Salta al contenuto principale Skip to footer content

Medaglia commemorativa della Repubblica Romana

Schede

La medaglia, opera di artista anonimo, ricorda la proclamazione della Repubblica Romana, avvenuta il 9 febbraio 1849. L’immagine al dritto, accompagnata dalla legenda REPVBBLICA ROMANA nel campo e IL 9 FEBBRAIO 1849 in esergo, mostra una figura allegorica femminile, seduta, che indossa l’elmo e una lunga tunica; la mano destra è appoggiata su un fascio littorio, mentre la sinistra regge un’asta sormontata da un berretto frigio. A terra sono visibili alcuni emblemi sia civili sia militari: un aratro, un elmo, una squadra, una lorica e uno scudo decorato da un pugnale e da un’aquila romana ad ali aperte.

Una più complessa raffigurazione allegorica compare al rovescio, volta a celebrare la cacciata degli Austriaci da Bologna, avvenuta, come indica la legenda in esergo, l’8 agosto 1848. La figura a sinistra è la personificazione della città di Bologna, la Felsina elmata, loricata, che rivolge la spada verso la bandiera imperiale austriaca, ormai al suolo, in segno di sconfitta. Con la destra Felsina sorregge una bandiera su cui compare la scritta LIBERTAS FORTITVDO; ai suoi piedi è visibile un leone accucciato, simbolo della città, oltre ad alcuni simboli militari. Sulla destra, ad occupare quasi l’intero specchio della medaglia, una Vittoria alata in volo tiene una corona d’alloro nella mano sinistra e suona la tromba, simbolo della fama, a celebrazione del trionfo e della vittoria. Sullo sfondo della scena è visibile Porta Galliera e una suggestiva immagine dei combattenti bolognesi che attaccano gli Austriaci, costringendoli alla resa e alla fuga. La medaglia non reca alcuna firma dell’artista esecutore; ciò non stupisce se si pensa che in quegli anni molti incisori erano stati allontanati dalle zecche presso le quali operavano perché accusati di aver eseguito monete e medaglie per la Repubblica Romana. L’anonimato evitava dunque a questi artisti, alcuni peraltro di grande fama e abilità incisoria, di essere tacciati di collaborazionismo con il nemico.

La scena raffigurata è molto elaborata, tipica della tradizione delle medaglie papali alle quali sicuramente fa riferimento almeno dal punto di vista grafico, se non qualitativo. Chi l’ha disegnata era forse una maestranza della Zecca bolognese che aveva ben chiaro l’impianto delle produzioni romane. Siamo di fronte a una iconografia ‘alta’, dunque, ma resa con qualche ingenuità e che ancora una volta conserva interessanti elementi municipali. La raffgurazione di Felsina, anche nell’andamento avvitato del lungo stendardo che regge, è tratto direttamente da analoghe figure che per secoli hanno retto i colori della città all’interno di stemmi e allegorie. La scena di battaglia sullo sfondo è caratterizzata dall’elemento architettonico perfettamente centrale della porta di Galliera. L’insieme dà l’impressione che l’autore (e il committente) volessero inneggiare allegoricamente più «alla forza e al coraggio dimostrati dai Bolognesi e alla fama di valorosi che ne ritrassero», che trasmettere lungo la penisola l’esempio dell’insurrezione, come è invece nelle medaglie celebrative milanesi e veneziane di impianto più sobrio, incentrate su forti simboli, di dimensioni tali da permetterne la portabilità: e che anche per queste caratteristiche conobbero una notevole circolazione al di fuori degli stretti confini geografici di provenienza.

La costante presenza di elementi municipali nelle insegne bolognesi sull’8 agosto – basti pensare ai colori della città o del Comune, rosso-blu o rossobianco, che fra il 1848 e il 1888 si ripetono sui nastri delle medaglie via via istituite – sembra dettata inizialmente dalla volontà di distinguere le iniziative prese dal Senato bolognese da quelle assunte dal Papato (che decreterà l’uso dei colori vaticani, giallo-bianco, per il nastro della medaglietta concessa nel settembre 1848 alla Guardia pontificia per i fatti dell’8 agosto). Nel 1848, momento della prima esplosione di massa del tricolore, questa scelta appare anomala rispetto a tante altre realtà (ad esempio le medaglie prodotte in quell’anno, per i propri combattenti, da Messina, Venezia, e da un’autorità statale non provvisoria come il Granduca di Toscana). Esisteva certamente, per il municipio bolognese, la necessità di non urtare un Pontefice pur ‘liberale’ con la creazione di decorazioni militari tricolori che comunque, in quanto prodotte da una pubblica amministrazione, avrebbero dovuto ottenere l’approvazione vaticana. Tuttavia la collocazione di Bologna all’interno dello Stato della Chiesa non serve a spiegare la presenza dei colori municipali anche nei riconoscimenti prodotti in epoca postunitaria: dalla Medaglia per i combattenti superstiti del 1885 a quella celebrativa del quarantennale, del 1888. Fu una scelta, quella del Comune, che spinse alcuni patrioti a sostituire di propria iniziativa i nastri allo scopo di portare il nastro tricolore.

Medaglia commemorativa della Repubblica Romana e dell’8 agosto 1848, diametro mm 103 inv. n. 1678.

Paola Giovetti, Andrea Fontana

Bibliografia: Mondini 1913, p. 44; Belluzzi, Fiorini 1890-1901, Oggetti.; Modesti, Traina 2011, cat. n. 216; Un giorno nella storia di Bologna… 1998, pp. 67-68. In collaborazione con IBC - Istituto per i beni culturali dell'Emilia Romagna.