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Alfredo Oriani

22 Agosto 1852 - 18 Ottobre 1909

Scheda

Nasce a Faenza nel 1852. Ha un'infanzia difficile e mostra fin da ragazzo un carattere scontroso e solitario. Studia a Bologna nel collegio di San Luigi e, dopo essersi laureato in Giurisprudenza a Napoli nel 1872, torna nel capoluogo emiliano per fare pratica in uno studio notarile. In questo periodo frequenta il salotto Minghetti a Mezzaratta.

Segue quindi la famiglia nell'antica casa padronale del Cardello, a pochi chilometri da Casola Valsenio, dove vive fino alla morte, avvenuta nel 1909. Qui, in una solitudine estrema, acuita dalla indifferenza della critica, scrive romanzi, racconti, saggi politici e storici. Esordisce nel 1875 con Memorie inutili, autobiografia nello stile di Byron, dove "emerge la sua personalità travagliata, a volte temeraria, ma fondamentalmente romantica". Secondo Renato Serra in questo "romanzo mal costruito" c'è già tutto il suo mondo letterario e morale, che si svolgerà nelle opere successive con grande varietà di forme, "dal romanzo alla storia, dalla filosofia al teatro". Seguono i romanzi Al di là (1877), No (1881) e le raccolte di racconti Gramigna (1879) e Quartetto (1883), che gli danno fama di scrittore osceno. Gelosia (1894) e Vortice (1899) presentano uno stile enfatico, mentre nella raccolta Bicicletta (1902) la scrittura si fa più scorrevole e spontanea. Accanto alle opere narrative pubblica pamphlet e saggi storici: Fino a Dogali (1889) e La lotta politica in Italia (1892) ripercorrono la storia italiana dal Medioevo al Risorgimento. Ne La rivolta ideale (1908) espone il suo credo politico, affermando la necessità di uno stato forte e di un leader carismatico capace di risollevare le sorti dell'Italia.

A Bologna arrivava in treno vestito da ciclista, "con brache corte e larghissime, e maglia e calzettoni di grossa lana". Altre volte "arrivava in bicicletta con quel suo costume succinto, il berrettuccio di sghembo, la pipa in bocca di fra la gran barba mosaica, gli occhi che parevan forare a guardarli tanto erano lucenti." (Giuseppe Lipparini) I suoi commenti severi si udivano inoltre al Caffè delle Scienze o al San Pietro, dove, attorniato da giovani amici, che lui chiamava "gli scolari del caffè", muoveva critiche spietate al mondo borghese, "con una conversazione eloquente, serrata" e improvvisava "vertiginosi commenti" sui fatti del giorno. Tra gli assidui del suo piccolo cenacolo, vi erano Mario Missiroli, Goffredo Bellonci, Luigi Federzoni, Sebastiano Sani e altri ancora. Quando quei locali chiudevano, proseguiva con loro le sue discussioni, sotto i portici del centro o nel tempio dei nottambuli bolognesi: il Caffé del Corso. "La conversazione di Oriani (se così era lecito chiamarla, dato che parlava quasi sempre lui solo) poteva paragonarsi a uno spettacolo pirotecnico, per lo sfolgorio inesauribile delle idee e dei novissimi paradossi che ne sprizzavano e vi si disperdevano." (Federzoni) Giornalista più per necessità che per vocazione, Oriani contribuì con i suoi articoli spregiudicati, assieme a quelli più rari di Carducci, a determinare il successo e la statura culturale del primo "Resto del Carlino". Giovanni Spadolini ha ricordato che Oriani fu "un elzevirista esemplare , tagliente, graffiante, anticipatore di quello che sarà poi l'elzeviro dominante nei nostri quotidiani, per alcuni decenni." Collaborò inoltre a giornali umoristici quali "Bologna che dorme" e "Italia ride". Assieme al fotografo Giuseppe Michelini e a Olindo Guerrini fu un pioniere dei viaggi in bicicletta. Ricordò un giorno l'effetto prodotto nel girare nel centro di Bologna con la bici a mano: "Infilai via Indipendenza, la più nuova e la più brutta della vecchia città, sospinto dal fiotto crescente della folla: non avevo voluto montare in sella, ancora, più per diffidenza verso me stesso che per paura di storpiare qualcuno, ma la bicicletta diventava anche a mano un imbarazzo sempre più difficile. La mia statura da corazziere, i calzoni corti, le gambe magre, i capelli brizzolati sotto la polvere dei sessanta chilometri corsi nel sole di mezzogiorno sulla via Emilia, attiravano gli sguardi."

Dopo la morte comincia a manifestarsi un certo interesse per questo autore, che Renato Serra considera eccentrico e Benedetto Croce apprezza per la sua vicinanza allo storicismo. Il fascismo, che vede in lui un precursore, giunge ad esaltarlo. L'opera omnia, pubblicata in trenta volumi dall'editore Cappelli tra il 1923 e il 1933, è curata da Benito Mussolini. Nel 1924 il Cardello è dichiarato monumento nazionale, mentre nel 1927 viene istituito l'Ente Casa di Oriani, poi Fondazione Casa di Oriani, che nel 1978 riceverà, dagli eredi dello scrittore, la villa-museo. Solo negli anni Settanta, grazie a studiosi quali Giovanni Spadolini, saranno superate le diffidenze sul suo pensiero nietzschiano e il suo precoce nazionalismo. In occasione del 50° della morte il Comune di Casola Valsenio gli dedicherà un monumento, opera dello scultore faentino Angelo Biancini.

In collaborazione con Biblioteca Sala Borsa di Bologna.