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Coriolano Monti

1815 - 1880

Scheda

Monti Coriolano, di Perugia, fu eletto nel 1859 alla direzione dell’ufficio edilizio municipale della nostra città e in quel periodo di allargamento di alcuni tratti di strada principali di Bologna, costruì: il palazzo Guidotti, i grandiosi casamenti di Canton de’ Fiori; Bovi Sacconi; Ratta; quello preso Porta Saragozza; prossimo al quale in rettilinea vi architettò pure il prospetto del porticato della chiesa di Santa Caterina. Sono pure sue opere: la chiesa così detta dei trentatrè e la galleria a tre navate al Cimitero Comunale. (Tratto da "La storia delle arti del disegno studiata nei monumenti che si conservano in Bologna e nei suburbi", Bologna, 1888.)

1860- Il Governatore Farini decreta le prime trasformazioni urbanistiche postunitarie: sono dichiarati “di pubblica utilità e di urgenza” gli allargamenti di Canton dei Fiori, della via Borgo Salamo e di via Saragozza, dalla chiesa di Santa Caterina alla porta. Il 31 agosto il sindaco Luigi Pizzardi contrarrà un prestito pubblico di un milione di lire (dei quattro previsti) per l'avviamento di "lavori grandiosi a decoro della città", che saranno affidati all'ing. Coriolano Monti, nuovo Capo dell'Ufficio Tecnico Municipale. Tra essi la Strada di comunicazione tra il Centro di città e la stazione della Ferrovia, che diverrà via Indipendenza.

Luigi Frati, segretario della Deputazione di Storia Patria, propone la creazione di un museo, che unisca le raccolte archeologiche donate da Pelagio Palagi e quelle dell'Università. Il progetto sarà pubblicato nel Bollettino della Deputazione del 1862. La sede più idonea appare il palazzo Galvani, ex Ospedale della Morte, che viene acquistato dal Comune e restaurato a cura dell'ingegnere capo Coriolano Monti. Il Consiglio comunale elegge il direttore del nuovo Ufficio degli Ingegneri Comunitativi (in seguito conosciuto come Ufficio Tecnico). Monti è ingegnere e architetto perugino, patriota fervente e amico di Marco Minghetti. Appena arrivato a Bologna, Monti si muove con decisione: assume una squadra di giovani ingegneri, basandosi sulle loro competenze, escludendo i professionisti che avevano servito il passato regime. In questo modo si fa molti nemici: la sua attività urbanistica, ispirata alle lezioni di Haussmann a Parigi e Foerster a Vienna, sarà accompagnata, nei sei anni successivi, da notevoli lamentele e polemiche, soprattutto da parte dei membri dell'Accademia di Belle Arti.

1861- Dopo la ricostruzione, nel 1858, della porta Saragozza da parte di Enrico Brunetti Rodati, il giovane architetto Giuseppe Mengoni progetta per conto dell'Ufficio d'Ornato una piazza porticata di forma ovale e un taglio stradale per concludere in modo scenografico e spettacolare la via Saragozza. Il Mengoni è presto estromesso da Coriolano Monti, Capo dell'Ufficio Tecnico municipale costituito dopo l'annessione al Regno di Sardegna, che avanza una controproposta in verità molto inferiore e riceve per questo critiche spietate dai maggiori studiosi italiani, sollecitati dallo stesso Mengoni. Pietro Selvatico ad esempio, in una lettera del 15 marzo 1861, definisce “cosa odiosissima” e “sgorbio” il progetto Monti. Alla fine la piazza non si farà mai: al Mengoni spetterà il compito di disegnare la barriera della porta, mentre Monti rifarà l'ultimo tratto della strada Saragozza. Nello stesso anno Monti presenta alla Giunta un rapporto sullo stato delle varie strade che conducono alla stazione e un piano per una nuova via diretta all'interno della città, redatto assieme all'ing. Zannoni e ai prof. Masini e Arienti. Esso ricalca il progetto proposto alcuni anni prima dal Franceschini. Monti si propone di realizzare "la linea diritta tra Cantone dei Fiori e le mura, rasentando la scarpata occidentale della Montagnola". Accenna anche a "un nuovo adito" simile a quello del Pincio di Roma. La costruzione della "via Massima" (poi via Indipendenza) sarà approvata nell'aprile 1862 e iniziata subito dopo con l'allargamento del Canton dè Fiori. La versione definitiva del progetto urbanistico sarà però approvata solo nel 1883. Nell'aprile 1885 sarà demolito l'Ospizio di San Giuseppe e l'isolato circostante e i lavori della strada proseguiranno fino al 1888. Il risultato di tanti interventi successivi e non coordinati sarà quello di un "presuntuoso kitsch architettonico". Per la sua attività gli si rimprovera il grande debito del bilancio comunale e il caos dovuto ai numerosi cantieri aperti (Borgo Salamo, via Garibaldi, Canton dé Fiori, via Saragozza). Raffaello Garagnani, avvocato e professore di Belle lettere, sostiene, in un polemico libello, che i rettifili e il livellamento delle strade provocano un aumento della velocità dei venti che soffiano sulla città, mentre un pamphlet di Lucio Barbani (1863) accusa il comune e Monti di aver speso grandi somme per progetti inutili, come la facciata posteriore del teatro comunale o la sistemazione interna dell'Ospedale della Morte (di lì a pochi anni sede del museo civico). Un altro opuscolo anonimo accuserà l'ex sindaco Pizzardi e lo stesso Monti di interesse personale nelle speculazioni finanziarie legate all'attività edilizia del periodo. Anche in futuro c'è chi imputerà all'ingegnere umbro di aver rifatto Bologna tutta uguale, con palazzi dalle facciate molto simili, in "freddo stile tardo-neoclassico" (Costa).

1862- il 7 aprile la Giunta comunale deciderà all'unanimità di adottare il progetto di Monti. Esso sposta verso est il nodo delle strade che entrano in città da nord, riservando l'area di Porta Galliera per il collegamento tra il centro e la stazione. Sceglie inoltre di lasciare intatta via Galliera e di tracciare una nuova arteria in linea retta da Piazza Maggiore alle mura, lambendo la cattedrale di San Pietro e costeggiando la Montagnola: una strada lunga circa un chilometro, con portici e marciapiedi sui due lati. Il taglio comporta l'abbattimento della palazzina Bonora e il risanamento del quartiere di San Benedetto, nei pressi della piazza d'Armi.

1863- Monti cura l'ampliamento del cimitero della Certosa, completando la Sala Gemina e costruendo la Galleria a tre navate. In quest'ultima predispone uno spazio che impressiona il visitatore, attraverso l'uso dell'ordine ionico di proporzioni insolite e lo sprofondamento del piano di calpestio, che obbliga alla visione dal basso all'alto delle cappelle. La Galleria a tre navate è l'unica che l'ingegnere può erigere "senza le pastoie di dover acconciare il proprio disegno ad edifici già esistenti". Essa infatti sorge sul luogo dove erano la pescheria e il vigneto dell'antico monastero. Ne risulta un ambiente complesso, biassiale, con la volta a botte nella navata centrale e il soffitto piano nelle laterali, una cupola emisferica nell'incrocio col transetto, anch'esso a tre navate, con la luce filtrante dall'alto. La struttura rappresenta "un arricchimento delle matrici neoclassiche", da Adam a Piranesi. La sala Gemina è un ambiente simmetrico, illuminato da grandi lunette e scandito da colonne e lesene ioniche. Il progetto originario è di Luigi Marchesini, cui si devono diverse architetture risalenti al primo periodo del cimitero (suoi sono anche il Colombario e il Loggiato delle Tombe). Attraverso il progetto della Certosa, "palazzo di Cnosso senza luce", Monti tenta di suggerire "le modalità costitutive della nuova trama urbana" (Gresleri).

1865- Viene restaurato il Teatro Comunale. E' il terzo importante intervento dopo quelli del 1818-20 e del 1853-54. Coriolano Monti ristruttura la facciata posteriore. Luigi Samoggia e Luigi Busi ridipingono il soffitto del teatro con una decorazione pseudo settecentesca, che ha poco a che fare con la cultura dei Bibiena e molto con l'eclettismo in voga in questo periodo. L'architetto Monti ha offerto in precedenza anche il progetto per la nuova facciata del teatro, ma il consiglio comunale ha preferito non procedere, sia per carenza di fondi, sia perchè esiste il disegno originale firmato dal Bibiena. Nello stesso anno termina la costruzione di un grande fabbricato a tre piani sopra il portico della Gabella (XVI sec.), all'angolo tra il Canton de' Fiori e via dei Pollaioli. L'edificio, progettato nel 1800 da Angelo Venturoli - e notevolmente rivisto dall'ing. Coriolano Monti - inaugura un nuovo tipo edilizio, inedito a Bologna: si tratta infatti di un palazzo appositamente ideato per ospitare uffici oltre che appartamenti. Nel 1865 Coriolano Monti porta a termine anche la sistemazione dell'ultimo tratto di via Saragozza, rettificando e dando unità architettonica al lato settentrionale, tra la chiesa di Santa Caterina e via Frassinago. Viene ridisegnata la facciata della parrocchiale, amputata dai lavori della strada, e sono edificate tre grandi case contigue, simili per struttura e decorazione esterna e con appartamenti di tipo popolare: una sorta di dignitoso "falansterio". Uno dei corpi di fabbrica incorpora la chiesa di S. Sofia della confraternita dei Domenichini, mentre un'altra chiesa viene abbattuta e ricostruita dal Monti nei pressi della porta. Si tratta della chiesa dell'Ascensione di Nostro Signore, tenuta dalla Compagnia dei Trentatrè o Congregazione dei 33 anni di Cristo, i cui membri sono chiamati Sabatini, perchè soliti ad andare in processione a San Luca ogni sabato prima dell'alba. Questo nuovo edificio religioso e i tre fabbricati ad uso civile, dotati di negozi e di un lungo porticato con volte a botte, sono completati entro il 1865.

1866- Alcuni tratti stradali, nella parte meridionale dell'antico centro cittadino, sono completamente ridisegnati e rettificati su progetto dell'ing. Coriolano Monti. La nuova strada che ne risulta è intitolata, nella seduta dell'11 settembre del Consiglio comunale, a Luigi Carlo Farini, artefice dell'annessione dell'Emilia al Regno d'Italia, scomparso il 1° agosto (una malattia neurologica l'ha colpito nel 1863, mentre era in carica come Presidente del Consiglio, minandone le facoltà mentali). L'intervento del Monti (e di altri architetti, quali Mengoni, Cipolla, Zannoni, Faccioli) comprende via Miola, via Ponte di Ferro, Borgo Salamo e via dei Libri, con strettoie e notevoli dislivelli. Vengono rimodellati i palazzi Tacconi, Casali-Frati (1865), Guidotti, Dolfi, Pizzardi e altri. L'architettura neo rinascimentale del Monti appare efficace nel rivestire e unificare gli edifici porticati della nuova strada, adeguandosi bene alle architetture preesistenti, in particolare nel bel tratto curvilineo di palazzo Tacconi, che culmina nell'incrocio con via Santo Stefano.

1867- Negli ultimi giorni di carnevale è aperto al pubblico il nuovo cortile dell'ex Ospedale della Morte, contiguo all'Archiginnasio. E' opera dell'architetto Coriolano Monti (1815-1880), già ingegnere capo del Comune. Lo stile architettonico, che "tiene più all'arabo che all'italiano", è oggetto di critiche da parte di molti.

1873- In occasione della Esposizione Universale, che si tiene a Vienna dal 1 maggio al 31 ottobre, il Comune decide di inviare un Album fotografico dei principali edifici pubblici e privati di Bologna, da collocare nella sezione Arti grafiche e disegno per mestieri. Vi figurano, tra l'altro, le architetture realizzate dopo l'Unità da Coriolano Monti.

In collaborazione con "Cronologia di Bologna" della Biblioteca Sala Borsa.