Palazzo del Podestà | Palazzo di Re Enzo

Palazzo del Podestà | Palazzo di Re Enzo

Scheda

L’area sulla quale sorge questo palazzo, che forma il lato settentrionale della piazza Maggiore o Vittorio Emanuele (oggi Piazza Maggiore), fu acquistata nel 1201 dal Comune di Bologna insieme ai casamenti ed alle chiese che la coprivano per erigervi sopra la sede propria e del podestà. Le vittoriose guerre sostenute nella prima metà del secolo scorso contro gli avanzi sopravvissuti del feudalismo e nella seconda metà del secolo stesso contro l’Impero, i vantaggi ottenuti dalla pace di Costanza, avevano, sia in Bologna che in tante altre città dell’Italia superiore, dato grande, vigoroso impulso alla vita comunale. Naturale quindi che Comune e cittadini volessero affermare la propria forza, la propria munificenza e prosperità, abbellendo la città ed arricchendola di monumenti.

Per quanto però grande fosse il desiderio dei Bolognesi, distratti dai pacifici lavori e dalle spese occorrenti a questi, da nuove vicende belligere, i lavori andavano a rilento. Solo nel 1225 era terminata la parte centrale colla cappella, nella quale in quell’anno fu celebrata la prima messa; nel 1245 era già in condizione da consentire che vi si radunassero i magistrati cittadini e nel 1253 cominciò ad avervi residenza il Podestà. La bella e massiccia torre quadrata e merlata detta dell’Arengo e da altri anche Cappella Santa Giusta, fu terminata nel 1268. Essa era allora a piombo sulla fronte stessa del palazzo, com’è di consimili edifizi del tempo e soprattutto della vicina Toscana, dalla quale forse ne presero il modello e gli artisti. Sullo scorcio del secolo XV, e precisamente dal 1485, la fronte del palazzo guardante la piazza maggiore, venne coperta dall’attuale avancorpo con porticato, in stile elegante e perfetto del Rinascimento e negli scavi fatti per la fondazione delle pile del porticato, si rinvennero pavimenti romani in musaico, i quali non lasciano dubbio essere la località, in quel periodo, il centro o Forum della città. Autore di questa bella fronte sembra sia stato Bartolomeo Fioravanti detto l’Aristotile; ma altri vogliono darne addirittura la paternità a Bramante d’Urbino, tanto l’opera è perfetta ed elegante ed arieggia lo stile che dal Bramante ha nome.

In processo di tempo, ed in ispecie nell’imperversare del barocco, quest’edifizio subì varie modificazioni o meglio profanazioni. Col pretesto di rinforzare i muri solidissimi ne furono alterate le linee semplici e severe; furono chiuse le belle ed eleganti finestre bifore, per aprirne altre informi e tutto l’edifizio andò malmenato da sconcie appendici barocche. Solo nel 1884 s’intraprese con buoni intendimenti artistici e rispetto alle tradizioni un lavoro accurato di restauro che, sebbene non peranco compiuto, ha già ridonata a questo cospicuo edifizio, per quanto possibile, parte della sua antica venustà. Questo palazzo è tagliato da due strade, che s’incrociano sotto gli enormi voltoni della sua parte inferiore. Al punto della croce sorge la torre dell’Aringo, sostenuta da quattro enormi piloni, nelle nicchie dei quali furono collocate le quattro statue dei protettori di Bologna, modellate in terracotta da Alfonso Lombardi sul principio del secolo XVI. Nella parte superiore, che fu già da tempo adibita ad Archivio notarile, sonvi due grosse sale: una detta dei Notari; l’altra di Re Enzo, perché un’erronea leggenda vuole che il figlio di Federico II, prigioniero dei Bolognesi alla battaglia della Fossalta (1249), fosse tenuto per ventidue anni captivo in questo palazzo. E’ assodato invece da ulteriori indagini degli storiografi locali, che dimora del biondo e sfortunato re di Sardegna fu una delle case attigue al palazzo del Podestà, la cui fronte si vede ancora sulla piazza Nettuno. Nella sala di Re Enzo, lunga 65 metri e larga 29 fu tenuto, nel 1410, il Concilio che elesse sub conditione a papa Giovanni XXII o XXIII, in contrasto coll’ elezione di Gregorio XII, l’elezione del quale era – per gli intrighi e le corruzioni a cui aveva dato luogo – infirmata da gran numero di prelati. Il Concilio di Costanza, riunito nel 1417, dall’imperatore Sigismondo, per fare cessare lo scisma, troncò la questione costringendo i due papi a dimettersi ed a cedere il posto al pontefice di nuova elezione, Martino V, scelto da quel Concilio. In questo palazzo sedette pure Clemente VII nel tempo che fu in Bologna a prepararvi l’incoronazione di Carlo V, pegno della quale doveva essere il sacrifizio della libertà fiorentina, e da questo palazzo fu, per quella cerimonia, eretto il gran ponte in legno che conduceva alla basilica di San Petronio. E’ noto che, appena passato il papa, l’imperatore ed i personaggi delle loro Corti, quel ponte rovinò – e sembra per opera dei fautori della famiglia Bentivoglio, spodestata dal papa – uccidendo e ferendo non poche persone tra la folla di cui era stipata la piazza. Più tardi, il grande salone di Re Enzo, dalla metà cioè del secolo XVI fino allo scorcio del XVIII, servì da pubblico teatro, e per la sua ampiezza anche da giuoco del pallone; e questa fu anche una causa del deterioramento e dei danni subiti dall’intero edifizio. E fu pure in procinto di diventare la sede – provvisoria si intende – del Parlamento italiano, quando, nel 1864, sospingendo il sentimento nazionale il Governo della monarchia verso Roma. Fu per un momento ventilata la convenienza od opportunità geografica di fare Bologna, piuttostochè Firenze, sede provvisoria del Governo d’Italia, in attesa degli eventi che dovevano aprirgli le porte di Roma. Prevalse il partito di Firenze e fu cosa giusta. Il porticato, fronteggiante la piazza Maggiore, è uno dei punti di maggior movimento della città. Robuste e di belle proporzioni ne sono tutte le arcate; miracolo di solidità, di statica sono i grandi voltoni, sotto i quali si incrociano le vie che uniscono la piazza Maggiore alla via Rizzoli e la piazza Nettuno alla via Orefici. Testo tratto da "Provincia di Bologna", collana "Geografia dell'Italia", Torino Unione Tipografico Editrice, 1900.

Cominciatosi a fabbricare nel 1201. In un laterale di questo palazzo fu rinserrato il Re di Sardegna Enrico detto Enzio figlio di Federico Imperatore, fatto prigioniero da’ Bolognesi in guerra nel 1249 e vi morì nel 1272. Il portico, e la facciata fu poi aggiunto, dicesi, da Bartolomeo Fioravanti detto Aristotele nel 1485, ma gl’intendenti d’architettura aggiudicano la facciata di Bramante. E’ grandiosa e bellissima, benchè non terminata. E’ tagliato, questo ampio Palazzo, da due strade, e nella croce di essa vi innalza una Torre detta Torrazzo dell’aringo fatta nel 1264, nei quattro piloni, che lo sostengono, le statue dei Protettori della città sono del Lombardi, in terra cotta. Entrando per la porta (che resta quasi in faccia alla Fontana del Nettuno) e montate le scale si ritrova la Sala de’ Notari, e l’Archivio Pubblico in cui la Nunziata sopra la residenza è di Jacopo di Paolo Avvanzi. Il suddetto Archivio è copioso di rari, e bei monumenti, fra i quali è da osservare la Bolla detta dello Spirito Santo fatta in Firenze li 6 luglio 1439 da Eugenio IV per l’unione della Chiesa Greca colla Latina. Da questo si passa alla contigua gran Sala (detta erroneamente) del Re Enzio, nella quale per l’ampiezza vi si giuoca al Pallone, essendo lunga piedi 170, e larga 74. Nel 1410 vi si fece il Conclave per la elezione di Gio.XXII, di poi per molti anni servì ad uso di Teatro.

Testo tratto da “Guida del forestiere per la città di Bologna e suoi sobborghi” – Bologna Tipografia di S. Tommaso d’Aquino – 1835 . Trascrizioni a cura di Lorena Barchetti.

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