Pincherle Maurizio

Pincherle Maurizio

13 novembre 1879 - 12 Settembre 1949

Note sintetiche

Titolo di studio: Laurea
Occupazione: Professore universitario

Scheda

Maurizio Pincherle, fu pediatra molto noto a Bologna, ordinario di clinica pediatrica presso l'Università di Bologna e direttore della clinica pediatrica Gozzadini. Nasce a Pavia da Salvatore ed Emma Morpurgo nel 1879 ma cresce e si forma a Bologna, dove si laurea nel 1904 con una tesi sperimentale su l'indipendenza funzionale dei lobi del fegato. Il suo interesse è comunque rivolto alla pediatria, disciplina che solo da pochi anni si andava affermando, e frequenta corsi di perfezionamento a Vienna e a Firenze.
Poi è di nuovo a Bologna come aiuto nella clinica pediatrica Gozzadini, di cui sarà direttore dal 1929, dopo avere assunto le direzioni della clinica pediatrica del Policlinico universitario del Santa Maria della Scala a Siena, prima, (1924-1928) e della clinica pediatrica dell'Università di Pavia (1928-1929), poi. Numerosissimi i suoi contributi alla ricerca medica e di altissimo livello la scuola di pediatria che costituì.

La famiglia Pincherle è di origine ebraica e il professor Maurizio Pincherle fu uno dei professori universitari che, in quanto ebrei, per primi vennero sospesi dall’insegnamento a seguito della prima delle leggi razziali, anche se iscritti al Partito Nazionale Fascista, come fece Maurizio nel 1932. Il decreto è firmato il 5 ottobre 1938 e decorre a partire dal 16 ottobre giorno dell’inaugurazione dell’anno scolastico. Come mai Maurizio non è sepolto nel cimitero israelita della Certosa accanto al padre ma in Campo Carducci? La spiegazione si trova andando a esaminare le vicissitudini che Maurizio e la sua famiglia si trovarono ad affrontare fin da quel primo decreto di sospensione dall’insegnamento cui seguirono il divieto di esercitare la professione e infine la fuga sulle colline marchigiane.
Secondo il racconto della figlia di Maurizio, Ginetta Pincherle, (in una intervista del 2006, il professore “iniziò ad avere i sintomi del Parkinson proprio al momento dell’annuncio delle leggi razziali per radio. In quel preciso momento gli iniziò a tremare il mento, il labbro inferiore. Eravamo annichiliti quando vedemmo cosa gli stava succedendo e piangemmo. La malattia nacque così, in quella giornata di per sé tanto orribile. Andò avanti dieci anni, e l’ultimo periodo era in condizioni veramente gravi”. Certo, il Parkinson è una malattia neurodegenerativa che è già da tempo in atto quando i primi sintomi diventino visibili e associarne l’insorgere ad uno shock sembra poco verosimile.

Rimane il fatto che le leggi razziali stravolsero le vite delle famiglie di origine ebraica con una rapidità impressionante. Dei figli di Maurizio, la minore, Ginetta, dall’oggi al domani, deve lasciare il Ginnasio Galvani; successivamente, nel 1942, il figlio mezzano, Mario, deve frettolosamente concludere gli studi alla facoltà di Ingegneria con un vero tour de force che viene registrato dal padre nei suoi diari: “22 giugno: Il 6° esame! 6 esami in 14 giorni!”. Leo, il primogenito e figlio di primo letto, si era laureato in Fisica a Bologna nel 1931, aveva lavorato con Fermi presso il famoso Istituto di via Panisperna fino al 1935 e successivamente ottenuto la docenza del corso di Fisica teorica presso l’università di Padova; anche lui a seguito delle leggi del ’38 deve lasciare la docenza e nel 1939 parte per l’Inghilterra dove resterà a lavorare per il resto della vita. Il professor Maurizio Pincherle si vede dunque sollevato dai suoi incarichi all’università, la docenza e la direzione della clinica pediatrica, fin dal 1938. A quel primo decreto seguì l’applicazione di una serie di ulteriori leggi, ordinanze e circolari, con un progressivo limitare delle libertà dei cittadini di origine ebrea. Il divieto di praticare la professione di medico arriva nel 1940.

Nel luglio del 1943 la famiglia è a Palombina, vicino ad Ancona, nella casa estiva di Ada Cameo Sinigaglia, sorella della moglie Gilda, dove è tradizione per Gilda e i figli passare le estati. Lì li coglie la caduta di Mussolini, l’8 settembre e i primi effetti dell’occupazione tedesca. Mario diventa partigiano, Ginetta si “nasconde” a casa di conoscenti fingendosi una nipote di Napoli, i coniugi Pincherle si rifugiano sotto falsa identità a Nebbiano, un paesino sulle colline sopra Fabriano. E’ qui che nel maggio del ’44 Maurizio, le cui condizioni di salute sono già precarie, si ammala di una grave forma di infezione intestinale. Nel diario, al 18 maggio, scrive: "Meglio! Il frate...." Il nipote Maurizio, figlio di Mario, che ha curato e commentato la pubblicazione dei diari del nonno, nel commentario svela il mistero che si cela dietro quei puntini di sospensione e spiega la presenza della tomba Pincherle nel Campo Carducci della Certosa. "Il frate venne chiamato per battezzare Maurizio Pincherle, considerato in pericolo di vita; si battezzò anche Gilda, per seguire il destino del marito. A causa di questo battesimo, che fu fatto allo scopo di poter tumulare, in caso di morte, Maurizio in un cimitero cristiano, si crearono problemi nel 1949 con la Comunità israelitica di Bologna, che rifiutò di inumare Maurizio nel Cimitero ebraico".

Maurizio Pincherle fece ritorno a Bologna nell’agosto del 1945. Nel mese di luglio aveva ricevuto dal preside della facoltà di Medicina una lettera che gli comunicava la sua riassunzione in servizio. Le circostanze del suo reintegro in servizio, come fu per molti accademici ebrei, dovettero però comportare anche forti delusioni, prima fra tutte il non potere ricostituire la propria scuola con i vecchi allievi prediletti o la costatazione di quanto fosse stata sistematica la cancellazione del proprio passaggio. Insomma per Pincherle il ritorno comportò forse nuove angustie e di certo la sgradita necessità di rapportarsi con colui che considerava il proprio usurpatore, Gaetano Salvioli, mantenuto in carica grazie ad uno sdoppiamento di cattedra. In più, la salute di Maurizio è minata, il Parkinson sempre più invalidante e di fatto il suo reintegro più formale che effettivo. Nell’annuario dell’Università di Bologna degli anni accademici 1948-1949 e 1949-1950 è riportato il necrologio di Maurizio Pincherle. Il necrologio è a firma proprio di quel Gaetano Salvioli che nel ’38 ne aveva preso il posto. Si legge: “Nel 1938 le leggi razziali allontanarono dalla sua scuola e quindi dalla sua vita di docente e di Maestro il prof. Pincherle. Grande fu il suo dolore, dolore che egli sopportò con animo tanto magnanimo che al suo ritorno non ebbe rancore contro nessuno: tutto perdonando e tutto comprendendo”. I figli Ginetta e Mario di certo non perdonarono. E il professore? Davvero comprese tutto e perdonò tutto, come sostenne chi direttamente beneficiò del suo allontanamento? Forse. Alla data 24 agosto 1945, data del suo rientro a Bologna, scrive: “Io, senza dimenticare, perdonerei”. Dunque, l’importante è non dimenticare.

In Certosa, nel Campo Carducci, un po’ defilata tra gli alti alberi, vicino ad uno degli accessi al Colombario, c’è la sua tomba. Una semplice pietra che recita “Maurizio Pincherle, clinico pediatra, 13 nov 1879 12 sett 1949” cui seguono i nomi e gli anni di nascita e di morte della moglie, Gilda Cameo, e della figlia, Ginetta. Il padre di Maurizio, Salvatore Pincherle, insigne matematico di fama internazionale, in forze all’ateneo bolognese sin dal 1881 e morto nel luglio del 1936, è sepolto nel cimitero israelitico della Certosa, a fianco della seconda moglie Natalia Gentilomo.

Marina Zaffagnini

Bibliografia: Cronaca di un esilio. Un pediatra ebreo tra persecuzione e sofferto rientro (1938-1946), Affinità Elettive Edizioni, Ancona 2011; sito storiamemoria.it (progetti con le scuole superiori di cui il liceo Fermi), Intervista a Ginetta Pincherle (aprile 2006); Roberto Finzi, L'Università italiana e le leggi antiebraiche; Annuario dell’università (1949), G. Salvioli “Maurizio Pincherle”.

Note

Maurizio Pincherle, da Salvatore ed Emma Morpurgo; nato il 13 novembre 1879 a Pavia. Laureato in Medicina. Ordinario di Clinica pediatrica all'università di Bologna dal 1929. Iscritto al PNF dal 1932. Il 7 dicembre 1938, a metà dell'anno accademico 1938-39, essendo ebreo, fu costretto a lasciare l'insegnamento - unitamente a una quarantina di docenti, undici dei quali ordinari e tre onorari - a seguito dell'entrata in vigore della legislazione antisemita per «la difesa della razza». Fu pure espulso dall'Albo dei medici. Venne riammesso all'insegnamento universitario l’1 settembre 1945, Essendo stato nuovamente iscritto all'ordine potè riprendere la professione medica. [O]

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Nazario Sauro Onofri, Ebrei e fascismo a Bologna, Editrice Grafica Lavino, Bologna, 1989.

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Nazario Sauro Onofri, La Comunità israelitica bolognese. Da sant'Ambrogio alle lotte partigiane 1943/45.

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