessore Mario Longhena per conto del Comune apre le iniziative organizzate dalla direttrice Attilia Brigatti, ricordate con la realizzazione di una pergamena disegnata da Augusto Majani 'Nasica'. Dal secondo dopoguerra l'Istituto sarà intitolato a Elisabetta Sirani, "pittrice eroina" bolognese del XVII secolo.

"(...) Come in ogni città il fulgido e fatidico nome di Margherita è legato a qualche oasi di beneficenza, di protezione, di lavoro, di cultura, così qui quel nome vive, grande simbolo, in una scuola per giovinette: la scuola professionale o industriale che dir si voglia e che Bologna, quasi antica veste, vigila e custodisce, perché è una delle sue vecchie glorie. A questo Istituto oggi più che mai si rivolge il nostro pensiero, quasi per un bisogno di rivivere tutto quanto si riallaccia alla vita della Donna Augusta o fu palpito di quella vita stessa. Così ben volentieri rievochiamo alcuni degli episodi più belli che legarono, quasi di filiale amore, la protetta alla Sua Santa Ispiratrice e Patrona e ben volentieri pure torniamo col pensiero alla prima origine di questa antica istituzione, ricordando i punti più salienti della sua storia e la sua vita.

Nacque, la Scuola Professionale Femminile “regina Margherita” come quasi tutte le sue consorelle delle principali città d'Italia, per opera della beneficenza di privati cittadini, che fin dagli ultimi anni della seconda metà del secolo scorso, videro quale problema di somma importanza e necessità fosse quello dell'educazione femminile. Già nel periodo di dolori e di grandezze patrie, che precedette la redazione nostra, le menti più illuminate avevano proclamato come unica base del Risorgimento futuro l'educazione veramente nazionale e questa dover germogliare dall'educazione domestica ed ispirarsi ad essa. Onde la necessità di dare alla donna chiara coscienza della sua missione ed a risolverla si accinsero gli uomini più eletti del tempo e, forse con maggior senso pratico, le stesse donne più colte d'allora. Compiuto il Risorgimento politico, l'Italia dovette incamminarsi verso altri risorgimenti fra cui quello economico; dovette così, come in ogni periodo che segue alle guerre funeste, provvedere pure a ricostruire, se non a edificare interamente, la ricchezza nazionale distrutta. Elemento di ricostruzione, come sempre, così allora, fu il lavoro, che ebbe la ventura di trovare ormai una potente alleata nella scienza- questa trionfava ed illuminava ogni manifestazione di attività umana. Non bastava più lavorare ora, bisognava saper lavorare; un elemento nuovo, economico, conseguenza delle lotte nel campo della produzione s'imponeva: la questione del tirocinio e della preparazione al lavoro. Così questo comincia a riguardarsi sotto il punto di vista didattico: all'esecuzione empirica, succede quella metodica, razionale, scientifica che ogni giorno va migliorando e il lavoro, guidato da sapere e da cultura si eleva ad industria, la quale deve rappresentare economia di tempo e di sforzi ed essere capace di produrre vera ricchezza. Ormai si è convinti che quanto più la potenza dell'intelletto è applicata alle opere della produzione tanto maggiori sono i risultati del lavoro: da ciò il bisogno di un nuovo indirizzo educativo, di un novo tipo di scuole, che diano modo di imparare quel tanto che è necessario per esercitare convenientemente la professione scelta, che portino ad un avvicinamento della scienza al lavoro. E le scuole di nuovo tipo sorsero: tutte con nomi diversi, ma furono più o meno propriamente scuole professionali. Sorsero, e per la donna pure: non poteva essa rimanere estranea a questo nuovo indirizzo economico-sociale; già non erano più i tempi del famoso “visse in casa, filò la lana” essa non era più relegata nel gineceo domestico: nuove esigenze le imponevano altri doveri per la raggiunta conquista del suo posto di indipendenza e di dignità nella vita, accanto a chi e l'una e l'altra, per secoli e secoli le avevano negato o conteso. E se prima la famiglia bastava alla preparazione della giovinetta, ora, col processo delle scienze e con la loro applicazione ad ogni ramo di attività umana, con la vita tutta, fattasi più complessa, coi bisogni non più limitati ed elementari, con le esigenze di una maggiore agiatezza, diveniva inadeguata, per cui un nuovo organismo educativo viene a sostituirla: la scuola pratico teorica, che talvolta ne continua l'opera, tal altra la corregge, sempre però la migliore, dando alla donna chiara coscienza della sua dignità nuova, insegnandole ad esercitare le sue nuove funzioni con criteri scientifici.

Proprio durante questo nuovo risveglio economico, che pur oggi, in proporzioni maggiori noi vediamo ripetersi, sorse un primo nucleo della nostra scuola. La data è lontana: risale al 1876, quando, in seguito al lascito del benemerito dottor Romualdo Gonzaga, nacque l'Istituto che si intitolò dal suo benefattore ed eretto nel 1882 in Opera Pia. L'Istituto accoglieva gratuitamente le figlie del popolo per educarle allo studio ed al lavoro. Nel 1893 poi, scioltosi in Bologna il “Comitato di propaganda per il miglioramento della donna” fu proposto che il ben piccolo avanzo di lire 153,60 fosse messo a disposizione di chi avesse fondato una scuola professionale commerciale femminile in Bologna. La Società Operaia femminile accolse l'iniziativa, istituendo un Comitato che si valse pure di una sottoscrizione pubblica, di lotterie ed altro e il 24 febbraio 1895 invitò le fanciulle a inscriversi nei laboratori della nuova scuola professionale di arti e mestieri, che aveva pure modesti corsi di studio. Così nel settembre di quello stesso anno Bologna vedeva aperta un'altra istituzione simile a quella dell'istituto “Romualdo Gonzaga” La nuova scuola accoglieva le aule che avessero almeno 11 anni e dessero un contributo mensile di lire cinque. I risultati finali di quell'anno furono soddisfacenti, tanto che il comitato deliberò di dare un assetto duraturo alla scuola; provvide a migliorarla con mezzi finanziari, costituendo una Società anonima cooperativa, e nell'anno scolastico 1897-1898 ne modificò il Programma e il Regolamento, accogliendo fanciulle anche gratuitamente, o paganti una tassa mensile di sole lire tre; nel 1897, mediante gli uffici del Presidente del Consiglio di Amministrazione, conte ing. Adolfo Aria Branca, la scuola ottenne l'altro patronato di S. M. la Regina e assunse il nome di “Istituto femminile di arti e mestieri Regina Margherita”. Così “la più colta e più intelligente donna dei tempi nostri” la più bella e la più mite sovrana d'Europa, la più artistica anima femminile, la più grande e sublime madre d'Italia, non isdegnava di legare il Suo Augusto Nome a un modesto Istituto di arti e di mestieri, anzi, ben volentieri, Ella, che fin dalla Sua adolescenza si era proposta di far progredire oltre alle lettere, alle arti, alle scienze, le industrie, l'educazione e la cultura femminile, le elargì il Suo glorioso nome, vegliando poi sempre alle sue sorti. La memoria di questo atto Sovrano è custodita gelosamente in un quadro, fra le cose più care e sacre che la scuola conservi. Da allora l'istituto, sorto appena camminò sicuro sotto l'augusta protezione della Sua Santa Patrona ed io credo dovette essere proprio quel bel nome, quella fatidica persona, quell'eletto simbolo e indurre il Comune a concedere qualche anno dopo nel 1900, alla bella Istituzione un nuovo locale, che era quanto di più nobile e di più degno si potesse allora avere, e qualche anno ancora di poi, nel 1903, ad avocarla a se in seguito ad un'ispezione fatta dal già Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, il quale dimostrò che la scuola era ben ordinata, ma poverissima di mezzi. In questo tempo il Comune, che sempre l'aveva sussidiata, la fuse con l'antico Istituto Romualdo Gonzaga, che aveva finalità simili. Naturalmente le Amministrazioni dei due Istituti vennero ad accordi con le Amministrazione comunale. Quella del patrimonio Gonzaga rimase autonoma, e provvide al pagamento di tasse e libri per un certo numero di alunne; l'altra della Società Cooperativa fu disciolta; per altro agli Amministratori e alla Società Operaia Femminile si lasciò il diritto di iscrivere gratuitamente un determinato numero di alunne nella scuola del Comune. Tali iscrizioni gratuite continuano tutt'oggi, accresciute da altre per opera del Comune, che ormai da ventidue anni amministra la scuola con intelligente cura. Attualmente l'Istituto ha sede in un locale di via Saragozza, n. 8, concesso dal Municipio, come ho detto, fin dal 1900: ecco allora era ben angusto, col volger degli anni si è ingrandito e altri locali verranno aggiunti ancora e migliorati, perché è fermo intento dell'attuale solerte amministrazione di dare a Bologna una scuola fiorente che pure, sotto l'aspetto igienico, risponda alle migliori esigenze odierne e perpetui la gloria di chi ad essa fu legata di amministrazione, di amicizia di protezione, di favore. Questo sopratutto a noi oggi vien fatto di ricordare, quasi omaggio devoto all'Augusta Scomparsa. E ci piace riandare col pensiero a qualcuno degli episodi gentili, nati in uno slancio di reciproco amore fra la protetta e Margherita nostra Signora. 

Così ad esempio è del 1905 la prima visita di S. M. alla Scuola: fu inattesa e perciò tanto più significativa e gradita. In quell'anno la Regina nostra era di passaggio da Bologna, da questa città, che nella severità dei suoi ricordi medioevali seppe sempre esercitare un fascino irresistibile sull'anima grande di Margherita di Savoia: la Scuola era tutta in un fervore di amore per una delle sue belle esposizioni di lavori che le meritarono encomi molti: in quest'occasione solenne non poteva l'Augusta Protettrice dimenticare la protetta; l'animo Suo di artista, di cultrice esimia di opere muliebri, non poteva passare senza soffermare lo sguardo vigile e commosso su un'opera che tanto le stava a cuore: e venne e fu accolta dal più vivo entusiasmo, ad ammirò e s'interessò di tutto e si compiacque dei lavori bellissimi eseguiti con diligenza e gusto squisito. La scuola ne serbò sempre più caro e vivo il ricordo e le fu legata da riconoscenze ancor più profonda, tanto che qualche tempo dopo sentì il bisogno di un omaggio devoto alla beneamata Sovrana ed eseguì per Lei, per l'anima Sua di artista, un dono umile, ma bello: un cuscino. Io non ne intesso gli elogi, c'è chi parla per me ed è la Regina stessa a mezzo della sua Dama d'Onore, la Marchesa di Villamarina: ecco, è un passo della lettera diretta alla Direttrice: “Mi è grato ora il dirle che il lavoro, così dal punto di vista artistico che per la fine ed accurata esecuzione, è stato trovato bellissimo dalla Augusta Signora che aveva lusinghiere espressioni di compiacimento e di encomio all'indirizzo delle abili alunne e di V. S. che così diligentemente le guidava nella pregevolissima opera”. A questo proposito potrei aggiungere che anche qualche anno dopo l'Eletta Signora aveva sempre gli occhi commossi rivolti a quel dono, che dovette esser certo di mirabile arte, s'Ella, ricevendo un giorno nelle sue sale l'illustre Casanova, si compiacque mostrarglielo, ricordando con giubilo la sua provenienza. Oh il Suo bell'entusiasmo di artista e d'italiana come fu grande! …Né cessò mai un istante e tanto meno si attenuò col volger degli anni. L'anima, questa fece sublime e divina questo gran dono misterioso. Si ingigantiva in Lei man mano che il tempo lievemente andava affievolendo le Sue Grazie giovanili: così alla bellezza pur sempre divina del volto, un'altra se ne andava accrescendo, più sublime, perché eterna: quella di una vita spirituale più intensa che la irradiava tutta di celeste beltà e con essa ben Le era dato di poter contemplare estasiata e commossa l'infinità azzurra dei nostri cieli, la profondità cupa dei nostri mari, l'altezza eccelsa delle nostre cime dilette e con essa ben poteva comporre le più divine armonie e passare fra noi come un effluvio di bene, che riempiva l'anima nostra dei più soavi profumi, che ci beatificava della Sua bellezza, non più quasi terrena. Tale passò, l'Eletta nostra, in questi ultimi anni ed ebbe, per la scuola di cui narravo, un amore quasi vorrei dire più grande se non temessi di essere fraintesa, perché grande veramente lo aveva nutrito pure per il passato: fu certo verso la nostra scuola un sentimento più dolce e soave ora, come di cosa che è ormai conosciuta, che ci appartiene, che è più nostra, perché l'abbiamo intensamente vissuta e nell'età migliore. In questo trasporto di sentimento, io penso, dovette apparire, all'Augusta Donna il nostro Istituto, quando, durante l'Esposizione didattica delle Scuole Professionali in Roma, Ella ebbe ad esprimere all'esimia Direttrice signora Attilia Brigatti, commosse parole di plauso per tutti i progressi raggiunti, che giustificarono pienamente l'assegnazione alla Scuola della medaglia d'oro, e quando, due anni dopo, nel 1909, ella sentì il bisogno di dare un'altra prova della Sua benevolenza, perché inaugurandosi in quel tempo la bandiera dell'Istituto e facendosi l'esposizione al pubblico dei lavori eseguiti durante l'anno scolastico, colle, per rendere più solenne la festa, donare tre medaglie d'oro da assegnarsi alle alunne più brave. E l'amore dolce e soave, l'ammirazione e la stima profonda di questa Augusta Donna continuò ancora... 

La scuola doveva partecipare nel 1911 all'esposizione internazionale di Torino: ebbene, Margherita di Savoia fa, fin dall'anno precedente, un'ambita e pregevole commissione, che figurerà poi all'esposizione stessa, ove la Scuola, questa volta, riporterà il Gran Premio. La commissione era una tovaglia da “buffet”; riuscì un lavoro pregevole, accompagnato poi da un atto di pregevole omaggio delle allieve, che educate al culto della nostra gloriosa e amata Casa di Savoia, offrirono alla Principessina Jolanda un magnifico colletto Aemilia-Ars, giudicato dall'Augusta Regina di “finissima esecuzione”. Altri episodi gentili potrei qui ricordare, ma vi sorvolo, non senza però tralasciare quello del novembre 1923. Allora, in omaggio alla 25° anniversario dell'intitolazione della scuola all'Augusto Nome, fu offerta alla Diletta Scomparsa una cartella-album con un mirabile lavoro ad ago. Ecco di questo caro ricordo quello che l'Augusta Patrona ne scrisse a mezzo della Sua Dama di Palazzo “Contessa Pes” in una lettera diretta alla Direttrice: “L'album pregevolissimo non poteva incontrare accoglienza più benevola né più vivo essere il compiacimento della Augusta Sovrana per la conferma, che l'offerta, squisitamente gentile, Le recava di quella reverente ed affettuosa devozione che è nelle conosciute tradizioni del fiorente Istituto.” “Sua Maestà ha molto ammirato l'artistico merletto onde l'album si adorna e mentre esprime i Suoi sinceri encomi alle abili artefici, ed a colei che le diresse, invia dal cuore a V. S., alle insegnanti, alle alunne tutte, le sue sentite riconoscimenti grazie per il dono ed il pensiero graditissimo”. Non è chi non veda come in questa espressioni sia racchiuso un tesoro di apprezzamenti per una scuola che da oltre trent'anni ha vita, che è destinata ad accogliere, solerte e premurosa, le giovanette per schiudere loro l'animo alle cose più umili lavori del domestico focolare a quei lavori che daranno poi loro le più pure, le più intime, le più care gioie perché fatti con lo spirito che è della donna, che dev'essere della vera donna, con lo spirito cioè di dedizione, di amore a una causa grande, a un nobile santo ideale: la famiglia propria. Perché la Scuola Industriale “Regina Margherita” non è una scuola come tutte le altre, ha un carattere notevole che la distingue: la praticità in essa si vive la vera vita, fatta non di solo sapere, ma di abilità diverse, acquistate con paziente, razionale esercizio: potrei dire ch'essa è e non è una scuola: ha di questa e ha molto della famiglia, tanto che la giovinetta, venendovi, non sentirà troppo il distacco della casa, perché quasi vedrà perpetuare nelle maggiori occupazioni scolastiche la immagine della sua mamma laboriosa e buona; potrei dire anche che qui si passa dalla teoria alla pratica e da questa a quella: l'una che illumina, perfeziona il lavoro, l'altra che applica e chiarisce quanto la teoria ha di oscuro, si che quivi, come ben disse Aristotele, “le cose che facciamo bene avendole imparate, le impariamo bene facendole”; che qui la scuola è vita e la vita è scuola; potrei infine riassumere il suo programma con un bisticcio: qui si fa quel che si sa e si sa quel che si fa; ma vedo il lettore desideroso di maggiori dettagli, per cui mi è d'uopo far conoscere tutte le singole occupazioni sue e il suo scopo.

Il fine che la nostra scuola si propone è quello di offrire alla giovinetta, insieme a una cultura necessaria ai suoi bisogni spirituali, una preparazione che la renda atta al buon governo della casa e le dia pure il mezzo di provvedere onestamente e agiatamente a se stessa, diventando abile nei vari lavori muliebri. Perciò qui si trovano accanto agli insegnamenti d'Italiano, di storia e di storia e di geografia, di aritmetica e contabilità, di francese, di scienze, di merceologia, di igiene, di diritti e doveri e legislazione sociale, di storia dell'arte, di educazione fisica, di canto, quello di disegno e di taglio, la scuola di merletti di bulino e di montatura dei vari lavori. Né basta: l'insegnamento pratico non sarebbe completo se vi mancasse l'arte della cucina e del buon governo della casa con i vari esercizi di manutenzione della medesima: quindi vi ha posto l'insegnamento del rammendo, della lavatura e stiratura dei vari indumenti di biancheria e di vestiario, quello di smacchiare, di rimettitura a nuovo e di custodia delle pellicce e di ogni altro indumento, nonché l'arte di sapere ornare la mensa e la casa tutta, con quel buon gusto, che dovrebbe essere innato nella donna e specialmente nella donna italiana, quasi a onore della gloriosa tradizione artistica nostra. La Scuola “Regina Margherita” vuol nutrire l'animo delle giovinette di bontà, di bellezza, di poesia, prendendo questi elementi dalla realtà stessa della vita; vuol fare sentire tutta la nobiltà anche della più umile occupazione casalinga, che solo allora essa acquisterà veramente la gioia e la bellezza di una elevazione, la santità di una preghiera e la famiglia sarà il focolare degli effetti più puri e soavi, la fucina di uomini virtuosi, di progresso e di vera civiltà. In questa Scuola il lavoro, è la sorgente di serenità e di letizia: quivi la stanchezza non protesta perché l'alternare le diverse occupazioni intellettuali con quelle manuali è condizione essa stessa di riposo, mentre è giuoco piacevole; il vedersi fiorire fra le mani lavori pregevoli e utili di cui le allieve stesse sono le artefici suscita le più belle soddisfazioni, fuga la noia e allevia ogni fatica; il lavoro compiuto col massimo entusiasmo, perché non imposto, ma di libera elezione, acquista un carattere di vera arte che ogni giorno più si innova per l'elemento di originalità personale apportatovi da ogni singola allieva, grazie anche all'educazione del sentimento del bello, che qui si acquisisce, soprattutto con l'insegnamento del disegno. Questo è la base di tutta la vita della scuola, ne informa tutta la sua produzione e per esso noi abbiamo il vero trionfo dell'arte applicata all'industria: ogni lavoro che riveli le più delicate trame del ricamo, o quelle quasi eteree del merletto è sempre ispirato a un fine gusto artistico, che ha avuto la sua prima manifestazione nella scuola di disegno, ove valenti insegnanti guidano e ispirano la produzione delle allieve. La scuola non acquista modelli, perché si vuole che tutto sia originale e la ricerca stimola l'attività dell'insegnante e delle alunne e così essi fioriscono molteplici: dal disegno per un cuscino si va a quello per una scatoletta, per un centro da tavola, per una trina, per un ricamo in genere, a quello per un abito da signora, per la biancheria, per le tende e tendine, per una guarnizione qualunque. L'ispirazione si domanda quasi unicamente alla natura e ogni motivo ornamentale si modifica in modo da ottenere modelli svariati, che possono servire a una quantità grande di oggetti. Precipua importanza ha lo studio del colore per l'educazione del gusto estetico, cui concorrono pure le lezioni di storia dell'arte. Come per il disegno, così per ogni insegnamento io potrei intrattenermi a dire il procedimento suo, cosa però che mi guardo bene dal fare per non annoiare il lettore e me pure, perché so che certi argomenti vissuti, suscitano interesse, mentre descritti ottengono l'effetto opposto. Dirò solo che dalle industriose e geniali mani delle allieve, dirette con paziente e intelligente amore dalle singole insegnanti, escono indumenti di biancheria, di sartoria, di modisteria, terminati con freschezza e precisione mirabili, adorni con gusto squisito; oggetti di ornamento casalingo che niente costano: solo pazienza e genialità nell'eseguirli; indumenti di biancheria e di vestiario rimessi a nuovo con arte sapiente; pietanze combinate con gusto delicato e del pari con economia di spesa e di tempo, sempre ispirandosi all'ideale educativo dell'estetica, della purezza.

Né alcuno penserà che tutte queste siano piccole inezie di cui si possa forse fare a meno, perché chi ha chiara coscienza di quello che la giovinetta è e di ciò che l'aspetta nella vita, sa bene che la sua missione è grande e non può essere limitata alla gretta, fredda conoscenza di qualche manuale di lavoro, di buon governo domestico, o di cucina: in essi troviamo solo un ricettario delle norme che non hanno alcun significato per chi non sa leggere, che restano gelida, muta parola per chi non ha l'elevatezza di spirito per comprenderle e fa di esse un vero poema d'amore, un poema di tutta la vita. Questo soprattutto la scuola nostra vuole ispirare a te, o giovinetta già buona, questo vuole diffondere per mezzo tuo nelle famiglie, anche in quelle che ancora dovranno essere, ché l'opera della Scuola non può pensarsi circoscritta nelle quattro pareti sue: ben meschino compito avrebbe! E allora tu, che avrai imparato più che la norma, lo spirito che la vivifica, l'entusiasmo che la rende eloquente anche agli animi meno eletti, ti sentirai felice per il molto che potrai donare a tutti quelli che ti avvicinano e soprattutto a quelli che ne avranno bisogno. E il tuo dono sarà sempre ben accetto, perché qui, in queste pareti, avrai imparato a elargire con sorriso amico e on quel sentimento di modestia, che è una delle precipuo doti femminili e ch'io voglio sempre ti accompagni, perché dà forza al merito come le ombre danno rilievo alle figure. Tu sarai così signorina dell'arte di avvincere l'uomo alla famiglia, alla casa tua, fosse essa pure la più modesta, perché saprai diffondervi un'aria profumata di bene e saprai renderla piacevolmente abitabile. Tu sarai ancora l'angelo buono, l'angelo che saprà lenire i dolori amari della vita, l'angelo che avrà sempre pronta una parola di conforto per chi, forse, sta deviando dal retto sentiero della vita: tu saprai ricondurre al sacro tetto della famiglia forse anche chi un giorno avrà avuto la sventura di allontanarsene, traviato dal vizio dei compagni i quali non incontrano nella loro vita un'anima grande, capace di intenderli, di proteggerli, di persuaderli con la parola buona, che giunge sempre al cuore anche dei cattivi, dei peggiori, dei più perversi. Oh, oh, le belle conversazioni al bene di cui tu sarai capace, come parleranno eloquenti della gloria di una piccola società laboriosa e giuliva: la scuola mia, che tu ha schiuso l'animo alle più pure e grandi gioie, che ti è stata la ispiratrice, la consigliera paziente, premurosa, attiva, l'amica vera della tua prima età. E allora... oh allora nella pace serena e santa della tua famiglia un sentimento di gratitudine sboccerà dal tuo cuore, un pensiero gentile schiuderà le tue labbra e tu pronunzierai ai figli la più bella preghiera: la benedizione per chi ti ha insegnato ad amare il lavoro, a desiderare il dovere, quel dovere che è tutto più che ogni altro, per chi ti ha resa degna della grandezza nostra, per chi ti ha fatto madre di una stirpe di eletti, che perpetueranno nel mondi la nostra gloria antica: gloria di sublimi eroismi, di civili virtù, di nobili, magnanime conquiste in ogni campo del sapere, dell'arte, del lavoro, della giustizia, della serena bontà fra i popoli. L'Italia sarà la tua stella e il tuo divino splendore, che irradierà ancora nei secoli la grande civiltà con la missione che Dio, quasi prediligendola, le assegnava. (...) Bologna, 9 gennaio 1926, GRAZIETTA PASTORINI DIRETTRICE" (Testo tratto da 'La Scuola professionale femminile "Regina Margherita" di Bologna' nella rivista 'Il Comune di Bologna' del gennaio 1926, trascrizione a cura di Zilo Brati).

In collaborazione con il sito "Cronologia di Bologna dal 1796 ad oggi" della Biblioteca Sala Borsa di Bologna.

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