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Luigi Rocchi detto/a Gino

23 Dicembre 1844 - 30 Novembre 1936

Scheda

Storico e letterato. Figlio di Francesco, eminente archeologo (collega di Carducci nella Facoltà filologica) fu discepolo devoto del Premio Nobel e di G. B. Gandino, vivendo nella consuetudine e nell’amicizia di entrambi. Allievo del Liceo Galvani, ne divenne successivamente Direttore dal 1879 al 1896. Si laureò a Bologna nel 1867. Dal 1898 venne chiamato a lavorare presso la Biblioteca dell'Archiginnasio e a svolgere ruoli ufficiali per il Comune di Bologna. E' sepolto alla Certosa di Bologna, Chiostro VII cortile, pozzetto 8/2.

In occasione della morte Emilio Lovarini venne chiamato a ricordarne la vicenda biografica: "Il padre Francesco Rocchi, amico e allievo del Borghesi, che tenne la cattedra d'archeologia in questa Università dal 1847 al 1875, portò questo suo figliuolo in Bologna, in un ambiente più atto ad arricchire e affinare la sua educazione letteraria. (...) Gino Rocchi del buon eloquio letterario fu certo un vero efficacissimo maestro, che esercitò questo ufficio per lunghi anni, sempre in Bologna, prima come insegnante nel Ginnasio Comunale Guido Guinizzelli, di cui fu anche Direttore, poi nel R. Istituto Tecnico. (...) Solo a novant'anni s'indusse per l'altrui volontà a radunare in un volume di 350 pagine suoi Scritti vari, che sono del resto sufficiente prova della sua dottrina, della vasta cultura, della conoscenza della letteratura latina e italiana, dell'archeologia, della epigrafia e di altro. Vi hanno begli Elogi di personaggi degnissimi a anche grandi, come Bartolomeo Borghesi. Interessantissimo quello di una illustre dama bolognese, la marchesa Brigida Fava-Ghisilieri in Tanari. (...) Il Rocchi fu uno dei migliori uomini che il Carducci potè aver vicino e ben meritò di essere lui ricordato nell'ode 'Da Desenzano' dedicatagli nel luglio del 1883". Anche Giuseppe Lipparini venne chiamato a ricordarlo presso l'Accademia dei Filopatridi di Savignano, di cui era stato nominato presidente nel 1933: "Riordinava, intanto, e descriveva i manoscritti Hercolani della Biblioteca dell'Archiginnasio, dandone relazioni che sono un modello del genere; raccoglieva in un volume zanichelliano le Poesie scelte del Carducci, e nessuno poteva farlo meglio di lui, che per tanta età era vissuto in comunione di spiriti con il maestro; e per lunghi anni, finchè glielo permise la vista, fu revisore delle epigrafi del Comune. (...) E, quasi novantenne, egli accettò dopo la morte di Giuseppe Albini, e con somma dignità la tenne, la presidenza della Commissione per i testi di lingua, così cara al Carducci, che lo aveva chiamato a farne parte fin dal Luglio 1888."