Pier Capponi

Pier Capponi

1863

Scheda

Alessandro Guardassoni (1819 - 1888), Pier Capponi, 1863. Ubicazione: sconosciuta. La fotografia del Pier Capponi è un caso esemplare delle capacità documentarie dell’Album Belluzzi. Si tratta infatti di un dipinto disperso, probabilmente negli anni dell’ultima guerra (Bologna 1994, si veda anche il Regesto), e la cui immagine ci è trasmessa da questa fotografia e da un’incisione di Luigi Paradisi, su disegno di Anacleto Guadagnini (n. 78, p. 23 in Bologna 1997). Alcuni disegni a matita in collezione privata, sia di piccoli gruppi di figure, di teste, che della scena nel suo complesso (pubblicati in Bologna 1997, nn. 70-78, pp. 20-23 e figg. a pp. 59-61 e in Bologna 1998a, n. 27 a p. 20 e fig. a p. 36 e in Bologna 2000b, nn. 22-23 p. 25 e figg. a p. 41), ci dicono qualcosa dell’evoluzione del progetto e sono testimonianza di quel ‘Vero’, che animò le ricerche di Guardassoni.

Questo dipinto è stato giudicato un momento di stallo nella carriera dell’artista rispetto a sue precedenti prove, quali la Conversione dell’Innominato o la Tumulazione di Cristo, tuttavia ci manca il colore, che dovette esserne l’elemento di novità e di forza. Il Pier Capponi vinse il Premio di Pittura storica alla Prima Esposizione delle Accademie dell’Emilia del 1863 e valse all’autore il titolo di professore onorario in Accademia. Come indica la stessa iscrizione sul montaggio fotografico, l’opera fu commissionata per il salone del Risorgimento del marchese Luigi Pizzardi (1815 - 1871), l’esempio bolognese più celebre di decorazione di un palazzo privato in chiave Risorgimentale. Battistini (Cronologia in Bologna 2019), osserva che già nel 1858 Minghetti, scrivendo ad Adeodato Malatesta, comunicava che Guardassoni aveva accettato di dipingere il Pier Capponi. Nel 1863 fu presentato anche un Galileo Galilei di Giulio Cesare Ferrari, sempre commissionato da Pizzardi per il suo palazzo di via San Mamolo. Questi sono da considerarsi i primi di una serie di dipinti eseguiti per la celebre sala, cui si aggiungono, nel corso degli anni: Carlo Alberto a Oporto di Antonio Puccinelli (1865-1866), Dante in esilio di Andrea Besteghi (1865), Cavour e Minghetti di Luigi Busi (1866), Michelangelo Buonarroti che studia le fortificazioni di S. Miniato presso Firenze, di Antonio Muzzi (1867 e anch’esso riprodotto nell’Album Belluzzi con una fotografia di studio, nn. 6 e 7), Cristoforo Colombo (1868), e Vittorio Emanuele II e le annessioni (1871), entrambi di Busi. Il progetto del salone del Risorgimento si inseriva nei lavori intrapresi da Pizzardi nel 1861 per rinnovare l’antico palazzo Legnani e rivederne, tra le altre cose, le facciate, anche a seguito del riattamento della via Libri nell’attuale via Farini. Per la decorazione parietale della sala fu chiamato Luigi Samoggia (1811 - 1904) e lo stesso Guardassoni, che lavorò spesso in coppia con Samoggia, occupandosi il primo della parte di quadratura architettonica e il secondo delle figure. La sala è ancora esistente al primo piano del palazzo di fronte allo scalone d’onore, ma mutila e notevolmente modificata in seguito al passaggio di proprietà alla Società italiana per le strade ferrate meridionali (1885). I dipinti del salone passarono poi in via Castiglione in palazzo Ratta, dove si era trasferito Carlo Alberto Pizzardi, figlio minore di Luigi e amministratore dei beni di famiglia. Fu questi, nel 1920, a donare una parte della quadreria del salone per il Museo Civico del Risorgimento; il Municipio ne ereditò poi altre opere alla morte avvenuta nel 1922.

Isabella Stancari

Testo tratto da: Isabella Stancari, 'Il Primo album fotografico Belluzzi e i pittori bolognesi della Seconda metà del secolo XIX', Bollettino del Museo civico del Risorgimento, Bologna, anno LXIII - LXVI, 2018 – 2020, Bologna, 2022. BibliografiaAtti 1863, pp. 8, 14, 25; Roncagli 1863, pp. 479-480; Masini 1867a, p. 12; Storia delle Arti del Disegno 1888, p. 119; Bologna 1980, p. 101; Bologna 1983b, pp. 63 (ripr. n. 10), 151; Milano 1988, p. 113; Marchetti e D’Onofrio 1991, p. 175; Borgogelli 1991, p. 17; Collina 1993, p. 15; Bologna 1994, pp. 14-15, 17, 69,n. 2, p. 74, 105; Bologna 1997, pp. 7, 9; Bologna 1998a, p. 12; Bologna 2000b, p. 15; Bologna 2006, pp. 13, 18-19, 92; Bologna 2019-2020, pp. 30, 35, 148-149.

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Eredità di Carlo Alberto Pizzardi (L')
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La storia di Bologna passa anche attraverso la generosità del marchese Pizzardi, al quale si devono restauri illustri e due dei maggiori ospedali cittadini.