Patrioti in esilio

Patrioti in esilio

1796 | 1860

Scheda

Attraversavano a piedi il confine con la Svizzera e con la Francia, dove molti si fermavano. Altri continuavano il viaggio, disperdendosi verso il Belgio, i Paesi Bassi, l’Inghilterra. Molti salivano su piccole imbarcazioni dirette in Spagna, in Corsica, in Grecia, a Malta e verso il Nordafrica, in particolare Egitto, Tunisia, Algeria. Dai grandi velieri e poi dai primi piroscafi sbarcavano in America del Nord e in America Latina.

Furono migliaia gli italiani cha dalla fine del XVIII secolo al 1860 scelsero o furono costretti a lasciare l’Italia, perché non sopportavano di vivere sotto governi dispotici o per sfuggire al carcere e alle persecuzioni. Molti non tornarono. Alcuni morirono combattendo in America Latina, in Spagna e in Grecia, come Santorre di Santarosa, caduto nel 1824 sull’isola di Sfacteria nella lotta contro gli ottomani. Altri si integrarono nella realtà del paese che li aveva ospitati, ricoprendo importanti incarichi nelle pubbliche amministrazioni, come Antonio Panizzi, che divenne principal librarian della biblioteca del British Museum e morì a Londra nel 1879. La maggior parte degli esuli continuò a sperare nel ritorno in una patria libera da dittature e da occupazioni militari straniere, organizzandosi intorno a figure carismatiche come Giuseppe Mazzini, ma per molti l’attesa del ritorno fu lunga, dolorosa e contrassegnata da innumerevoli sconfitte e cocenti delusioni. Se Filippo Buonarroti, uno degli esponenti più importanti del giacobinismo italiano, può essere considerato tra i primi emigrati politici del Risorgimento (abbandonò l’Italia all’epoca della Rivoluzione francese per rifugiarsi in Corsica), è Ugo Foscolo che con il suo esempio e grazie alla sua fama, partendo da Milano per la Svizzera nel 1815 «...diede alla nuova Italia una nuova istituzione: l’esilio!». Ma con Foscolo siamo ancora all’epoca della Restaurazione, mentre sono i moti napoletani e piemontesi del 1820 e del 1821 che causano il primo esodo di massa, la prima grande ondata di esuli dall’Italia. Dopo dieci anni, con il fallimento dei moti del 1831, una nuova ondata di fuoriusciti raggiunge gli esuli costretti alla fuga dieci anni prima, rafforzando la presenza italiana in molti paesi europei, in particolare in Francia, raggiunta da circa cinquemila fuoriusciti tra il 1831 e il 1834, in Nordafrica e nelle Americhe. Ad ogni fallimento dei moti insurrezionali, seguiva dunque l’esilio di centinaia di uomini che per evitare le persecuzioni poliziesche abbandonavano la famiglia, il lavoro e il loro paese, senza sapere se e quando sarebbero ritornati. Le vicende del 1848-1849 costrinsero altri combattenti a lasciare l’Italia, e tra questi vi era anche Quirico Filopanti, il cui ruolo di primo piano nell’esperienza della Repubblica Romana non gli dava alternative: o la fuga o il carcere. Una volta all’estero l’esule doveva procurarsi di che vivere, dato che non sempre gli aiuti, che provenivano dalle organizzazioni dei fuoriusciti e dai sostenitori alla causa italiana presenti in ogni paese, consentivano di vivere decentemente. Il ritorno di Filopanti in Italia coincise con la fine della funzione storica dell’emigrazione politica risorgimentale, iniziatasi circa sessant’anni prima. Le migliaia di esuli, pur divisi tra loro, costretti ad operare in condizioni difficili e sparsi in vari continenti, dettero un contributo fondamentale al Risorgimento, non solo per le iniziative politico-militari che seppero mettere in campo, ma anche per il loro ruolo culturale e morale nelle piccole patrie create in tanti paesi del mondo, dove si guadagnarono il sostegno di vasti settori dell’opinione pubblica. L’emigrazione politica, che coinvolse tutti i principali protagonisti del Risorgimento, riveste dunque un ruolo di primo piano nelle vicende che portarono all’Unità d’Italia.

Testo a cura della Biblioteca Archiginnasio Bologna redatto in occasione della mostra Miranda! Quirico Filopanti e il tempo dell'esilio (2012).

Texto en español. Cruzaban a pie la frontera con Suiza y Francia, donde muchos se detenían. Otros continuaban su viaje, y se dispersaron hacia Bélgica, los Países Bajos, Inglaterra. Muchos subían en pequeñas barcas con destino a España, Córcega, Grecia, Malta y el norte de África, en particular Egipto, Túnez, Algeria. Desembarcaron en América del Norte y en América Latina desde grandes veleros y luego desde los primeros barcos de vapor. Fueron miles los italianos que desde finales del siglo XVIII hasta 1860 abandonaron a Italia o se vieron obligados a hacerlo, porque no soportaban vivir bajo gobiernos despóticos o para escapar de la cárcel y de las persecuciones. Muchos no volvieron. Algunos murieron luchando en América Latina, España y Grecia, como Santorre di Santarosa, caído en 1824 en la isla de Esfacteria en la lucha contra los otomanos. Otros se integraron en la realidad del país que los tenía cubriendo importantes cargos en las administraciones públicas, como Antonio Panizzi, que se convirtió en bibliotecario principal de la biblioteca del Museo Británico y murió en Londres en 1879. La mayoría de los exiliados siguió esperando el regreso a una patria libre de dictaduras y de ocupaciones militares extranjeras y se organizaron alrededor de figuras carismáticas como Giuseppe Mazzini, pero para muchos la espera de la vuelta fue larga, dolorosa y marcada por innumerables derrotas y decepciones. Si Filippo Buonarroti, uno de los exponentes más importantes del jacobinismo italiano, puede ser considerado uno de los primeros emigrantes políticos del Risorgimento (abandonó Italia en la época de la Revolución Francesa para refugiarse en Córcega), es Ugo Foscolo quien con su ejemplo y gracias a su fama, al partir de Milán para Suiza en 1815 ‘’- .. dio a la nueva Italia una nueva institución: el exilio “. Pero con Foscolo todavía estamos en la época de la Restauración, mientras que son las revueltas napolitanas y piemontesas de 1820 y 1821 las que causan el primer éxodo masivo, la primera gran ola de exiliados de Italia. Al cabo de diez años, con el fracaso de los movimientos de 1831, una nueva ola de huidas afectó a los exiliados que se habían visto obligados a huir diez años antes, reforzando la presencia italiana en muchos países europeos, sobre todo en Francia, a la que llegaron unas cinco mil personas entre 1831 y 1834, en el norte de África y en las Américas. Cada fracaso de las revueltas insurreccionales, conllevaba el exilio de cientos de hombres que, para evitar las persecuciones policiales, abandonaban la familia, el trabajo y su país, sin saber si volverían y cuándo lo harían. Los acontecimientos de 1848-1849 obligaron a otros combatientes a abandonar Italia, de entre los cuales estaba Quirico Filopanti, cuyo papel destacado en la experiencia de la República Romana no le dejó alternativa: o la huida o la cárcel. Una vez en el extranjero el exiliado debía procurarse de qué vivir, dado que las ayudas, que procedían de las organizaciones de los que habían huido y de los partidarios de la causa italiana presentes en cada país, no siempre permitían vivir decentemente. El regreso de Filopanti a Italia coincidió con el fin de la función histórica de la emigración política del Risorgimento, iniciada unos sesenta años antes. Los miles de exiliados, aunque divididos entre sí, obligados a trabajar en condiciones difíciles y dispersos en varios continentes, contribuyeron de manera decisiva al Risorgimento, no solo por las iniciativas político-militares, sino también por su papel cultural y moral en las pequeñas patrias creadas en muchos países del mundo, donde se ganaron el apoyo de amplios sectores de la opinión pública. La emigración política, que afectó a todos los principales protagonistas del Risorgimento, por tanto, desempeña un papel fundamental en los acontecimientos que llevaron a la Unidad de Italia. (Traduzione a cura di Andreea Marcu - nell'ambito del progetto di Alternanza scuola-lavoro 2020/21 con il Liceo Linguistico Boldrini di Bologna).

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