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Palazzo Bevilacqua

Di rilevanza storica

Schede

L'edificio fu voluto da Nicolò Sanuti nel XV secolo e passò ai duchi Bevilacqua nel 1776. Per volontà del duca Lamberto Bevilacqua, Alfonso Rubbiani fu chiamato ad eseguire diversi interventi di restauro tra il 1907 e il 1908, riconducendolo all'aspetto quattrocentesco. Sotto la sua direzione operò anche Achille Casanova che dipinse la decorazione del soffitto ligneo del loggiato superiore, basandosi sulle tracce dei decori originali.

"In via Massimo d'Azeglio. E' uno dei più ragguardevoli edifizi di carattere privato che Bologna possegga. Ha la fronte in pietra bugnata, o diamante, nella più perfetta e squisita architettura toscana del Rinascimento. Ricorda nel complesso il palazzo Tabarelli di Trento attribuito al Bramante d'Urbino; ma nell'insieme è più raffinato, più elegante, più arioso. Fu costrutto, o meglio si cominciò ad erigerlo nel 1481, per conto di Nicola Sanuti, senatore bolognese; morto questo, mentre i lavori tuttavia duravano venne compiuto nel 1484 per volontà di donna Nicolosa, vedova al Sanuti, la quale lo diede poscia in permuta a Giovanni II Bentivoglio, signore della città. Chi ne fu l'architetto? Non mancò, chi fra gli storiografi e scrittori d'arte bolognese, attribuì la paternità di questo bell'edificio al Bramantino o Bramante di Milano; ma lo stile prettamente toscano ed in molte parti sostanzialmente diverso da quello che per solito fu usato dal Bramante di Milano, fanno sorgere molti dubbi, se non rigettare del tutto la paternità data al Bramantino di quest'opera. Oltre le ragioni artistiche starebbero anche i documenti per provare che quest'opera non fu del Bramantino. Afferma il Ricci, che nell'istromento fatto dalla Nicolosa nel 1484, per la permuta del palazzo, col consenso e volontà di quattro monisteri, dichiarò di averlo fatto stimare da "maestro Giacomo Filippo da Ferrara, pittore, e da Benedetto di Michele da Pistoia, uomini pratici in cose simili e che avevano avuto cognizione di detta casa, della sua condizione, del terreno, edificio, e delle spese sostenute nell'edificarlo e del valore dei beni e specialmente dei luoghi circostanti a detto palazzo". Nulla di più probabile che l'uno o l'altro dei due artisti, o fors'anco tutti e due abbiano lavorato alla costruzione dell'edificio, se tanto erano cogniti di ogni sua particolarità da poterne fare una minuta, scrupolosa perizia e stabilirne il valsente. Aggiungasi inoltre che alcune parti decorative e le leggiadre scolture che ne ornano le porte e le finestre sono impiantate alla stessa maniera delle scolture che ornano il magnifico mausoleo del giureconsulto Alessandro Tartagni in San Domenico; lavoro eseguito dal Francesco di Simone fiorentino, che lavorava appunto a quel sepolcro, mentre si costruiva questo palazzo.

Dato il carattere fondamentale dell'edificio e dato il gran numero di valentissimi artisti toscani che allora si trovavano in Bologna, addetti alla fabbrica grandiosa del San Petronio, del palazzo Bentivoglio, del porticato di San Giacomo Maggiore e di altri edifizi ed opere di molto pregio ed importanza, pare indubbia la paternità toscana di questo palazzo. Bellissimo, oltre della facciata esterna, è il cortile, un vero delizioso motivo dell'arte del Rinascimento. Alcuni archi del loggiato superiore furono tolti dal Palazzo Bevilacqua di Ferrara. Artistica e di puro stile del secolo XVI è la fontana sorgente nel mezzo del cortile. Fra i particolari, va notata la magnifica porta -cancello in ferro battuto, un vero merletto in ferro, un capolavoro del genere, opera pur questa del secolo XVI. Nel grande salone di questo palazzo si tennero, nell'anno 1547, alcune sedute del Concilio che fu poi detto di Trento, convocato dalla Corte romana per far fronte al minaccioso dilagare della Riforma."

Testo tratto da "Provincia di Bologna", collana "Geografia dell'Italia", Torino Unione Tipografico Editrice, 1900. Trascrizione a cura di Lorena Barchetti.